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L’arte in Toscana nella prima metà del Quattrocento

Autore: Giuseppe Nifosì  Pubblicato in L’età rinascimentale: il Quattrocento
https://www.artesvelata.it/arte-toscana-quattrocento/

Brunelleschi, Donatello e Masaccio non furono gli unici protagonisti del primo Rinascimento fiorentino. Ne era già ben consapevole Vespasiano da Bisticci, umanista, libraio ed editore quattrocentesco, secondo il quale ai primi del XV secolo «la città di Fiorenza era in felicissimo istato, copiosissima d’uomini singulari in ogni facoltà». L’arte in Toscana nella prima metà del Quattrocento.

E anche Giorgio Vasari, molti anni dopo, giudicò straordinario quel periodo nominando anche altri artisti: «È costume della natura, quando ella fa una persona molto eccellente in alcuna professione, molte volte non la far sola; ma in quel tempo medesimo, e vicino a quella, farne un’altra a sua concorrenza, a cagione che elle possino giovare l’una all’altra nella virtù e nella emulazione. […] E che questo sia il vero [dimostra] lo aver Fiorenza prodotto in una medesima età Filippo, Donato, Lorenzo [Ghiberti], Paolo Uccello e Masaccio, eccellentissimi ciascuno nel genere suo».


Masolino, Masaccio e Filippino Lippi, Affreschi della Cappella Brancacci, 1424-25 e 1485-87, visione della parete sinistra. Firenze, Santa Maria del Carmine.

Leggi anche:  Masaccio, Masolino e Filippino nella Cappella Brancacci: le Storie di Pietro

Donatello, David bronzeo, 1440 ca. Bronzo, altezza 1,58 m. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

Leggi anche:  Il David di Donatello

Tra Rinascimento e Tardogotico

Si deve tuttavia considerare che se le opere dei tre grandi costituirono uno stimolo formidabile per alcuni architetti e artisti ad essi contemporanei, queste non furono valutate come un imperativo assoluto di stile, da seguire passivamente. Da un lato la prima arte rinascimentale continuò a convivere ancora molti anni con l’arte di gusto tardogotico, che grazie al passaggio fiorentino di Gentile da Fabriano s’era aggiornata alle esperienze del Gotico internazionale.

Dall’altro, gli artisti fiorentini del primo Quattrocento preferirono, in genere, coniugare la nuova sensibilità artistica, e la cultura figurativa ad essa legata, con i dettami della tradizione, ponendosi spesso nella posizione di mediatori fra Gotico e Rinascimento; continuarono, cioè, a coltivare il piacere delle forme eleganti e stilizzate, dei dettagli preziosi, dei colori smaltati. In tal modo, assecondarono i gusti della ricca committenza ecclesiastica e privata: i potenti borghesi e i ricchi mercanti provavano ancora una certa diffidenza nei confronti del nuovo stile e gli preferivano le piacevolezze formali e i racconti fioriti dello stile internazionale.

L’Adorazione dei Magi

In altre parole, nel 1423 l’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano probabilmente piaceva più della Sant’Anna Metterza di Masaccio e se l’opera di Donatello e Masaccio stava avanzando così decisamente sulla strada del naturalismo realistico, molti trovavano ancora letteralmente impensabile «che il mondo casto e idillico dell’affresco e del polìttico fosse macchiato da una sia pur minima traccia di vita reale» (J. Pope-Hennessy).


Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi, 1423. Tempera su tavola, 3,3 x 2,82 m (compresa la cornice). Firenze, Uffizi.

Leggi anche:  L’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano

In tale contesto di passaggio, si colloca, per esempio, la pittura di Lorenzo Monaco, che mantenne viva, come Gentile, la fede nel valore della tradizione trecentesca; tuttavia, a differenza del collega, Lorenzo non realizzò mai una pittura cortese o profana e scelse l’eleganza delle forme per esaltare i valori fondanti della dottrina cristiana.


Lorenzo Monaco, Adorazione dei Magi, 1422. Tempera su tavola, 1,15 x 1,70 m. Firenze, Uffizi.

