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Nel deserto occidentale dell'Egitto, lontano dalla valle del Nilo, sorgono alcune oasi che dai tempi dei faraoni furono considerate dei piccoli angoli di paradiso con una grande importanza strategica


Un tempo lo sterminato territorio occupato dal deserto del Sahara non era la landa desolata e inospitale che oggi conosciamo, ma una prateria con sorgenti, fiumi e laghi nella quale vivevano forme animali oggi scomparse e si erano insediati diversi gruppi umani. Alcuni studi hanno dimostrato che circa 12.000 anni fa, tra la fine del Pleistocene e l’inizio dell’Olocene, i corsi d’acqua erano abbondanti per il clima umido della regione. La località di Nabta Playa, situata nella Nubia egiziana a un centinaio di chilometri da Abu Simbel, dove si trova il famoso tempio di Ramses II (circa 1279-1212 a.C.), è una testimonianza preziosa dell’aspetto del territorio e dell’insediamento di gruppi nomadi di cacciatori-raccoglitori durante il Neolitico. Nel tempo però la regione subì forti mutamenti climatici e si trasformò nel deserto più arido del pianeta.

Situata a 350 chilometri dalla valle del Nilo, Dakhla è una delle cinque oasi del deserto occidentale dell’Egitto

Situata a 350 chilometri dalla valle del Nilo, Dakhla è una delle cinque oasi del deserto occidentale dell’Egitto

Foto: C. Sappa / DEA / Age Fotostock

   

In seguito alla desertificazione del territorio alcuni di questi gruppi – da cui probabilmente discende la prima civiltà faraonica – si stabilirono sulle sponde fertili del Nilo. I laghi della savana, che si trovavano in alcune depressioni del deserto occidentale fra Libia, Egitto e Sudan, si seccarono nelle fasi aride della storia del clima sahariano, ma il sottosuolo rimase ricco di acque sotterranee, conservate per millenni dall’azione delle sabbie e dalla particolare geomorfologia.

Le popolazioni locali riuscirono a portare l’acqua in superficie scavando dei pozzi e dando origine alle oasi egizie. Tra le cinque più importanti, distribuite in un vasto territorio da nord a sud, vi è Siwa, la più settentrionale, alla quale si aggiungono Bahariya, Farafra, Dakhla e Kharga. Quest'ultima è la più ampia. Chiamata oasi magna nell’antichità, ospita una serie di villaggi nei quali vivono oggi circa 100.000 persone in un’estensione di circa 3000 km, mentre la più piccola è Farafra, circa 500 km a sudovest dal Cairo, nel Deserto Bianco, che conta una popolazione di appena 5000 abitanti.

Sarenput II. Affresco nella sua tomba a qubbet el-Hawa (Elefantina). XII dinastia

Sarenput II. Affresco nella sua tomba a qubbet el-Hawa (Elefantina). XII dinastia

Foto: J. M. Parra

Situate in pieno desheret, la terra rossa, le oasi erano lembi di terra fertile in mezzo allo sconfinato territorio arido e desertico che circondava il Nilo; per tale ragione erano considerate dagli egizi quasi come territorio “straniero”. Ciononostante, le due più meridionali avevano sempre fatto parte della giurisdizione del faraone. Dakhla e Kharga furono importanti centri di passaggio delle spedizioni regie verso il sud dell’Africa in cerca di beni di lusso. A Siwa, Bahariya e Farafra non sono state rinvenute vestigia faraoniche precedenti alla XXVI dinastia. Queste tre oasi si trovarono al centro del territorio occupato da tribù libiche, che durante la XVIII dinastia furono integrate nell’amministrazione egizia.

Dinastie di nomarchi nelle oasi

Già a partire dal Medio Regno i faraoni si resero conto che era necessario controllare questi luoghi nel deserto, poiché erano i passaggi obbligati per le carovane. Le oasi furono affidate, in origine, al nomarca – stratego con poteri civili e militari – della provincia di Abido. Ma all’epoca di Tuthmosis III (1490-1436 a.C.) avevano già i propri governatori e dopo alcune generazioni questa carica fu ereditata dai discendenti nati nei territori che governarono. Furono costruite città e fortezze, ma anche lussuose tombe per i funzionari di questi territori. La decorazione della tomba tebana di Puyemre, sacerdote di Amon all’epoca di Tuthmosis III, ci offre alcune testimonianze riguardanti il controllo amministrativo esercitato dal faraone sulle oasi del deserto.

