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I pericoli del pellegrinaggio: il cammino di Santiago

Migliaia di fedeli provenienti da tutto il mondo cristiano s'incamminavano ogni anno verso Compostela per visitare la tomba dell’apostolo. La mancanza di indicazioni, i banditi e i locandieri senza scrupoli rendevano il percorso un’odissea


Intraprendere il cammino di Santiago nel Medioevo era una grossa sfida. Sebbene fosse un itinerario profondamente religioso, era irto di difficoltà che i pellegrini dovevano superare, come se fosse un percorso a ostacoli. Il viandante non doveva solo raggiungere il sepolcro dell’apostolo, ma doveva essere in grado di fare ritorno al luogo d’origine per raccontare le sue imprese e ricevere gli elogi dei compaesani. Elogi sinceri e riconoscenti, giacché in alcuni luoghi, come in Slovacchia, il pellegrino era esentato per sempre dal pagamento delle imposte se dimostrava di aver fatto il cammino tre volte.

Pellegrini inginocchiati. Dettaglio di un affresco di Andrea Bonaiuto nella chiesa di Santa Maria Novella, Firenze. XIV secolo

Pellegrini inginocchiati. Dettaglio di un affresco di Andrea Bonaiuto nella chiesa di Santa Maria Novella, Firenze. XIV secolo

Foto: Scala, Firenze

Questa avventura per il pellegrino significava abbandonare i propri familiari per mesi, addirittura per anni. Allo stesso tempo doveva affrontare malattie, raggiri, furti e abusi di ogni tipo, oltre a dover sopportare pidocchi e cimici, cani pieni di pulci, temperature estreme, sentieri difficili percorsi con calzature inadatte e numerosissime calamità, il tutto attraversando regioni e luoghi di cui spesso non conosceva la lingua.

Il monaco francese Aymeric Picaud lasciò una testimonianza scritta dei pericoli che correvano i pellegrini nel suo Codex Calixtinus, il celebre manoscritto del XII secolo. In esso avvertiva dei fiumi dalle acque pericolose, dei tafani molesti, dei barcaioli che imbrogliavano e delle persone violente e cattive.

A partire dal XII secolo, quando i regni cristiani riuscirono a spingere i musulmani verso le valli del Tago e il fiume Guadiana, il tratto francese del cammino – da Saint-Jean-Pied-de-Port e Roncisvalle fino a Santiago de Compostela – divenne l’itinerario più utilizzato dai pellegrini. Nella località francese di Ostabat confluivano pellegrini bretoni, fiamminghi, guasconi, anseatici o franchi che avevano abbandonato le loro terre mesi e mesi prima. A Saint-Jean-Pied-de-Port si fermavano a riprendere le forze per salire verso il porto di Ibañeta, già nel territorio del regno di Navarra, e fare una sosta a Roncisvalle.

Codex Calixtinus. Manoscritto miniato del XII secolo. Libro I

Codex Calixtinus. Manoscritto miniato del XII secolo. Libro I

Foto: Oronoz / Album

La cattiva segnaletica lungo il cammino era uno dei problemi più preoccupanti, specialmente sui valichi di montagna, dove la neve cancellava sentieri e tracce. La prassi era quella d'indicare l’itinerario con pali e paletti conficcati vicino al sentiero, ma bisognava anche fare manutenzione, e il personale era presente solo nei pressi di ostelli e rifugi.

Campane per orientarsi

Talvolta, quando le tormente erano violente o la nebbia molto fitta, il pellegrino smarrito si orientava con il suono delle campane di Somport, Roncisvalle, Foncebadón o del monastero di San Salvador, nell’Alto di Ibañeta, dove un monaco suonava in continuazione la campana. I re incentivarono l’insediamento di ostelli e coloni con alcune esenzioni e libertà in cambio dell’obbligo di segnalare il cammino. Alla fine del XV secolo i Re Cattolici concessero questo privilegio ai vicini di El Acebo, a El Bierzo, a condizione che conficcassero nel terreno quattrocento pali tra il villaggio e il porto di Foncebadón.

