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cultură şi spiritualitate

Il verbo navigare definisce il trasferimento di un natante dal porto di partenza ad un altro di prestabilita destinazione, separati in genere da una distesa di mare più o meno ampia.

https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/01/1_qumran-300x253.png 300w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 768w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 600w" sizes="(max-width: 387px) 100vw, 387px" /> Il reperto di Qumran, una meridiana orizzontale utilizzata forse come bussola solare

Analogo discorso per il trasferimento nel deserto, anch’esso privo di riferimenti e di acqua potabile, per cui non caso il dromedario se ne reputò la nave.

Indispensabili per attraversare ambedue quelle ampie ed omogene superfici terrestri una approfondita conoscenza astronomica o uno strumento in grado d’indicare sempre una precisa direzione. Dell’esistenza di qualcosa del genere, significativamente, se ne trova menzione in Plinio: fu forse una antesignana bussola pelasgica, o solare, da lui così menzionata:

unum a Pelusio per harenas, in quo, nisi calami defixi regant, via non reperitur, subinde aura vestigia operiente [N.H. VI, 167]

ovvero:

il primo [itinerario] da Pelusio [città dell’Egitto, sul Delta del Nilo] attraverso le sabbie, in cui la direzione non si ravvisa senza le cannucce infisse, poiché il vento presto cancella ogni orma.

Dette cannucce venivano infisse al centro di una pinax, una sorta di piatto con indicate la quattro direzioni fondamentali, sulla quale proiettavano la loro ombra.
Di un probabile strumento del genere l‘archeologia ci ha restituito alcuni esemplari, e fra questi uno in particolare rinvenuto nelle grotte di Qumran, presso il mar Morto.

La sua forma concava, scandita dall’incisione di un alloggiamento centrale per lo gnomone, di cerchi ad esso concentrici e di numerose tacche sul bordo a distanza pressoché regolare fra loro, va ascritta alla necessità di mantenere quella sorta di ciotola perfettamente orizzontale. Condizione questa indispensabile per ricavarne una corretta lettura, conseguita col suo parziale riempimento con del vino rosso. Pertanto quando il liquido scuro lambiva l’intera circonferenza di uno dei cerchi interni lo strumento si confermava in bolla e perciò in grado di fornire i suoi dati.

https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/01/2-3-4-300x105.png 300w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 768w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 1536w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 600w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 1653w" sizes="(max-width: 1024px) 100vw, 1024px" /> Da sinistra a destra: Ricostruzione della bussola solare in base al reperto di Qumran, realizzata dall’autore per l’effimero Museo della Bussola di Amalfi – La stessa ricostruzione in foto obliqua – La messa in bolla con del vino rosso

In definitiva una piccola meridiana orizzontale in cui l’ombra proiettata da un piccolo gnomone verticale allorquando diventa la più corta della giornata, nell’emisfero settentrionale indica con assoluta precisione le ore 12 nonché l’esatto nord geografico. Prestazione che con adeguati adattamenti, ottenuti mediante le menzionate tacche, si poteva estendere dall’alba al tramonto trasformando il dispositivo in una bussola vera e propria.
Che poi la bussola appena descritta fosse tutt’altro che rudimentale, lo conferma la sua adozione oltre che sulle camionette del Longe Range Desert Group, operanti nel deserto libico durante la Seconda guerra mondiale, soprattutto sui rover che scorrazzando da anni sulla superfice di Marte continuano ad inviarci spettacolari foto panoramiche.

https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/01/55-300x192.png 300w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 600w" sizes="(max-width: 436px) 100vw, 436px" /> Una camionetta del Long Range Desert Group: sul cruscotto evidenziato il piatto della bussola solare – Un rover in movimento su Marte: a prua il dettaglio della sua bussola solare

La pixidis nautica Ma l’attraversamento di una distesa marina o desertica non può ritenersi una vera navigazione mancandogli la facoltà di dirigersi verso una prestabilita destinazione, come avverrà soltanto dopo la seconda metà del XIII secolo, in conseguenza della comparsa della pixidis nautica basata sull’impiego dell’ago magnetizzato.

Il criterio informatore risale, infatti, agli inizi dello stesso secolo e consisteva in un rudimentale dispositivo nel quale un ago magnetizzato, fatto galleggiare sull’acqua di un vaso, si orientava sempre verso il nord. Ad onta del suo farraginoso utilizzo per la prima volta si riuscì a bordo di una nave a stabilire, con il cielo coperto, la direzione del nord.

Sfruttando l’idea Pierre Pelerin de Maricourt, più noto come Petrus Peregrinus, ingegnere francese all’assedio di Lucera, nel 1268 ne razionalizzò il funzionamento fissando l’ago a un perno che, posto tra due sedi dentro una scatola cilindrica di vetro, poteva liberamente orientarsi. Sul coperchio vi tracciò un intero goniometro, facendone coincidere il centro con l’asse del perno, e con quello di una sovrastante diottra, per agevolare la stima dell’angolo formato dalla direttrice di navigazione con il nord. Esordì così la pixidis nautica il cui impiego pur fornendo indubbio apporto alla marineria, si confermò ancora troppo aleatorio e macchinoso per risultare di agevole consultazione per il nocchiero, con la nave scossa da rollio e beccheggio.

https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/01/6-7-8-300x112.png 300w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 768w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 600w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 1521w" sizes="(max-width: 1024px) 100vw, 1024px" /> Ricostruzione artistica dell’autore della pixidis nautica, realizzata per l’effimero Museo della Bussola di Amalfi – Vista dall’alto – In foto obliqua

Il perfezionamento più importante e rivoluzionario avvenne, però, di lì a breve nel territorio di Amalfi, miglioria che diede allo strumento, oltre alla sua veste definitiva rimasta da allora sostanzialmente immutata, anche lo stesso nome di bussola.

