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cultură şi spiritualitate

Le donne artiste 6. Le espressioniste tedesche Paula Becker e Gabriele Münter.

Autore: Giuseppe Nifosì  Pubblicato in Il Novecento: la stagione delle avanguardie – Data: Marzo 9, 2020 

https://www.artesvelata.it/donne-artiste-espressioniste-tedesche/

In un mondo che stava cambiando, il Novecento si aprì fra drammatiche contraddizioni. Artisti, letterati e intellettuali, consapevoli che nulla sarebbe più stato come prima, vollero dar voce a dubbi, speranze, angosce, entusiasmi di una società piuttosto disorientata. Le espressioniste tedesche

Le cinque avanguardie

Nel campo dell’arte, in particolare, il travagliato esordio del XX secolo vide l’affermazione quasi contemporanea (1905-1911) di ben quattro movimenti artistici: Espressionismo, Cubismo, Futurismo e Astrattismo, accomunati dalla volontà di ricercare nuove strade e nuovi strumenti espressivi, di mettere in discussione secolari convinzioni estetiche, di contestare il principio che l’arte fosse prima di tutto una finestra aperta sul mondo.

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Ad essi si aggiunse, nel 1916, il Dadaismo, che si caratterizzò per i suoi aspetti provocatori e radicali. Questi cinque movimenti, per molti aspetti profondamente diversi fra loro, per esempio nelle rispettive posizioni nei confronti della guerra o della filosofia positivista, si definiscono Avanguardie storiche perché furono aspramente polemici nei confronti delle tradizioni consolidate oltre che oppositori dell’ordine sociale e culturale costituito. Il termine è desunto dal linguaggio militare: le “avanguardie”, in guerra, sono quelle unità di soldati che hanno il compito di precedere il resto dell’esercito in movimento e che quindi si espongono al nemico con spirito di sacrificio, quasi immolandosi.Le espressioniste tedesche


Paula Modersohn-Becker, Natura morta, 1906 ca. Tempera su tela, 31 x 37,2 cm. Collezione privata.

L’Espressionismo

Il primo dei movimenti a esordire fu l’Espressionismo; il termine non si riferisce direttamente a uno specifico movimento letterario, artistico, musicale o a un gruppo di artisti che vi aderirono ma intende definire, in generale, un fondamentale orientamento della storia culturale europea, collocabile tra il 1900 e il 1920 circa. Esso nacque come arte di opposizione, antipositivista, antinaturalista e anti-impressionista. Con la sua profonda forza di contestazione, infatti, questo articolato movimento culturale, che fu di sostanziale matrice simbolista (derivando dalla pittura di Gauguin, Van Gogh, Munch ed Ensor), si oppose non solo al decorativismo dell’Art Nouveau ma perfino all’Impressionismo, che considerava troppo disimpegnato, troppo poco polemico. Le espressioniste tedesche

Come ha scritto, alla fine del XX secolo, lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan, «letteralmente, espressione è il contrario di impressione. L’impressione è un moto dall’esterno all’interno: è la realtà (oggetto) che s’imprime nella coscienza (soggetto). L’espressione è un moto inverso, dall’interno all’esterno: è il soggetto che imprime di sé l’oggetto».


Gabriele Münter, Ritratto di Marianne von Werefkin, 1909. Olio su cartoncino, 81 x 54,8 cm. Monaco di Baviera, Städtische Galerie im Lenbachhaus und Kunstbau.

Gli impressionisti consideravano la realtà come qualcosa da guardare dall’esterno, solo con gli occhi e non con la propria anima. Secondo gli artisti dell’Espressionismo, invece, il “reale” era qualcosa di assolutamente, radicalmente soggettivo, qualcosa da vivere dall’interno del proprio essere. Osservò un teorico dell’Espressionismo, lo scrittore tedesco Kasimir Edschmid (1890-1966): «l’artista espressionista trasfigura tutto lo spazio. Egli non guarda: vede; non racconta: vive; non riproduce: ricrea; non trova: cerca. Al concatenarsi dei fatti – fabbriche, case, malattie, prostitute, gridi e fame – subentra il loro trasfigurarsi». Le espressioniste tedesche

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L’artista espressionista non “riproduce” la realtà, la “ricrea”. Ciò che raffigura è, sì, tratto dalla quotidianità ma viene trasformato, in un rapporto con la vita che è molto complesso e mediato dall’Io interiore. L’artista espressionista risponde solo a regole proprie e interne, ignorando quelle della logica e della ragionevolezza. L’arte, in tal modo, conferisce un senso nuovo alla realtà, perché consente di guardare oltre la verità apparente delle cose.