Il pellegrino misurava le distanze in giornate, si orientava con il sole e le stelle e talvolta aveva la fortuna di incontrare un’antica pietra miliare romana o un crocevia che gli indicavano la strada, se non addirittura la distanza. Rollos – colonne sormontate da una croce –, gogne – strutture alle quali venivano esposti alla berlina i condannati – e crocevia aiutarono i viandanti sin dal XIV secolo, quando si diffuse il culto della croce professato dai seguaci di san Francesco d’Assisi – che, secondo la tradizione, si recò in pellegrinaggio a Santiago nel 1214. Queste modeste costruzioni consolidavano il carattere religioso del cammino, oltre a servire da segnali di confine o a indicare il luogo di un episodio luttuoso.

La cartina illustra il percorso del tratto francese del cammino di Santiago di Compostela. Incisione di D. Serveaux. 1648

La cartina illustra il percorso del tratto francese del cammino di Santiago di Compostela. Incisione di D. Serveaux. 1648

Foto: Bridgeman / ACI

I campanili svolsero la funzione di fari terrestri per aiutare a orientarsi i pellegrini che altrimenti rischiavano di smarrirsi. Per esempio, il piccolo villaggio di Berdún, sul cammino per Somport, divenne un punto di riferimento visivo per i viandanti, perché le sue case si trovavano su un colle nel mezzo di una grande piana di cereali. E lo stesso si può dire del campanile della chiesa di Santiago di Puente la Reina, delle torri delle cattedrali di Logroño e Burgos, del castello di Castrojeriz o della grande costruzione della chiesa di Villalcázar de Sirga, visibili da grande distanza.

Truffatori, ladri e mascalzoni

Ciononostante, la preoccupazione maggiore dei pellegrini era la mancanza di sicurezza, poiché era molto difficile assicurare la vigilanza degli ottocento chilometri di percorso tra i Pirenei e la città dell’apostolo. Le aggressioni erano frequenti, soprattutto nelle zone di maggior transito di pellegrini e dalle condizioni inospitali, come i pericolosi boschi attorno a Villafranca Montes de Oca (Burgos), che portava a una delle tappe più attese del percorso: il sepolcro di San Juan de Ortega, costruttore di ponti.

I pellegrini cercavano sempre di spostarsi in gruppo, com’era consuetudine anche lungo altre rotte di pellegrinaggio europee, come quelle di Aquisgrana, Parigi o San Martino di Tours. Le bande di ladri erano frequenti a Roncisvalle, a León e nelle Bárdenas della Navarra. I Montes de Oca divennero il covo dei malfattori, senza che le milizie delle confraternite municipali potessero fare qualcosa per cacciarli. Lo diceva chiaro un detto popolare: «Se vuoi rubare, vai ai Montes de Oca».

Situato lungo il tratto navarro del cammino di Santiago, il monastero di Santa Maria de Irache fu il primo a diventare un ostello per i pellegrini

Situato lungo il tratto navarro del cammino di Santiago, il monastero di Santa Maria de Irache fu il primo a diventare un ostello per i pellegrini

Foto: Susanne Kremer / Fototeca 9X12

Il pericolo era in agguato persino nei luoghi in cui ci si abbeverava, come avvertiva il monaco Picaud nella sua Guida del pellegrino a proposito di un villaggio nei monti della Navarra: «In un luogo chiamato Lorca, nella zona orientale, scorre il fiume che chiamano Salado: non fermarti a bere, né tu né il tuo cavallo, giacché è un fiume letale! In direzione di Santiago, seduti sulla riva, sono in agguato due navarri che affilano i coltelli con i quali erano soliti sgozzare le cavalcature dei pellegrini che bevevano in quelle acque e morivano». La piaga dei banditi portò a iniziative come quella di Teobaldo II di Navarra, che nel 1269 fondò il villaggio di El Espinal per evitare un lungo tratto di cammino senza luoghi abitati, al fine di complicare la vita alle bande di malviventi.

I pellegrini erano anche vittime abituali di ogni sorta di inganni, da parte di venditori che alteravano il peso degli articoli o di cambiavalute che imbrogliavano (bisogna tener presente che i viandanti dovevano cambiare il denaro sei o sette volte, attraversando i vari regni). Bisognava diffidare anche dei locandieri, che a volte servivano ai pellegrini bevande con sonniferi per poterli derubare più facilmente. In altre occasioni i signori del luogo li costringevano a pagare pedaggi per attraversare ponti o fiumi con la barca, nonostante essi fossero esenti per legge dal pagamento.

