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Il 27 agosto di 445 anni fa moriva Tiziano Vecellio, maestro indiscusso della pittura veneta. Conteso dai committenti e artista consapevole del valore del proprio lavoro, creò opere di straordinario impatto emotivo


Contrariamente a ciò che probabilmente farebbe la maggior parte di noi, pare che il pittore Tiziano Vecellio, universalmente conosciuto come Tiziano, fosse solito aumentarsi gli anni, fingendosi quindi più anziano di quanto non fosse. Forse lo faceva per vanità, compiacendosi di chi rimaneva sbalordito del vigore che ancora mostrava nonostante l’età, o forse per intenerire i committenti che tardavano nel pagarlo.

È anche per questa ragione che la sua data di nascita è a tutt’oggi incerta. Lui in una lettera dichiarò indirettamente di essere nato nel 1477, ma oggi questa ipotesi è generalmente scartata per i motivi sopradetti. Secondo alcune ipotesi sarebbe nato tra il 1488 e il 1490, mentre secondo altre più recenti tra il 1480 e il 1485. Di sicuro nacque a Pieve di Cadore, non lontano da Belluno, da Lucia – che morì quando Tiziano era molto piccolo – e da Gregorio Vecellio, un militare appartenente a una delle più note e benestanti famiglie della zona. Secondo una curiosa diceria avrebbe mostrato il suo talento fin da bambino, quando dipinse una Madonna su un muro di casa senza neppure usare i colori, ma con il succo di alcune piante.

Autoritratto di Tiziano Vecellio. 1562 circa

Autoritratto di Tiziano Vecellio. 1562 circa

Foto: Pubblico dominio

Comunque sia andata, dovette effettivamente aver manifestato un certo interesse per l’arte, giacché quando aveva circa dieci anni, fu mandato dalla famiglia a Venezia. Nei primi decenni del XVI secolo la città lagunare viveva un periodo di grande floridità economica, vivacità culturale e sperimentazione artistica. Gli artisti della cosiddetta “scuola veneziana” erano famosi per i loro studi sul colore, che ritenevano più importante del disegno nella rappresentazione della realtà. Tramite un parente, Tiziano entrò in contatto con Giovanni Bellini, uno dei più importanti pittori del tempo. Poi, intorno al 1504, conobbe un altro grande esponente della pittura veneta: Giorgio da Castelfranco, detto Giorgione. La collaborazione con quest'ultimo nelle decorazioni del Fondaco dei Tedeschi, oggi quasi del tutto perdute, fu fondamentale per la formazione di Tiziano, che di Giorgione assimilò la sensibilità artistica e l’importanza data al paesaggio – fino allora ritenuto un elemento secondario –, tanto che ancora oggi ci sono dubbi di attribuzione di alcune opere all’uno o all’altro. 

Un successo travolgente

A Venezia, Tiziano mise in mostra doti artistiche precoci ed eccezionali. Si racconta che Giorgione disse che secondo lui Vecellio fin da quando era «nel ventre di sua madre era [un] pittore». Dopo un inizio abbastanza lento, quando morirono Giorgione e Bellini, la fama di Tiziano esplose. Uomo dal temperamento dinamico ed estroverso, conscio delle sue abilità, a meno di trent’anni ebbe una bottega tutta sua e le commissioni si moltiplicarono rapidamente spaziando tra ritratti, pale d’altare e immagini profane. Nel corso della sua carriera, durata più di sessant’anni, dipinse oltre cinquecento opere, alle quali la critica ne aggiunge almeno un altro centinaio tra quelle incerte e quelle citate solo nelle fonti perché perdute. Dal 1517 divenne pittore ufficiale della Serenissima. L’incarico gli concesse una cospicua entrata che investì nel commercio di legnami nel paese di origine. Negli anni venti del XVI secolo gli giunsero richieste dalle più importanti corti italiane, come Ferrara, Mantova e Urbino. Un contributo nella pubblicità veniva dallo scrittore Pietro Aretino, suo amico. Il letterato, infatti “sponsorizzò” spesso le opere di Tiziano nelle varie corti. 

