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cultură şi spiritualitate

Quando Alessandro Magno morì nel 323 a.C. il suo generale Tolomeo prese il controllo dell’Egitto e, nella città che portava il nome del defunto conquistatore, fondò due tra le istituzioni culturali più celebri del mondo antico: il Museo e la Biblioteca


I re della dinastia tolemaica governarono l’Egitto per tre secoli, dal 323 al 30 a.C. Il primo fu Tolomeo, generale di Alessandro Magno, e l’ultima la famosa regina Cleopatra. Stabilirono la capitale del regno ad Alessandria e riuscirono a popolarla di soldati, marinai, burocrati, intellettuali e uomini d’affari dell’intero mondo allora conosciuto, che in quella città moderna e dinamica intravidero nuove opportunità.

Vista di Alessandria da uno dei suoi porti. Lucerna del I secolo d.C.

Vista di Alessandria da uno dei suoi porti. Lucerna del I secolo d.C.

Foto: Album

«Non le manca nessun tesoro», dice di Alessandria una vecchia ruffiana da commedia, «ginnasi, spettacoli, filosofi, denaro, ragazzi, il recinto sacro degli dei, il re, uomo generosissimo, e, in più, il Museo!».

Di certo furono in molti ad ammirare le gigantesche proporzioni del Faro e di altri edifici di Alessandria, mentre passeggiavano per l’ampia via Canopica o per i suoi mercati di stoffe e spezie. Pochissimi, invece, misero piede nel Museo (o “luogo sacro alle muse”), perché la famosa istituzione si trovava all’interno del palazzo reale che occupava un intero quartiere, il Bruchion, ad accesso limitato. Tutti però sapevano che nel Museo si trovava una grande biblioteca, in cui erano conservati migliaia di rotoli di papiro, e che ci viveva una comunità di saggi. Ma com’era la vita dietro a quelle alte mura che cadevano a picco sul mar Mediterraneo?

Sarcofago delle muse. La Biblioteca era una dépendance del Museo, il “luogo sacro alle muse”, ovvero le divinità che ispiravano le arti e le scienze. Nell'immagine ne vediamo tre: Erato, Urania e Melpomene. II secolo d.C.​

Sarcofago delle muse. La Biblioteca era una dépendance del Museo, il “luogo sacro alle muse”, ovvero le divinità che ispiravano le arti e le scienze. Nell'immagine ne vediamo tre: Erato, Urania e Melpomene. II secolo d.C.​

Foto: Dea / Album

La vita nel Museo

Sia Tolomeo I, fondatore del Museo, sia il figlio Tolomeo II erano animati dalla stessa sete di dominio che aveva spinto Alessandro Magno a esplorare i confini del globo terrestre. Tuttavia, invece di mandare delle truppe, questi sovrani scelsero piuttosto d’inviare agenti commerciali con le borse piene d’oro per comprare libri, e si spinsero persino a confiscare nel porto di Alessandria quelli che non erano riusciti a comprare ma che volevano assolutamente includere nella collezione della Biblioteca del Museo. Invitarono pure filosofi, letterati e scienziati provenienti dal mondo greco affinché entrassero a far parte della comunità del Museo, nel palazzo reale dove, liberi dalle preoccupazioni materiali – non dovevano nemmeno pagare le tasse –, potevano «venerare le muse» a beneficio dei loro generosi mecenati. I pochi che avevano messo piede nel Museo sapevano che conteneva diverse strutture: sale conferenze, laboratori, parchi, portici, esedre... Oltre alla famosissima Biblioteca e alla sala da pranzo, dove i residenti mangiavano e celebravano banchetti.

I Tolomei inviarono agenti in giro per il mondo alla continua ricerca di testi

Tuttavia, nel Museo la vita non scorreva affatto tranquilla. Una satira dell’epoca raccontava che «in Egitto, quello dalle molte razze», crescevano «alcuni scribacchini di libri che discutono senza sosta nell’uccelliera del Museo». Un personaggio quale Zenodoto di Efeso, primo direttore della Biblioteca del Museo, poteva dare l’impressione di svolazzare tra scaffali e rotoli di papiro per ordinare questi ultimi in ordine alfabetico – fu proprio lui a inventare tale tipo di catalogazione –, mentre decine di collaboratori, calamo alla mano, redigevano una nuova edizione corretta di Omero. Non mancavano neppure le aspre polemiche, come quella che vide protagonista il poeta Callimaco, il quale inveiva sprezzante contro i colleghi del Museo: «Ora io dico questo ai Telchini: razza spinosa che sa solo rodersi il fegato, certo io ero un poeta di pochi versi». Il suo rancore proviene dalle critiche ricevute perché Apollonio Rodio, per esempio, secondo direttore della Biblioteca, aveva scritto un lungo poema epico, le Argonautiche, mentre Callimaco componeva solo poesie di brevi versi di circostanza per i re, quando non era alle prese con la tediosa compilazione del catalogo della Biblioteca, le cosiddette Tavole (Pinakes), sotto Tolomeo II.

