cultură şi spiritualitate
Articolo estratto dal Volume 1 della collezione “Le Montagne incantate”
La piastra di ottone del Club Alpino Italiano sul cippo in pietra arenaria ricorda l'arrivo di Camminaitalia, al termine della marcia di seimila chilometri - si legge sulla targa - "partita da Santa Teresa di Gallura in Sardegna che attraverso monti e vallate delle Isole e della Penisola ha voluto congiungere in un simbolico abbraccio tutte le genti d'Italia". Era il 6 ottobre del 1995; il cippo ancora oggi segna il punto d'arrivo, o se vogliamo di partenza, del Sentiero Italia.
La targa si trova a un passo dal mare, all'entrata della darsena della baia di San Bartolomeo, uno specchio d'acqua placido come un Iago glaciale in mezzo al quale corre invisibile il confine con la Slovenia. Qui finisce l'altopiano carsico e inizia la penisola istriana, qui la terra incontra il mare e il poroso calcare lascia il posto all'impermeabile arenaria. L'idea di un abbraccio di tutte le genti d'Italia ha la forma di un minuscolo golfo che, ai tempi della Guerra fredda, veniva attraversato a nuoto dai profughi in fuga dai paesi del blocco sovietico e dalla Jugoslavia socialista. Da qui il cammino arriva, o prosegue, verso la Val Rosandra inoltrandosi nel cuore del Carso Triestino.
II Carso è un altopiano delle Alpi Dinariche esteso fra il nord-est dell'Italia, la Slovenia e la Croazia. Dai piedi delle Alpi Giulie va a lambire l'Adriatico, si allarga a sud-est della zona goriziana del Collio proseguendo verso la Slovenia occidentale e l'Istria settentrionale fino al massiccio del Velebit, in Croazia. Come in una scacchiera dove la storia ha giocato tante partite, l'altopiano è suddiviso in Carso Triestino - che da solo copre un'area di circa cinquecento chilometri quadrati - Carso Goriziano, Sloveno e Istriano. È un territorio pieno di sorprese, da queste parti ogni sasso ha una storia da raccontare, e il catalogo della biodiversità contempla una varietà di specie che va dai grandi carnivori come l'orso bruno, il lupo e lo sciacallo ai nobili ungulati quali il cervo e il capriolo, fino a specie endemiche come il proteo delle grotte, creduto in tempi lontani essere un cucciolo di drago, l'unico vertebrato troglobio d'Europa.
Attraversato da un sottomondo costituito da un'infinita geografia di grotte e di abissi, il Carso è irrorato nelle sue profondità da un reticolo acquifero tanto complesso quanto sorprendente. È scoperta recente la circostanza per cui, nelle profondità della terra, le acque dei fiumi Isonzo e Vipacco,i due principali corsi d'acqua che limitano l'altopiano rispettivamente dalla parte italiana e slovena, si mischiano in un fraterno abbraccio che non trascura nemmeno lo schivo Timavo, il corso d'acqua sotterraneo che nasce nei boschi della Croazia, entra in Slovenia, sparisce rombando nelle voragini delle Grotte di San Canziano, percorre silenzioso e al buio tutto il Carso Triestino e riappare spuntando dalla viva roccia a Duino per andare a morire dopo due chilometri nel Golfo di Trieste.
Anche la storia ci ha messo del suo da queste parti, tracciando sull'altopiano carsico una trama di confini mobili, di cui il Novecento ha rappresentato forse il capitolo più sanguinoso, dalle battaglie della Grande Guerra agli orrori dei nazifascismo fino ai massacri e agli esodi degli italiani dalle terre cedute nel secondo dopoguerra. Nel dicembre 2007, dopo la dissoluzione della Jugoslavia, l'indipendenza della Slovenia e l’entrata della nuova repubblica nell'Unione Europea, il confine si è aperto. Le caserme dei valichi di frontiera ora abbandonati, e le temibili torrette di sorveglianza lungo i tracciati confinari nei boschi, oggi sono un'attrazione in più per chi visita un territorio tanto a lungo diviso. «Il turismo verde è in crescita su tutto il Carso», spiega Enrico Maria Milič, responsabile del settore sviluppo turistico del Gal Carso, Gruppo azione locale, l'organismo erede di alcune competenze dell'ex Provincia di Trieste. Ogni anno, stima Milič, tra i dieci e i quindicimila viandanti, cicloturisti compresi, scelgono i tracciati dell'altopiano per impiegare bene il loro tempo.