I raggiri erano all’ordine del giorno. A volte due truffatori simulavano un litigio per una moneta di piombo dorato trovata per strada. Il pellegrino, pieno di buone intenzioni, interveniva a placare la lite offrendo una moneta a ciascuno dei due in cambio della falsa moneta d’oro. Nei pressi di San Millán de la Cogolla si trova una piccola valle che porta l’appellativo di Umbría de la Fuente de los Ladrones in memoria di quei furfanti.

L'ultima cena. Dettaglio di un gruppo di apostoli. Giacomo, vestito da pellegrino, è sulla destra. Jaume Ferrer, XV secolo

L'ultima cena. Dettaglio di un gruppo di apostoli. Giacomo, vestito da pellegrino, è sulla destra. Jaume Ferrer, XV secolo

Foto: Prisma / Album

Poiché quello di San Giacomo era un cammino di santi e miracoli, divennero frequenti i farabutti che facevano affari con bolle contraffatte e reliquie false. C’erano anche falsi pellegrini, attori consumati che indossavano gli indumenti da viandante – bastone, mantellina, scarsella e cappello – e carpivano la fiducia dei veri pellegrini per poi derubarli approfittando di una distrazione. Altri simulavano ferite per attirare la carità di altri viandanti. Questi furfanti, molti dei quali stranieri, soprattutto inglesi, sapevano che sovente i pellegrini portavano elemosine per conto di altri, custodite nelle fodere degli abiti, e che era facile derubarli. Furono numerose le denunce di questo tipo nelle zone di Estella e Sangüesa, in Navarra.

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Castighi per i delinquenti

La grande quantità di crimini e abusi che si perpetravano lungo il cammino obbligarono le autorità a regolare giuridicamente il fenomeno del pellegrinaggio giacobino. Fu così che il Fuero Real di Alfonso X il Saggio - un testo emanato per uniformare le leggi all'interno del suo regno - stabilì che «tutti i viandanti e i pellegrini che attraversano i nostri regni, soprattutto quelli che vanno e vengono da Santiago, debbono essere sicuri; concediamo loro il nostro privilegio di sicurezza affinché vadano e vengano e soggiornino nei nostri regni». Vi furono norme che garantivano ai pellegrini il possesso dei beni che portavano con loro durante il viaggio.

Alla fine del regno di Giovanni I, verso il 1390, i pellegrini furono autorizzati a introdurre e portare via liberamente palafreni, cavalli da trotto e vacche «se si dimostra che non nacquero in Castiglia». Suo nipote Giovanni II diede ordine che si concedessero salvacondotti ai pellegrini del Vecchio Continente e che non fossero confiscati i loro beni o altre proprietà perché erano considerati sudditi del re. Nel Fuero Real, inoltre, si esortavano i giudici a dare ascolto alle istanze dei pellegrini: «Se gli alcalde dei vari luoghi non hanno fatto risarcire i pellegrini dei mali e dei danni ricevuti per colpa di osti e locandieri così come da qualsiasi altra persona, dopo che da parte dei pellegrini sia stata presentata istanza cui non è stata resa giustizia, senza ritardo alcuno paghino al pellegrino il doppio del danno subìto e le spese che per questo egli avesse dovuto sostenere».

Alfonso X, protettorei dei pellegrini. Raffigurazione del monarca castigliano nel Libro de los Juegos

Alfonso X, protettorei dei pellegrini. Raffigurazione del monarca castigliano nel Libro de los Juegos

Foto: Scala, Firenze

Il testo alfonsino distingueva il ladro del cammino da quello che rubava al di fuori di esso. Nel primo caso, le pene erano molto più dure, poiché il furto ai danni dei pellegrini era solitamente punito con la morte. Siamo a conoscenza di diversi casi in cui fu comminata la pena capitale per aggressioni lungo il cammino. Nel 1332, per esempio, dei due ladri arrestati per aver derubato dei pellegrini, uno fu impiccato e l’altro fu frustato e gli vennero mozzate le orecchie. Per lo stesso motivo fu impiccato un pellegrino genovese che aveva trafugato oggetti dal santuario asturiano di Salas.

