Panda è una parola dall’etimologia incerta che, inevitabilmente, ci riporta al piccolo tenero orso bianco e nero, simbolo del WWF e storico animale totem in cui si identifica l’intera Cina.
Detto anche più specificamente “Ailurus fulgens”, il panda è un animale in forte estinzione, parte integrante della tradizione asiatica che lo vede legato al bambù ed icona molto in voga nel mondo moderno: dal tattoo alla filmografia (“Kung fu Panda” per esempio), dai gadgets più svariati ai libri per bimbi, ecc.
Questo dolcissimo mammifero bicolore è tra gli ursidi più amati e concepiti come innocui se messi in relazione agli orsi, seppur munito di denti che possono riuscire a triturare il metallo.
Panda: il simpatico orso del bambù
Panda che si nutre di bambù
Il panda è un animale molto conosciuto che vive nelle zone montuose del Sichuan, nelle foreste miti dell’Himalaya dove troviamo, innanzitutto. il panda minore o rosso, in Cina e nel Nepal.
Esso, nonostante sia annoverato tra i carnivori, si nutre prevalentemente di bambù. Non mangia carne ma, oltre alla pianta tipica cui è legato, può anche cibarsi di frutta, foglie, radici o insetti.
Si tratta di un animale storico, in quanto ha origini che risalgono a circa due o tre milioni di anni fa e, al mondo, attualmente se ne contano circa duemila: gli esemplari in Europa sono nove, tra lo zoo di Vienna, Madrid, Edimburgo, Francia e Belgio.
In casi di pericolo e riposo, il simpatico orso bianco e nero si mimetizza salendo sugli alberi, dove le parti scure della vellutata e morbida pelliccia si confondono con il tronco.
E’ una creatura solitaria e alquanto pacifica che, nell’immaginario collettivo del popolo cinese, rappresenta la capacità di vivere in modo anticonformista, oltre le leggi comuni, emblema di autonomia, forza e perseveranza. Alcune tribù native dell’Asia lo venerano come portatore di purezza e fertilità che stimolerebbe i sogni, i viaggi astrali e il fantasticare cosciente, rinvigorendo l’anima di cui si fa guida.
Fu Peter Scott, pittore naturalista, a sceglierlo come protagonista-simbolo del logo del World Wildlife Fund poiché animale a rischio di estinzione oltre che tenero, dolcissimo e simpatico “tesoro nazionale” cinese.
Il panda vive su rocce sporgenti o all’interno di tronchi vuoti, nei quali crea con intelligenza amorevole giacigli di bambù e non va in letargo.
A contribuire alla scomparsa sono state le deforestazioni e il bracconaggio, motivi per cui il governo cinese si è attivato per creare riserve di protezione.
I giovani panda, nati in cattività e non abituati ad essere liberi, devono trovare subito del cibo e molti tentativi di liberarli si sono conclusi con il loro decesso per fame.
Il panda gigante è una creatura tranquilla, amichevole, dal portamento flemmatico che non attacca nè l’uomo nè altri animali se non per difendere i suoi cuccioli.
Nel passato ha incarnato il senso dell’amicizia, della diplomazia e delle buone relazioni, tanto che la Cina li donava come simbolo diplomatico tra le Nazioni appunto, finchè nel 1984 fu ratificato un trattato che li dichiarava patrimonio cinese e, come tali, non più donati ma “dati in noleggio” agli zoo mondiali dietro pagamento al WWF.
Panda: animale leggendario
Panda sulle monete cinesi
Un’antica leggenda del Tibet vuole che tale specie sia bianca e con le macchie nere poiché una bambina avrebbe salvato un panda dalle grinfie dei cacciatori offrendo la sua vita. Come simbolo luttuoso, gli animali si sarebbero dipinti di nero le zampe e, nel piangere ed abbracciarsi, si sarebbero colorate anche tutte le altre parti del corpo in cui sono neri.
Tra i vari racconti sul panda, il più noto è quello legato alla ciotola di riso: essa narra la vicenda di una coppia, senza figli, che abitava nella periferia del villaggio, in una casa sulle rive del fiume.
Non avendo un erede, la moglie era preoccupata per la loro vecchiaia ma, il marito, che era un bravo artigiano abile nel costruire canne da pesca, cercò di rassicurarla prima di andare al mercato.
In sua assenza, alla porta bussò un grosso panda con in testa un cappello di paglia e una ciotola di riso che mangiava con le tipiche bacchette di legno. Chiese dell’uomo ma la donna gli rispose che era al mercato. Il panda, pur essendosi messo in cammino, avendo la caratteristica della lentezza e del non possedere un grande orientamento, giunse al mercato e non trovò l’uomo a cui era indirizzata la sua missione.
Tornò indietro ripercorrendo lo stesso tragitto più volte all’infinito, senza mai riuscire ad incontrarsi nel posto stabilito dal destino. Gli abitanti del borgo, i quali assistevano quotidianamente al passaggio dell’animale con il riso in mano, gli attribuirono il valore di portatore di prosperità, quella stessa fertilità che, nel caso dei due sposi, non riusciva ad attecchire per il concepimento di un bambino tanto desiderato ma mai arrivato.
Infine, altro racconto popolare, più residuale, è quello di “Bambùlandia” dove si narra dell’antico regno asiatico come un mondo felice e fantastico governato da re Panda e regina Nicole, attaccato da un drago malefico, il quale una notte rapì la sovrana.
Il Panda si sarebbe recato al castello della belva sorvegliato da due serpenti giganti aventi la capacità di pietrificare con lo sguardo chiunque vi si trovasse dinanzi.
Il re, con furbizia, grazie ad uno specchio riuscì a sfuggire al sortilegio dei due guardiani, facendo in modo che si auto-pietrificassero e, dopo aver ucciso il drago, liberò sua moglie.
Pasqualina Giusto
Sitografia:
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