Da quando si è aperto il confine le cose stanno cambiando in fretta in un territorio che fino al 1918 poggiava su un unico tessuto economico e sociale. Sul Carso Triestino, il cui suolo è fra i meno fertili d'Europa - spiega ancora Milič - "se da un lato nell'arco di cinquant'anni si è perso circa il settanta per cento cento della superficie agricola utilizzata, lasciando una macchia abbandonata e mal gestita che ha aperto nuovi spazi incontaminati, dall'altro si assiste a una rinnovata produzione di prodotti agroalimentari di nicchia, dall'olio al vino ai formaggi». Centoquaranta aziende agricole, con ventisette viticoltori in grado di produrre varietà autoctone come la Vitovska e il Terrano, e i dodici olivicoltori del consorzio Tergeste doc il cui olio è stato pluripremiato con le sue varietà come la Bianchera (Belica in sloveno) e la Buga, senza contare micro realtà di alta qualità fra i produttori di miele millefiori e marasca.
«Il Carso è un paese di calcari e ginepri. Un grido terribile, impietrito. Macigni grigi di piova e di licheni, fenduti, aguzzi». Quando Scipio Slataper, lo scrittore irredento, scriveva le dolorose pagine de II mio Carso prima di cadere nel 1915 nelle trincee del Podgora, le pietre dell'altopiano alle spalle di Trieste erano gravide di quelle tensioni che presto sarebbero sfociate nei sanguinosi conflitti mondiali. Oggi quelle stesse pietre sono diventate patrimonio comune: è dell'aprile 2018 la firma di un protocollo d'intesa fra Italia e Slovenia che sta portando all'istituzione di un geoparco transfrontaliero.
È il frutto del riconoscimento della "geodiversità" dell'altopiano. Accanto alla biodiversità, punto di forza di queste terre è anche la varietà degli aspetti fisici del Carso, il suo pulsante cuore di roccia. Fra questi c'è la cava industriale abbandonata al Villaggio del Pescatore, piccolo centro turistico nel comune di Duino Aurisina, a un passo dalle foci del Timavo, dove esiste uno dei più importanti giacimenti di resti di dinosauri d'Italia. Qui il calcare ha restituito gli scheletri di due adrosauri, i dinosauri con il becco ad anatra, e molti altri ce ne sono ancora imprigionati nella roccia in attesa di tornare a nuova vita.
Tra i geositi piu tutelati ci sono le falesie di Duino, area protetta, un paretone di bianchi calcari fossiliferi del Cretaceo macchiato da una vegetazione eterogenea tipica sia del Carso che del Mediterraneo. Su questi strapiombi volano il corvo imperiale e il falco pellegrino, mentre sulla sommità si snoda il Sentiero Rilke, una passeggiata panoramica a suo tempo amata dal poeta simbolista praghese e a lui dedicata, che unisce il centro di Duino al castello dei principi di Thurn und Taxis, ultimi eredi di una dinastia regale del Sacro Romano Impero. Sul Carso a ogni passo storia e natura si danno la mano. È un territorio di frontiera, un crocevia del tempo e della natura dove il Mediterraneo punta al cuore dell'Europa e i Balcani si insinuano fino ai primi contrafforti delle Alpi.
In una giornata straordinariamente mite e soleggiata per essere inverno, cammino assieme a Sergio Dolce, biologo e naturalista, già direttore del Museo di Storia naturale di Trieste, lungo il sentiero della Val Rosandra. Tappa del Sentiero Italia e Riserva naturale regionale dal 1996, la valle è stata incisa dal torrente Rosandra in millenni di paziente erosione. Famosa palestra di roccia sin dai primi anni del Novecento, regno per arrampicatori mitici come Napoleone.
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Creat de altmariusclassic Dec 23, 2020 at 11:45am. Actualizat ultima dată de altmariusclassic Ian 24, 2021.
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