Il deserto bianco si estende tra le oasi di Bahariya e di Farafra; questo deserto è caratterizzato da formazioni di pietra calcarea bianca, costituitesi dopo il ritiro di laghi e paludi della savana

Il deserto bianco si estende tra le oasi di Bahariya e di Farafra; questo deserto è caratterizzato da formazioni di pietra calcarea bianca, costituitesi dopo il ritiro di laghi e paludi della savana

Foto: Ritterbach / Fototeca 9x12

Nonostante l’assenza di resti archeologici, non c’è dubbio che ci furono contatti tra queste fertili zone e la valle del Nilo, come dimostrano alcuni testi. La prima volta che l’oasi di Farafra fu menzionata in testi egizi è in una delle opere cardine della letteratura antica in prosa,Storia del contadino eloquente, che narra le vicende di un contadino derubato dei suoi asini e dei beni che trasportava mentre si dirigeva al mercato e della sua richiesta di giustizia al sovrano. Tra i prodotti che questo personaggio portò a casa ci sono “le canne di Farafra”, un tipo particolare di canna presente nell’oasi che veniva utilizzata per la costruzione di mobili o canne da pesca. Gli abitanti delle oasi, infatti, si dedicavano quasi esclusivamente al commercio e al controllo delle carovane; alcune tribù del deserto libico svolgevano attività di polizia, poiché oltre a tribù nomadi da cui le popolazioni di queste aree dovevano difendersi, nel deserto vi erano anche ladri, attirati dalle merci che viaggiavano lungo le rotte carovaniere.

Il controllo delle frontiere

L’importanza rivestita dalle oasi egizie riguardava non solo l’aspetto commerciale, ma anche il ruolo strategico di queste enclavi, soprattutto nel Secondo Periodo Intermedio (1786-1633 a.C.), epoca nella quale i popoli degli hyksos – tribù asiatiche che si stabilirono nelle regioni orientali del Delta – fondarono la città di Avaris (attuale Tell El-Daba) e assunsero il potere nel nord dell’Egitto. La dominazione straniera creò due dinastie asiatiche (XV-XVI), ma a partire dalla XVII dinastia i principi di Tebe riuscirono a estendere nuovamente il proprio potere fino a Elefantina e si scontrarono con gli invasori per riprendere il controllo del territorio. Vari documenti, quali due stele di Karnak e la tavoletta Carnarvon, testimoniano il ruolo attivo delle oasi nella lotta che vide opporsi il re tebano Kamose (1555-1550 a.C.) e il principe hyksos Apope o Apophis. Dopo aver lanciato un attacco contro la Nubia, Kamose decise di continuare la guerra contro gli hyksos iniziata probabilmente dal suo predecessore, Seqenenra-Tao, la cui mummia presenta ferite che fanno pensare a una morte sul campo di battaglia. In seguito a una prima sconfitta, gli eserciti hyksos si ritirarono fino al Delta nella capitale Avaris, inseguiti dai tebani.

A 200 chilometri a ovest della Valle del Nilo si trova l’oasi di Kharga. Nella città principale, Hebit, fu costruito un tempio dedicato ad Amon-Ra (XXVI dinastia)

A 200 chilometri a ovest della Valle del Nilo si trova l’oasi di Kharga. Nella città principale, Hebit, fu costruito un tempio dedicato ad Amon-Ra (XXVI dinastia)

Foto: Kenneth Garrett

   

Le ostilità continuarono sotto il regno del fratello di Kamose e probabile coreggente, Ahmose (1555-1525 a.C.): egli combatté nella regione del Delta conquistando Eliopoli e assediò per lungo tempo Avaris. Il principe hyksos decise di inviare una richiesta di aiuto al re della Nubia per coinvolgerlo nella battaglia. Ma il messaggio fu intercettato a sud dell’oasi sulla strada che conduce al regno di Kush, una regione a sud dell’Alto Egitto.