Leggi anche:  L’Adorazione dei Magi di Lorenzo Monaco

La scultura

Insomma, lo straordinario sviluppo artistico cui assistette la città di Firenze nel primo Quattrocento non fu così omogeneo come potrebbe apparire ad una prima analisi, in quanto l’arte rinascimentale continuò a convivere ancora a lungo con le espressioni artistiche di gusto gotico. Nella seconda Porta del Battistero di Firenze, raffigurante episodi del Nuovo Testamento, Lorenzo Ghiberti, vincitore del concorso del 1401, conciliò la delicata grazia gotica con un certo senso di monumentalità classica, ma concependo figure sempre elegantemente atteggiate che realizzano astratti motivi grafici.

La Porta del Paradiso

Nella Porta del Paradiso, con Storie dell’Antico Testamento, egli decise di adeguarsi maggiormente al nuovo gusto rinascimentale, che stava diventando dominante a Firenze. Infatti, adottò sia l’ampia spazialità paesaggistica e architettonica, ottenibile attraverso l’uso della prospettiva, sia la nuova tecnica dello schiacciato, conferendo alla sua scultura valori marcatamente pittorici. Tuttavia, concependo i suoi personaggi, non rinunciò affatto al garbo delle pose e degli atteggiamenti né abbandonò la sua costante ricerca di preziosità.


Formella del Ghiberti e formella del Brunelleschi a confronto. A sinistra: Lorenzo Ghiberti, Sacrificio di Isacco, 1401. Bronzo dorato, 45 x 38 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello. A destra: Filippo Brunelleschi, Sacrificio di Isacco, 1401. Bronzo dorato, 45 x 38 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.

Leggi anche:  Brunelleschi, Ghiberti e il Concorso del 1401

Lorenzo Ghiberti, Porta del Paradiso, 1425-52. Bronzo dorato, 5,06 x 3,87 m. Firenze, Battistero (copia), Museo dell’Opera del Duomo (originale).

Anche il bellissimo Monumento funebre di Ilaria del Carretto, scolpito da Jacopo della Quercia, presenta un’elegante commistura di elementi tratti dalla tradizione gotica italiana e nordeuropea con elementi iconografici classici.


Jacopo della Quercia, Tomba di Ilaria del Carretto, 1406-7. Marmo, 1,17 x 2,44 x 0,88 m. Lucca, Cattedrale di San Martino.

Nanni di Banco

Al contrario, Nanni di Banco superò la tradizione gotica per recuperare il linguaggio classico. Nel suo San Luca per la facciata di Santa Maria del Fiore, denunciò chiaramente il precoce interesse per la statuaria antica e nei Quattro Santi Coronati per la Chiesa di Orsanmichele sia la gravità dell’atteggiamento sia le fattezze dei volti sono chiaramente ispirate agli antichi ritratti romani e ricordano le sculture imperiali.


Nanni di Banco, Quattro Santi Coronati, 1412-16. Marmo, altezza 2 m ca. Firenze, nicchia all’esterno della Chiesa di Orsanmichele (copie), Museo di Orsanmichele (originali).

La scultura di Luca Della Robbia è, allo stesso modo, orientata verso l’affermazione di un composto classicismo. Nella sua Cantorìa, ad esempio, gli angeli cantori sono sobriamente atteggiati e nel contempo partecipi e coinvolti. La bottega di Luca fu inoltre assai famosa per la produzione di terrecotte invetriate e dipinte, che conciliavano un costo ridotto con una grande qualità artistica. Desiderio da Settignano è ricordato soprattutto per i suoi bassorilievi in schiacciato, le Madonne e i busti-ritratto di bambini.


Luca della Robbia, Madonna del roseto, 1455- 60. Terracotta policroma invetriata, altezza 43 cm. Firenze, Museo Nazionale del Bargello.


Desiderio da Settignano, Busto di bambino che ride, 1460 ca. Vienna, Kunsthistorisches Museum.

I primi pittori prospettici

Nel corso del Quattrocento si affermarono alcuni artisti che approfondirono lo studio della prospettiva, connotandosi in questo come tipicamente rinascimentali.