'Violante'. Tiziano Vecellio. 1515 circa. Kunsthistorisches Museum, Vienna

'Violante'. Tiziano Vecellio. 1515 circa. Kunsthistorisches Museum, Vienna

Foto: Pubblico dominio

Nobili, cortigiani, il papa: tutti volevano possedere almeno una sua opera, celebrandolo come uno degli artisti più famosi d’Europa. Giorgio Vasari, nelle Vite, scrisse che: «non è stato quasi alcun signore di gran nome, né principe, né gran donna che non sia stata ritratta da Tiziano». Raggiunse l’apice del successo quando nel 1533 Carlo V – imperatore del Sacro romano impero germanico – lo volle come suo pittore ufficiale e gli offrì due prestigiosi titoli: Conte Palatino e Cavaliere dello Speron d'oro. Tiziano però non amava allontanarsi troppo da Venezia, per cui solitamente realizzava le opere in bottega e le spediva puntualmente a Carlo V. Solo nel 1548 si decise a raggiungere per un certo periodo il sovrano ad Augusta. Poco tempo dopo a Carlo successe il figlio Filippo II, anch’egli grandissimo estimatore delle opere di Tiziano.

Reclamare i propri diritti

Tiziano fu un grande lavoratore e non si risparmiò nell’accettare le commissioni. Divenne ricchissimo, cosa abbastanza inconsueta per un artista. Ciò dipendeva dal fatto che oltre all’abilità con tavolozza e pennelli, era anche molto accorto dal punto di vista finanziario. Non aveva remore nel sollecitare – anche molto insistentemente – i committenti affinché lo pagassero per i lavori svolti, arrivando a tentare il recupero crediti perfino con l’imperatore. Nel 1541, per esempio, Carlo V gli aveva promesso una pensione di cento scudi annui. Poiché questo denaro non gli giunse, gli scrisse più volte per ricordargli l’impegno. In maniera simile andò con Filippo II. Per ottenere le somme dovute con i suoi dipinti, in qualche lettera cercava di ingolosirlo promettendogli altre opere, in altre cercava di muoverlo a pietà, definendosi povero e vecchio. Una volta addirittura scrisse: «Io non so come trovar modo di vivere in questa mia ultima età». Quando in un’occasione Filippo II lo pagò, Tiziano vide il denaro e subito si mise a scrivergli di nuovo: gli aveva fatto avere ducati e non oro, come richiesto, con l’ammanco di una cospicua somma che non intendeva certo perdere. Vasari l’accusò di avidità e avarizia, ma era semplicemente un artista consapevole del valore del proprio lavoro e del proprio ruolo sociale. 

'Ritratto di Carlo V a cavallo'. Tiziano Vecellio. Olio su tela. 1548. Museo del Prado, Madrid

'Ritratto di Carlo V a cavallo'. Tiziano Vecellio. Olio su tela. 1548. Museo del Prado, Madrid

Foto: Pubblico dominio

Nella sua bottega gravitavano moltissimi collaboratori, alcuni appartenenti alla sua famiglia, come il fratello Francesco, che si occupava dei conti, o il figlio Orazio, anch’egli pittore. Tiziano aveva anche un secondo figlio, Pomponio, noto per aver dilapidato una grossa fetta delle ricchezze paterne. La loro madre era Cecilia Soldano, una donna originaria di Feltre. Tiziano e Cecilia convissero a lungo prima di sposarsi nel 1525. Purtroppo le nozze durarono pochi anni, perché la donna morì dando alla luce una bambina di nome Lavinia. Tiziano rimase affranto e per qualche tempo smise di dipingere. Non si risposò mai più e, tranne rari e vaghi accenni, non si trova menzione di nessun’altra donna nella sua vita. 

Il maestro del colore

Il cromatismo è la cifra stilistica che maggiormente caratterizza la personalità artistica di Tiziano, che approfondì la ricerca di Bellini e Giorgione sugli effetti della luce e sul colore per rappresentare le forme, unendola con la cura dei dettagli, di derivazione fiamminga. Riuscì a conferire così ai corpi sensualità, morbidezza e realismo. Nel ritratto poi riusciva come pochi – un altro in tal senso fu Raffaello – a cogliere con estrema facilità il carattere e le emozioni dei suoi soggetti. E anche se gli capitava di rappresentare lo stesso personaggio più volte, ognuno era certamente diverso dal precedente. Per esempio intorno al 1545 ritrasse l’amico Pietro Aretino, immortalandone il carattere irruente, l’intelligenza e la fierezza. Tiziano sperimentò per tutta la sua vita: nelle opere tarde le pennellate divennero pastose, nervose e dense, quasi una fusione tra colore e supporto. Nelle ultime arrivò addirittura ad abbandonare i pennelli, stendendo il colore con le dita. I volumi divennero meno solidi, come per sottolineare la fragilità umana. Nel 1576 in città imperversava la peste e Tiziano aveva circa novant'anni. Decise quindi di dipingere una Pietà per la propria tomba nella basilica dei Frari a Venezia, dove però non fu mai collocato a seguito di alcune incomprensioni con i monaci. È la sua ultima opera conosciuta e massima espressione dell’ultima fase della sua pittura: i colori appaiono cupi, le pennellate sono date con rapidità e tensione, conferendo ai personaggi e all’atmosfera una connotazione angosciosa. Non fece in tempo a finirla: la morte lo colse il 27 agosto, preceduto dal figlio Orazio, scomparso poco prima a causa delle peste.