Nonostante il controllo che il Paese del Nilo esercitò sulle oasi del nord durante il Nuovo Regno, in epoche di crisi della potenza faraonica era molto difficoltoso governare queste aree. Proprio durante il Nuovo Regno i tehenu – o temehu, le popolazioni berbere che gli egizi identificavano con i nubiani – cercarono di raggiungere la fertile e ricca valle del Nilo. Non è certo se volessero saccheggiare il territorio o stabilirvisi; sia il faraone Merneptah (XIX dinastia) sia Ramses III (1197-1165 a. C.) dovettero scontrarsi con i popoli del mare che tentarono di penetrare in Egitto dall’Asia e dalla Libia e con i nubiani. È molto probabile che le oasi egizie di Bahariya e Farafra fossero, quindi, utilizzate come basi di difesa.

Le oasi del sud furono sempre molto popolose perché le rotte carovaniere che conducevano in Africa centrale non smisero mai di essere attive e dunque in questi luoghi si può riscontrare una presenza faraonica precoce. Una di queste rotte si addentrava nel deserto a partire dalla regione vicina ad Abido, sulla riva sinistra del Nilo, da cui si giungeva all’oasi di Kharga. Da qui partiva un’importante via commerciale verso il sud attraverso il Medio Egitto che lo storico greco Erodoto definì “la via dei quaranta giorni”, che in arabo è Darb el-Arbain, e terminava all’oasi di Selima, in pieno deserto nubiano, all’altezza di Kerma (Sudan). Da Kharga, un’altra via partiva verso nordest per collegarsi all’oasi di Dakhla. I ritrovamenti nel sito di Ayn Asil, sede amministrativa del governatore, mostrano che l’oasi potrebbe avere avuto la sua massima estensione alla fine della VI dinastia, durante il regno di Pepi II. Da recenti scavi si è potuto notare che si trattava di un piccolo centro fortificato al cui interno vissero gli amministratori faraonici, sepolti poi in grandi mastabe che si trovano nell’adiacente necropoli di Qila el-Dabba.



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Carovane nel deserto

L’autobiografia di Herkhuf, un nomarca di alto rango della fine dell’Antico Regno che lavorò presso la corte dei faraoni della VI dinastia (2322-2191 a.C.), mostra nella sua narrazione storica l’utilizzo dei percorsi carovanieri delle oasi da parte degli egizi. Herkhuf era un esploratore e quando Pepi II lo incaricò d'incamminarsi nel deserto verso la Nubia, egli era già esperto in grandi spedizioni. Ci sono pervenuti due racconti importanti riguardanti i suoi viaggi: lungo il percorso a sud, Herkhuf incontrò il governatore di uno Stato africano – forse Amam, una terra non ben identificata a sud dell’Egitto – che percorreva la strada al contrario diretto a nord ed era intenzionato a distruggere una tribù libica. Il funzionario egizio riuscì a calmare lo straniero, che lo condusse con sé nella sua terra, dove gli egizi rimasero per mesi raccogliendo tanti prodotti. Al ritorno, quando raggiunse di nuovo il Nilo, Herkhuf trovò ad accoglierlo una flotta di benvenuto inviata dal re Pepi II, che allora era un bambino, incantato di fronte alle meraviglie che il suo funzionario aveva portato con sé. Nel corso di un altro viaggio, Herkhuf portò in dono al suo sovrano un nano, probabilmente un pigmeo, che è descritto come un ballerino. Prima di condurlo in Egitto, l’esploratore scrisse al faraone una lettera per informarlo del nano e il testo di questa missiva è stato poi inciso sulla parete della sua tomba rupestre, che si trova nei pressi della località di Assuan.

Rilievo del tempio di Amon a Hebit, nell'oasi di Kharga. Rappresenta il dio Anuni che officia una cerimonia sulla mummia di Osiride​

Rilievo del tempio di Amon a Hebit, nell'oasi di Kharga. Rappresenta il dio Anuni che officia una cerimonia sulla mummia di Osiride​

Foto: Kenneth Garrett / NGS

Alcuni faraoni si resero conto che le oasi, data la loro distanza dalla corte, erano il luogo ideale per esiliare i nemici e liberarsi della loro presenza senza dover ricorrere alla pena capitale. È quanto accadde ai tempi della XXI dinastia, quando Pinedjem I, profeta di Amon a Tebe, fu esiliato nell’oasi di Kharga. Testimonianza dell’esilio si ritrova nella cosiddetta stele dell’esilio, eretta nei pressi del chiosco di Taharqa (XXV dinastia) dal gran sacerdote di Amon Menkheperra: il dio Amon è raffigurato davanti al suo tempio mentre è intento ad ascoltare la supplica del sacerdote in favore degli esuli delle oasi egizie.

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