Ifigenia in Tauride è il titolo della tragedia di Euripide illustrata in quest’idria. I lagidi cercarono di raccogliere nella Biblioteca le copie migliori dei grandi tragediografi greci: Eschilo, Sofocle ed Euripide

Ifigenia in Tauride è il titolo della tragedia di Euripide illustrata in quest’idria. I lagidi cercarono di raccogliere nella Biblioteca le copie migliori dei grandi tragediografi greci: Eschilo, Sofocle ed Euripide

Foto: l. Ricciarini / Bridgeman / Aci

Al servizio della dinastia

I re, proprietari dell’ “uccelliera”, non si accontentavano di assistere ai “gorgheggi” e agli “starnazzi” dei loro saggi. I membri del Museo dovevano infatti ricoprire la mansione di consiglieri dei monarchi reggenti e avevano il compito d’istruire i principi della casa reale prima che salissero al trono. Zenodoto, per esempio, fu tutore reale di Tolomeo II e Apollonio Rodio lo fu di Tolomeo III. Tuttavia, i membri del Museo potevano anche entrare sotto l’ala protettrice di altri appartenenti alla nobiltà, come nel caso di Eratostene di Cirene, terzo direttore della Biblioteca, che fu confidente della regina Arsinoe III e le dedicò persino una biografia.

Il Museo era sostanzialmente un centro di ricerca, e non un’università che impartiva corsi regolari, anche se a volte vi lavoravano giovani promettenti che oggi chiameremmo ricercatori. Di certo con il tempo i membri del Museo portarono a termine un certo tipo d’insegnamento pubblico, sotto forma di conferenze o di simposi, banchetti ai quali il re poteva scegliere se partecipare o meno.

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La festa delle muse

L’evento che più poneva in contatto gli abitanti del Museo con il resto della popolazione di Alessandria era il festival organizzato periodicamente in onore delle muse e del dio Apollo. Comprendeva giochi e concorsi letterari, con premi e omaggi per i vincitori, e a queste competizioni potevano partecipare anche quegli stranieri talentuosi che volevano far conoscere i propri componimenti letterari. La festività era senza dubbio un’occasione di respiro internazionale e i membri del Museo erano invitati a prendervi parte in qualità di giurati. Si racconta che, per una delle edizioni, Tolomeo IV avesse già scelto sei giudici di fiducia, ma gli mancava il settimo. Il sovrano si rivolse allora ai saggi del Museo, i quali gli rivelarono che tra di loro si trovava un giovane di nome Aristofane, che «con entusiasmo e una precisione straordinaria non faceva altro che leggere e rileggere tutti i libri della biblioteca, seguendo un ordine sistematico».

Targa votiva dedicata agli dei Iside, Serapide e Apollo da un certo Komon in onore dei re Tolomeo IV e V

Targa votiva dedicata agli dei Iside, Serapide e Apollo da un certo Komon in onore dei re Tolomeo IV e V

Foto: Metropolitan Museum / Album

Sembra che Apelle, padre di Aristofane, fosse stato un ufficiale di mercenari emigrato con la famiglia dalla piccola località di Bisanzio (la futura Costantinopoli). Tuttavia Aristofane, da genio precoce qual era, non aveva voluto seguire le orme paterne e sin da bambino la sua occupazione preferita era ascoltare i discorsi di Zenodoto. In quanto giovane promettente, era quindi stato discepolo del poeta Callimaco. La scelta di Aristofane in qualità di membro della giuria era perciò pienamente giustificata.

Durante la festività i poeti cominciarono a recitare le loro opere a voce alta, e con applausi o fischi il pubblico indicava ai giudici quali fossero di loro gradimento e quali no. Quando venne chiesto il verdetto ai giudici, in sei concessero il primo premio al poeta che aveva suscitato una maggiore impressione nel popolo, ma Aristofane obiettò che doveva vincere l’artista meno ammirato.

Il re e gli altri giudici s’indignarono, ma, senza perdere la calma, Aristofane gli chiese che lo accompagnassero nella biblioteca del Museo. Poiché conosceva il luogo a memoria, cominciò a estrarre dagli scaffali un gran numero di rotoli di papiro e li mise a confronto con le poesie che aveva udito nella gara. I poeti vincitori a quel punto furono costretti a confessare di aver copiato le loro creazioni. Tolomeo IV, adirato, fece condannare i plagiatori e li scacciò in malo modo. Invece colmò di regali Aristofane e lo nominò direttore della Biblioteca.

