cultură şi spiritualitate
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Sylvain Bellenger lo aveva detto al primo mandato di direttore di Capodimonte: le buone rassegne sono pretesti per riordinare e rimettere in moto segmenti di un museo.
Da anni ci si lamenta che i musei sono deserti e le mostre affollate. Certo, dal museo alla mostra Caravaggio rimane Caravaggio: ma in un museo, chissà perché, è meno Caravaggio che in un’esposizione, dove a quanto pare acquista titoli e medaglie.
Anche per questo, d’intesa con il direttore, ci siamo sforzati d’intercettare un punto d’unione tra Museo e mostra. Il progetto mira a fare la mostra del museo, a mettere il museo in mostra, dando un salutare scrollone a un allestimento che secondo i pareri raccolti non rispondeva alle mutate esigenze di gusto e fruizione delle opere d’arte.
Molti accoppiamenti si riveleranno sollecitanti o fuorvianti. Dipende. Il visitatore è invitato a dire la sua: i nuovi nessi non mancano. Basteranno Passione e Curiosità (rigorosamente in maiuscolo) ad allontanare quella soggezione e stanchezza che secondo il soprintendente alle Galleria della Campania Bruno Molajoli, che inventò Capodimonte negli anni del neorealismo, allontanano il pubblico dai musei!
Ma, piaccia o meno, sui confronti ci giochiamo la faccia. La mostra sarà insomma la proposta di un allestimento. Con «Oltre Caravaggio. Nuove luci a Capodimonte. Il Seicento e Settecento», la maggior pinacoteca dell’Italia meridionale espone il proprio racconto, la propria versione di oltre un secolo di pittura tra gli eroici furori della stagione caravaggesca, l’arrivo di Ribera e il decollo del barocco vernacolare di Preti e Giordano.
Com’è sempre successo a Napoli fin dai tempi degli svevi e degli angioini, le parlate indigene si mescolano e si arricchiscono degli apporti allogeni. Per questo il film dell’arte napoletana è soprattutto quello dell’arte a Napoli, tra emiliani, francesi, spagnoli e toscani. Tutti vanno e vengono come da buona tradizione di un porto di mare, d’altronde gli artisti hanno sempre viaggiato più di quanto non faccia comodo pensare a noi storici d’arte. Tutti si guardano e si confrontano senza differenza o gerarchia di generi.
Una testa di caprone di Ribera occhieggia un teschio su cui prega san Gerolamo. Il film ideale che comincia con la «Flagellazione» di san Domenico Maggiore del Caravaggio si srotola lungo 250 anni di grande e meno grande storia locale.
La Napoli dei soggiorni del Caravaggio è una colonia della corona di Madrid, oltreché che una tra le più popolose città dell’Europa seicentesca. Provano a dirigerla, tra disagi di ogni genere, gli autentici luogotenenti dei sovrani spagnoli: i viceré. Nel corso del secolo la città è attraversata da catastrofi e morbi, dall’eruzione del 1631 alla peste del ’56; né mancheranno sedizioni più o meno gravi, prima fra tutte l’effimero tentativo di governo di Masaniello pescatore.
Al principio del secolo la dominazione austriaca tocca Napoli per un interludio. Ma è dal 1734 al ’99 che l’avvento della dinastia borbonica riporta la città, forse per l’ultima volta, nei ranghi di una capitale di respiro sovranazionale. Sono gli anni dell’edificazione di Capodimonte e a venti chilometri della Reggia di Caserta, mentre nello spazio di una decade riemergevano le città sepolte di Ercolano e Pompei, dando luogo a una vera e propria Antico mania.
Le forche dei martiri del ’99 aprirono la strada al passaggio dei napoleonidi e alla, peraltro mesta, restaurazione borbonica. Passaggi di tempo e di mano ben documentati negli appartamenti storici del Museo. L’ultima sala con Cammarano, Morelli e Palizzi intercetta le stagioni dell’Italia unita, quando ormai, dal 1861, Napoli scade a centro periferico estraneo alla grande cultura moderna.
Nel percorso ideato da chi scrive e da Patrizia Piscitello, i quadri di tre secoli si mescolano alle sculture e agli oggetti come avveniva nei palazzi patrizi della città e dei contorni. Il Museo è in mostra. La mostra è nel museo. Benvenuti a tutti!
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Creat de altmariusclassic Dec 23, 2020 at 11:45am. Actualizat ultima dată de altmariusclassic Ian 24, 2021.
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