Gabriele Münter, La signorina Ellen sull’erba, 1934. Tessuto su supporto pittorico, 47,5 x 65 cm.

Paula Becker

Assai significativo fu il contributo fornito dalle donne artiste nell’ambito dell’Espressionismo tedesco. Paula Becker (1876-1907), nata a Dresda da una famiglia benestante e nota soprattutto come Paula Modersohn-Becker (avendo acquisito il cognome del marito, anch’egli artista), fu particolarmente attratta dal primitivismo e, in particolare, dalla pittura di Gauguin, che costituì il suo principale modello. Pittrice assai prolifica, nell’arco di appena 14 anni di attività (morì piuttosto giovane) dipinse prevalentemente figure femminili – ritratti, autoritratti, nudi – ma si dedicò anche al paesaggio e alla natura morta, sviluppando una sorta di espressionismo simbolico dal carattere fortemente evocativo e lirico. Le espressioniste tedesche


Paula Modersohn-Becker, Madre con bambino, 1903 ca. Olio su tela. Amburgo, Hamburger Kunsthalle.

Il suo mondo di riferimento fu sempre quello contadino, che con tutti i suoi valori e le sue credenze si manteneva custode di un senso della vita legato alla natura e fortemente connesso alla sfera del sacro. Le sue donne hanno un carattere arcaico e misterioso e a tale risultato concorrono i contorni marcati, i chiaroscuri semplificati, i colori densi e pastosi, gli sfondi sostanzialmente astratti. La carriera della Modersohn-Becker non fu coronata dal successo (vendette un solo dipinto mentre era ancora in vita); durante il Nazismo, il suo lavoro venne stigmatizzato come “arte degenerata” e, nel 1937, circa settanta quadri dell’artista vennero confiscati dai musei tedeschi.


Paula Modersohn-Becker, Autoritratto di fronte a un albero fiorito, 1902 ca. Olio e tempera su cartone, 33 x 45 cm. Dortmund, Museum Ostwal.

Gabriele Münter

La berlinese Gabriele Münter (1877-1962) studiò a Monaco, dove conobbe Kandinskij, di cui fu prima allieva e poi compagna (benché questi fosse sposato), per circa dodici anni. La Münter, anch’essa influenzata dalla pittura di Gauguin e Van Gogh e dalle prime esperienze del fauvismo francese, manifestò sempre uno spiccato interesse per i paesaggi, ottenuti con colori intensi e forme tendenzialmente appiattite. Nelle opere realizzate nella piccola città bavarese di Murnau, dove si rifugiò per sfuggire al caos delle metropoli moderne, ella espresse il desiderio di una dimensione esistenziale segnata da una profonda identità con la natura. Dal 1911, la Münter si trovò a condividere con Kandinskij e Marc le prime esperienze del Blaue Reiter, spinta dal desiderio comune di esprimere, tramite l’arte, verità spirituali. Da questa data, i suoi paesaggi si fecero progressivamente più astratti e lirici senza tuttavia mai giungere all’astrazione pura.

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Gabriele Münter, Vento e nuvole, 1910. Olio su cartone, 50 x 65 cm. Hannover, Sprengel Museum.

Con l’avvento del Nazismo, l’artista si vide costretta a nascondere le proprie opere. La Münter non si sentì mai veramente apprezzata dai suoi colleghi: «Nessuno ha riconosciuto il mio ruolo determinante… Tutti hanno visto in me la signora del gruppo. Che io dipingessi era un fatto secondario». «Agli occhi di molti sono stata solo un’appendice insignificante di Kandinsky. Che una donna possa avere un talento autonomo e sia un essere creativo, lo si dimentica volentieri».


Gabriele Münter, Willi Blab, 1908. Olio su cartoncino, 39,8 x 33,1 cm. Monaco di Baviera, Gabriele Münter-und Johannes Eichner-Stiftung.

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