Per saperne di più:
Tiziano, Augusto Gentili, 2016, Giunti, Bologna

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Concerto campestre, 1509, Louvre, Parigi

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'Concerto campestre', 1509, Louvre, Parigi

Attribuita a lungo a Giorgione, oggi la critica propende per identificarla come un’opera di Tiziano. Rappresenta due giovani uomini, di cui uno, con un elegante abito borghese, sta suonando il liuto insieme a due donne nude. Una regge un flauto, mentre l’altra è in piedi vicino una vasca in cui sta versando acqua da una brocca. Il concerto è interrotto dall’arrivo di un rozzo pastore. Ci sono varie teorie sul significato di quest’opera. Per esempio, secondo alcuni si tratterebbe di un’allegoria dell’armonia musicale come riflesso dell’armonia cosmica. Quando Monet la vide esposte al Louvre, ebbe l’ispirazione per la sua famosa Colazione sull’erba.

 

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Venere di Urbino, 1538, Uffizi, Firenze

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'Venere di Urbino', 1538, Galleria degli Uffizi, Firenze

Quest'opera fu voluta da Guidobaldo II della Rovere, signore di Urbino, per le sue nozze con Giulia Varano. Allude alla componente erotica del matrimonio e, almeno nelle intenzioni dell’urbinate, doveva “educare” ai piaceri nuziali la giovanissima consorte. La dea Venere è distesa sul letto, completamente nuda, e volge lo sguardo malizioso verso lo spettatore.  Con una mano si copre il pube, mentre con l’altra regge debolmente dei fiori. Sul letto un cagnolino, simbolo di fedeltà. Sullo sfondo, due serve rovistano in una cassa. Nel corso del tempo, l’opera è stata anche letta come un’allegoria dell’amore oppure come la consapevolezza femminile del proprio corpo. Tiziano aveva già collaborato con Giorgione nella realizzazione della Venere dormiente del maestro (ne completò alcune parti) e negli anni cinquanta ritornò sul tema realizzando la Venere con organista.

 

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Uomo con un guanto, 1520 ca. Louvre, Parigi

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Uomo con un guanto, 1520 circa. Louvre, Parigi

Nel corso della sua lunga carriera Tiziano realizzò numerosissimi ritratti, cogliendo sempre le principali caratteristiche somatiche e il carattere dei suoi soggetti. Questo giovane aristocratico è rappresentato con il volto ruotato di tre quarti e lo sguardo pensieroso. La luce si riflette sulla camicia bianca sotto la giacca, illuminando il viso. L’attenzione però si concentra sulla mano sinistra che regge con elegante nonchalance il guanto destro sfilato.

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'Assunta', 1516-1518, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia

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'Assunta', 1516-1518, Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia

Nel 1516 Tiziano ottenne la più importante commissione fino allora: una pala d’altare raffigurante la Madonna Assunta per il convento veneziano dei Frari. L’artista realizzò un’opera innovativa che suscitò non pochi clamori, tanto che i frati, dubbiosi, si convinsero a tenerla solo dopo che un ambasciatore di Carlo V mostrò l’intenzione di comprarla.  La scena è suddivisa in tre registri. In basso sono rappresentati gli apostoli che gesticolano concitatamente sconvolti da ciò che stanno vedendo: il sepolcro della Madonna è aperto e lei sta ascendendo al cielo. Nel secondo registro, appunto, si trova la Vergine, in piedi sopra una nuvola e circondata da cherubini. In alto Tiziano rappresentò Dio in controluce, così da renderlo una sorta di visione sovrannaturale. Gli effetti di luce e di colore usati da Tiziano rendono la scena vivacemente espressiva e carica di luminosa spiritualità.

 

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'Flora', 1515- 1520 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

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'Flora', 1515- 1520 circa, Galleria degli Uffizi, Firenze

Rappresenta una giovane donna vestita in stile classico con in mano dei fiori (s'intravedono rose, gelsomini e viole). Per questa ragione è comunemente identificata con Flora, la ninfa che allude alla primavera. La luce colpisce la figura che emerge contro il fondo scuro, mettendo in evidenza il candore della pelle e i capelli rossicci, tipici di Tiziano. Fin da subito l’opera suscitò grande ammirazione e, quando fu esposta nella Galleria degli Uffizi, il direttore fu costretto a limitare e regolare il numero giornaliero di copisti che si accalcavano davanti a essa.