Paolo Uccello, allievo di Ghiberti e grande studioso di questa disciplina, elaborò un linguaggio pittorico decisamente fantastico: se la prospettiva ordinò e governò ogni sua composizione, la sua fantasia apparve infatti inesauribile. Paolo adottò impianti prospettici costruiti attraverso vari punti di vista, quindi non seguendo le indicazioni della teoria prospettica brunelleschiana e albertiana. Nell’affresco con il Monumento equestre a Giovanni Acuto, per esempio, le mensole, la piattaforma e il sarcofago hanno un punto di fuga diverso da quello utilizzato per cavallo e cavaliere.


Paolo Uccello, Monumento equestre a Giovanni Acuto, 1436. Affresco trasportato su tela, 8,20 x 5,15 m. Firenze, Santa Maria del Fiore.

La Battaglia di San Romano

I tre pannelli della Battaglia di San Romano, del 1456, sono la più alta espressione del genio visionario di Paolo: gli sfondi non hanno relazione con quanto avviene in primo piano, le lance per terra creano impossibili griglie ortogonali, i cavalli presentano colori irreali. La rappresentazione verosimile delle cose non fu mai al centro degli interessi di questo pittore, che proprio a causa della sua visione intellettualistica della pittura rimase sostanzialmente isolato.


Paolo Uccello, La battaglia di San Romano (Disarcionamento di Bernardino della Ciarda), 1438-40. Tempera su tavola, 1,82 x 3,23 m. Firenze, Uffizi.

Beato Angelico aderì pienamente al nuovo indirizzo rinascimentale pur credendo nella funzione didattica della pittura. Negli affreschi per il Convento di San Marco a Firenze, gli episodi sono rappresentati con uno stile sobrio che fa largo uso della prospettiva, come nel caso della splendida Annunciazione. Le immagini soavi e le atmosfere intensamente spirituali dei suoi dipinti non nascondono la fondamentale influenza di Donatello, Ghiberti e soprattutto di Masaccio, che per l’Angelico costituì un modello fondamentale di riferimento e dal quale imparò le regole della prospettiva brunelleschiana. Tuttavia, a differenza di Masaccio, l’Angelico propose un’arte del tutto priva di carica emozionale e di drammaticità, concependo la pittura come una sorta di predica per immagini.


Beato Angelico, Annunciazione, 1440 ca. Affresco, 2,30 x 3,21 m. Firenze, Convento di San Marco, corridoio nord delle celle.

Leggi anche:  L’Annunciazione del Beato Angelico

Gli altri pittori

Filippo Lippi accettò inizialmente le novità introdotte da Masaccio, ossia la costruzione prospettica centralizzata e la solida impostazione volumetrica delle figure, per subire in seguito l’influenza dell’Angelico. La sua pittura ricerca dolci cadenze lineari e trasparenze cromatiche. Le sue Madonne, come la celebre Lippina, mostrano la casta concretezza di donne e madri reali.


Filippo Lippi, Madonna col Bambino e angeli, 1465. Tempera su tavola, 95 x 62 cm. Firenze, Uffizi.

Leggi anche:  Da Filippo Lippi a Botticelli: la fortuna della “lippina”

Domenico Veneziano concepì una compenetrazione profonda tra luce, colore e spazio prospettico. Le sue opere presentano colori delicatissimi e ombre leggere e colorate, come nel caso della Pala di Santa Lucia.


Domenico Veneziano, Pala di Santa Lucia, 1445-47. Tempera su tavola, 209 x 216 cm. Firenze, Uffizi.

Leggi anche:  La Pala di Santa Lucia di Domenico Veneziano

L’Ultima Cena

Le figure di Andrea del Castagno sono, al contrario, fortemente chiaroscurate, solide, vigorose ed espressive. Nell’Ultima Cena, i personaggi ascoltano pacati l’annuncio del futuro tradimento.


Andrea del Castagno, Ultima Cena, 1447. Affresco. Firenze, Cenacolo di Sant’Apollonia.

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