Erroneamente se ne attribuì l’invenzione a un tal Flavio Gioia personaggio mai esistito ma creato, come da valenti studiosi è stato ormai ampiamente dimostrato, dall’aver scambiato Flavio Biondo, autore di un saggio sulla bussola, col supposto inventore della stessa.

In realtà un Giovanni Gioia, di Ravello o di Positano, sembrerebbe avere avuto un concreto ruolo nella vicenda, perfezionando la pixidis nautica prima del 1300, se non pure prima del 1269. Essendo la sua famiglia ritenuta originaria della Puglia, potrebbe darsi che proprio ad Amalfi abbia migliorato il rozzo strumento di Petrus Peregrinus.

Di certo è fuori di dubbio che proprio nel ducato di Amalfi venne applicato sull’ago magnetico della pixidis un disco di carta con sopra effigiata una rosa dei venti a otto punte, una ogni 45°, non a caso analoga alla croce d’Amalfi e dei suoi Cavalieri Ospitalieri, più tardi di Malta.

Dall’alto verso il basso: La rosa dei venti – Ricostruzione artistica dellautore di una bussola con rosa dei venti (Effimero Museo della Bussola di Amalfi) – Con sospensione a turibolo – Vista dall’alto

A farne fede i nomi dei venti della rosa, tutti di matrice arabo-bizantina, tranne uno il principale: la Tramontana. Spirando verso Amalfi dalla sua frazione settentrionale di Tramonti, da questa trasse il nome e, contraddistinto sulla rosa con un giglio forse in ossequio al sovrano angioino, indicò il Nord.

Presto le punte della rosa si moltiplicarono in modo di renderne sempre più stringente la lettura dell’angolo sotteso. La scatola, a sua volta, divenne un bossolo di legno, da cui il nome, chiuso da un semplice coperchio di vetro munito di una linea di fede, all’interno del quale poteva liberamente ruotare il disco della rosa trascinato dall’ago magnetico. Lo strumento, dopo una iniziale sospensione simile a un turibolo, venne collocato su di un apposito giunto cardanico, per cui mediante un adeguato peso poteva mantenere il quadrante sempre orizzontale, nonostante le incessanti oscillazioni della nave. La bussola assurse da allora a basilare strumento dell’andar per l’alto mare aperto, consentendo inoltre, novità rivoluzionaria la formazione di accurate carte nautiche, premessa della navigazione strumentale.

La navigazione strumentale Le prime carte nautiche comparvero sul finire del XIII, pochi anni dopo il rapido diffondersi della bussola amalfitana che, indubbiamente, le suggerì. Disegnate su pelli ovine debitamente conciate, sovrappongono ad una mappa con meridiani, paralleli e non di rado con una rosa dei venti per il corretto orientamento, una serie di segmenti obliqui che collegano fra loro due distinti e distanti punti della stessa, nella realtà costituiti da altrettante località.

Ogni segmento ha una inclinazione diversa che non va, tuttavia, letta soltanto come risultante della congiungente degli anzidetti punti, ma come precisa indicazione goniometrica a cui attenersi in navigazione per attingere la destinazione, ovviamente avvalendosi della rosa della bussola. In quelle antesignane carte nautiche l’angolo formato dal segmento obliquo prescelto con la direttrice nord-sud, data dall’orientamento dei bordi superiore/inferiore, dalla traccia dei meridiani o dalle indicazioni della rosa, stabiliva l’angolo della rotta da mantenere in navigazione tramite l’indicazione fornita dalla rosa della bussola.

In pratica ravvisato sulla mappa il porto di partenza e quello di destinazione se ne individuava o disegnava sulla stessa la relativa rotta, e ricavatane l’inclinazione con un goniometro si intraprendeva la navigazione. L’avanzamento della nave avveniva tenendone sempre l’asse prua-poppa coincidente col suddetto angolo, ovvero con la rotta ricavata dalla mappa, avvalendosi di una apposita linea di fede incisa sulla calotta trasparente della bussola.

L’angolo cartografico e quello reale compreso tra la direttrice nord dell’ago magnetico e quella di navigazione, indicata dalla rosa, dovevano essere perciò uguali, condizione necessaria ma non ancora sufficiente per la certezza di raggiungere la destinazione prestabilita.

Quanto, infatti, sia pur brevemente accennato in teoria non teneva in alcun conto la deriva, o scarroccio, provocata alla nave dai venti e dalle correnti laterali, che la bussola non poteva registrare. Scarroccio che nella propulsione a vela risultava molto maggiore di quella a remi, che tuttavia non ne era affatto esente. Se ne accertava l’entità utilizzando un solcometro, una lunga fune con nodi posti a distanza regolare e una clessidra, valutando così la velocità della nave dal numero dei nodi riscontrati nel tempo di esaurimento della clessidra.

Con tutte le intuibili e peraltro ineliminabili approssimazioni, si otteneva così la percorrenza della giornata che, riportata sulla rotta, avrebbe dovuto farla intersecare con un particolare parallelo, tracciato sulla carta e agevole da determinare con l’astrolabio. Dall’eventuale scostamento ne scaturivano varie correzioni apportate alla rotta originale, operazioni che costituirono nel loro insieme i prodromi della navigazione strumentale.

Flavio Russo

https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/01/14-15-16-300x68.png 300w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 768w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 1536w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 600w, https://www.festivaldelmedioevo.it/portal/wp-content/uploads/2021/0... 1797w" sizes="(max-width: 1024px) 100vw, 1024px" /> Carta nautica pisana della seconda metà del XIII secolo – Altra carta nautica della fine del XIII secolo – Dettaglio della rosa dei venti riportata sulla stessa

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