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'Festa degli amorini', 1518-1519, Prado, Madrid

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'Festa degli amorini', 1518-1519, Prado, Madrid

Tiziano realizzò questa tela insieme con altre due – Bacco e Arianna e Gli Andrii – per lo studiolo di Alfonso d’Este. Il signore di Ferrara aveva richiesto delle opere che celebrassero il piacere e lo svago dagli affanni della vita pubblica. Tiziano rappresentò qui il giardino di Venere, la cui statua appare defilata a destra, mentre tantissimi paffuti amorini riempiono quasi tutta la scena, intenti a raccogliere mele per offrirle alla dea. L’artista s'ispirò a un passo del filosofo Filostrato: « […] gli amorini raccolgono mele: e se ce ne sono molti […] Le faretre degli amorini sono tempestate d'oro, e anche d'oro sono le frecce […] hanno appeso le loro faretre ai meli». In seguito quest’opera e Gli Andrii furono donati dal nipote di papa Gregorio XV Niccolò Ludovisi al re spagnolo Filippo IV.

 

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'Ritratto di Carlo V con il cane', 1533, Prado, Madrid

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'Ritratto di Carlo V con il cane', 1533, Prado, Madrid

Il primo incontro tra Tiziano e Carlo V avvenne a Bologna nel 1530 e in quell’occasione l’artista realizzò un ritratto dell’imperatore, oggi perduto. Qualche tempo dopo fu nominato “el pintor primero” e nel corso del lungo sodalizio con il sovrano ne realizzò una serie di ritratti di grande approfondimento psicologico. Questo è uno dei primi eseguiti, probabilmente il primo a figura intera. Carlo V è rappresentato riccamente abbigliato e con lo sguardo fiero. Con una mano accarezza un grosso cane, probabilmente Sampere, il suo favorito. Carlo V era stato già rappresentato con l’animale da un altro artista, Jakob Seisenegger, ma l’imperatore non apprezzò il dipinto e chiese quindi a Tiziano di farne uno nuovo, apportandovi delle modifiche.

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'Paolo III Farnese con i nipoti', 1545-1546, Galleria nazionale di Capodimonte, Napoli

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'Paolo III Farnese con i nipoti', 1545-1546, Galleria nazionale di Capodimonte, Napoli

Tiziano eseguì diversi ritratti del papa. In quest’opera, Paolo III è rappresentato anziano e stanco, seduto tra i due nipoti Alessandro (in piedi, in abiti cardinalizi) e Ottavio Farnese, duca di Parma. Il pontefice guarda con tono di rimprovero Ottavio, che si prostra davanti a lui con finta devozione. Alessandro, invece, ammicca verso lo spettatore, disinteressato a ciò che avviene tra i due. Il rosso domina in quest’opera, mettendo in mostra per contrasto i volti. In questa fase tarda della sua produzione Tiziano usava pennellate rapide e imprecise, lasciando sulla tela un colore pastoso che contribuisce a rendere l’atmosfera densa e a tratti cupa.

 

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'Pietà', 1576, Galleria dell’Accademia, Venezia

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'Pietà', 1576, Galleria dell’Accademia, Venezia

Tiziano progettò quest’opera per la propria tomba in una cappella della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, a Venezia. Le autorità conventuali però non erano d’accordo nel sostituire l'opera precedente con questa. Nacquero quindi dei disaccordi con Tiziano, che decise di interrompere i lavori per qualche tempo. Alla sua morte, però, la tela fu trovata ancora incompleta nella sua casa e alla fine venne completata dal pittore Palma il Giovane. La scena rappresenta una grande nicchia incorniciata da un portale in pietra e due grosse statue (raffiguranti Mosè e la Sibilla Ellespontica). Al centro della nicchia, la Madonna regge il corpo di Cristo morto, mentre la Maddalena si dispera e Nicodemo sostiene Gesù per un braccio. Tiziano dipinse un quadro all’interno del quadro: in basso all’estrema destra si trova un piccolo dipinto raffigurante lui e il figlio Orazio in preghiera davanti alla Vergine. In quel momento la città era devastata dalla peste e probabilmente i due si erano così affidati alla protezione di Maria. Purtroppo Orazio morì di peste e poco dopo morì anche Tiziano, anche se forse non per il morbo.

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