Il Libro de los Fueros di Castiglia, dell’epoca di Alfonso X, narra la storia di un certo Andrés, che rubò i bagagli e il denaro di un pellegrino e che quando fu arrestato accusò suo fratello, abate di un monastero, di essere la mente del furto. L’abate cercò rifugio in una chiesa, facendosi scudo dell’immunità di cui godevano gli edifici ecclesiastici, ma dovette restituire il denaro rubato e fare due pellegrinaggi a Santiago per ottenere il perdono, e fu privato della carica e dei benefici. Il fratello, invece, fu impiccato.

Pidocchi, cimici e sporcizia

Uno degli attributi essenziali del pellegrino era la zucca, la borraccia medievale divenuta un vero e proprio simbolo iconografico, che i viaggiatori riempivano d’acqua alle fonti e agli abbeveratoi costruiti lungo il percorso. Queste fonti servivano anche come luogo di sosta in cui i pellegrini potevano provvedere all’igiene personale, poiché in genere erano infestati da pulci, pidocchi e cimici. Ancora oggi esistono fonti risalenti a quell’epoca, i cui nomi evocano l’uso che ne facevano i pellegrini. Nei dintorni di Burgos, per esempio, troviamo la Fuente de los Piojos (fonte dei pidocchi), a Itero del Castillo, e quella di Mojapán ("ammollapane"), lungo la salita verso il porto della Pedraja, nei Montes de Oca, dove si diceva che i viandanti bagnassero i tozzi di pane secco per ammorbidirli.

Portico della gloria, nella cattedrale di Santiago. Jenaro Pérez Villaamil. XIX secolo. Palacio de la Moncloa, Madrid

Portico della gloria, nella cattedrale di Santiago. Jenaro Pérez Villaamil. XIX secolo. Palacio de la Moncloa, Madrid

Foto: Juergen Richter / Age Fotostock

Quando si trovavano ormai solo a una decina di chilometri da Santiago, la tradizione obbligava i pellegrini a lavarsi il corpo nelle acque del fiume Lavacolla. Ciononostante, la cattedrale di Compostela si riempiva dell’olezzo dei pellegrini, che dormivano all’interno approfittando del fatto che restava aperta tutto il giorno. Al problema dei cattivi odori si cercava di porre rimedio con il gigantesco incensiere che esiste almeno dal XIV secolo, e che oggi è divenuto un altro dei simboli caratteristici del pellegrinaggio.

Il pericolo dei malviventi accompagnava il pellegrino fino all’ultimo momento. Nelle vie di Santiago doveva evitare i venditori di falso giaietto – una pietra molto usata dai gioiellieri della città – e finte conchiglie del cammino, ricordo e prova del compimento del pellegrinaggio. In questo commercio redditizio dovette intervenire la Chiesa, che nel XIII secolo ne controllò la vendita in determinate botteghe di concheiros (conchiglieri). Infine, quando si giungeva alla tomba dell’apostolo era consuetudine disfarsi degli indumenti vecchi e bruciarli davanti alla Cruz dos Farrapos (la croce degli stracci), sul tetto della chiesa. Gli abiti, però, erano un bene prezioso nel Medioevo, e alcuni di quelli destinati al fuoco venivano immessi di nuovo sul cammino per essere venduti ad altri pellegrini più poveri.

Finalmente il pellegrino giungeva sulla Plaza de la Azabachería, dove poteva gridare Ultreia!, l’esclamazione medievale di gioia per essere arrivato sano e salvo nella città dell’apostolo. La sua avventura veniva ricompensata con il documento (la futura Compostela) che attestava il compimento del pellegrinaggio, e con i benefici personali e spirituali che il pellegrino acquistava per l’eternità.

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Per saperne di più

Compostela e il culto di san Giacomo nel Medioevo. Denise Péricard-Méa. Il Mulino, Bologna, 2004
Il cammino delle stelle. Sui passi dei pellegrini medievali a Santiago di Compostella. Andrea Conti. Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2013


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