Un uomo legge un volume su un rotolo di papiro. Prosa, olio di Lawrence Alma-Tadema. 1879. National Museum of Wales, Cardiff.

Un uomo legge un volume su un rotolo di papiro. Prosa, olio di Lawrence Alma-Tadema. 1879. National Museum of Wales, Cardiff.

Foto: Akg / Album

Grazie all’incarico poté svolgere un notevole lavoro nel campo della critica letteraria e, con le sue edizioni di drammaturghi e di lirici greci, fece sì che la filologia alessandrina raggiungesse il culmine. Ma un giorno gli inquilini del Museo si meravigliarono per un’insolita notizia: l’erudito e perspicace Aristofane si era fatto sedurre dalla delicata bellezza... di una fioraia di strada! A quanto pare, Aristofane provava un delizioso piacere quando, ogni mattina, mentre era diretto al Museo, incrociava la venditrice e lei gli consegnava una ghirlanda intrecciata con i fiori di stagione più profumati. Ad Alessandria avevano tutti visto il saggio Aristofane accettare timidamente la ghirlanda, senza quasi ringraziare, e lasciare nella mano della fioraia delle monete.

Alla venditrice non mancava certo il fascino (e il fiuto per gli affari), però nel Museo alcuni commentarono con malizia che il maestro Aristofane aveva un rivale alla sua altezza: un elefante! A stento riuscirono a trattenere le risa quando vennero a sapere che pure l’animale si era innamorato della fioraia. La vicenda era sotto gli occhi di tutti perché, ogni volta che l’elefante passava per il mercato, le depositava della frutta sul grembo e le teneva compagnia. Non solo: altri aggiunsero pure che, di tanto in tanto, l’elefante le infilava la proboscide dentro la tunica per esplorare deliziosamente il turgido seno della fioraia, mentre la donna rideva felice e sensuale, divertita dall’audacia del nuovo “pretendente”.

Della biblioteca di Efeso, eretta in memoria del nobile Tibero Giulio Celso Polemeano, si conserva solo la facciata

Della biblioteca di Efeso, eretta in memoria del nobile Tibero Giulio Celso Polemeano, si conserva solo la facciata

Foto: Miguel Carminati / Getty Images

   

La fuga di Aristofane

Qualche tempo dopo il diffondersi di queste dicerie, Aristofane, che aveva trascorso anni a leggere senza sosta tra i volumi, cercò di fuggire e abbandonare per sempre il Museo. Lo fece per ripicca? Avrebbe sentito la mancanza della donna che l’aveva “tradito” con l’elefante e che non aveva più rivisto? Niente di tutto ciò. In verità, fuggiva alla volta di Pergamo perchè voleva spostarsi in una biblioteca rivale a quella di Alessandria, sorta nella città dopo l’ascesa al trono del re Eumene II. Tuttavia il suo piano venne scoperto e Aristofane fu arrestato dalle truppe del re Tolomeo V. Fu così che il venerando erudito finì i suoi giorni nell’“uccelliera delle muse”, amareggiato e solo, circondato dai rotoli di papiro.

Aristofane ebbe come successore uno dei suoi discepoli, Aristarco di Samotracia, al quale le fonti antiche attribuiscono 800 volumi di commento critico-letterario. Fu tutore del futuro re Tolomeo VIII, da tutti conosciuto con il soprannome di “Fiscone” (“Pancione”), un amante delle lettere che si autoproclamava filologo e che proponeva pedanti correzioni ai versi dell’Odissea.

In questi eruditi intenti a dialogare è stata intravista la rappresentazione dell’Accademia di Platone, precedente al Liceo di Aristotele e al Museo stesso. Mosaico pompeiano del I secolo d.C.

In questi eruditi intenti a dialogare è stata intravista la rappresentazione dell’Accademia di Platone, precedente al Liceo di Aristotele e al Museo stesso. Mosaico pompeiano del I secolo d.C.

Foto: Leemage / Getty Images

   

Ben presto però questi si rivelò un pericoloso tiranno che, dopo aver ucciso il nipote Tolomeo VII, impose un regime di terrore. Viene imputata a lui la decadenza culturale di Alessandria perché ne espulse tutti gli intellettuali, tra cui lo stesso Aristarco, e mise a capo del Museo Cida, un lanciere di palazzo. Più avanti, sebbene il Museo continuasse a rimanere aperto – al pari della Biblioteca, che si arricchiva di nuovi volumi – l’istituzione non poté più contare su studiosi di chiara fama e sul suo ambiente d’élite. Le continue lotte tra i membri della famiglia reale, destinate a coinvolgere pure la città di Roma, aggravarono la crisi e Alessandria non ebbe più quel ruolo d’avanguardia che aveva rivestito nei primi tempi, sotto Tolomeo I e Tolomeo II.

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