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La stele di Rosetta ha svelato i segreti di antiche civiltà

Trovata in Egitto dalle forze conquistatrici di Napoleone, questa semplice lastra di pietra è stata la chiave che ha permesso di decodificare i geroglifici egiziani.

PUBBLICATO 28 LUG 2021, 10:13 CEST
Rosetta Stone

Nonostante sia solo un frammento di una lastra molto più grande, la stele di Rosetta riporta incisioni di lettere e simboli che hanno aiutato gli studiosi a decodificare il sistema di scrittura degli antichi egizi e quindi rivelare i tanti misteri di questa civiltà.

FOTOGRAFIA DI UNIVERSAL HISTORY ARCHIVE/UIG/BRIDGEMAN IMAGES

Gli uomini di Pierre-François Bouchard scoprirono l’antica lastra di pietra che avrebbe cambiato il mondo il 19 luglio 1799.

Non erano impegnati in uno scavo archeologico ma stavano realizzando un’opera edilizia dell’ultimo minuto: i soldati francesi avevano occupato un forte diroccato a Rosetta, in Egitto, e avevano solo due giorni per organizzare le proprie difese prima dello scontro con le truppe dell’impero ottomano.

Storia. L'Antico Egitto
STORIA. L'ANTICO EGITTO

Mentre distruggevano un muro costruito usando i detriti dei vicini siti degli antichi egizi, i soldati scoprirono un grosso frammento di pietra che riportava tre diversi tipi di scrittura, incluso il greco antico. Incuriosito, Bouchard si chiese se la scritta riportata sulla pietra fosse la stessa in tre lingue diverse. Mostrò il reperto agli studiosi francesi venuti in Egitto in cerca di tesori archeologici.

Quello che si trovarono tra le mani era molto più di quanto si aspettassero: quella lastra di pietra era la stele di Rosetta e le lettere e i simboli accuratamente incisi sulla sua scura superficie avrebbero fatto luce sulla gloriosa civiltà degli antichi egizi. Ma prima di tutto, i ricercatori dovevano decodificarne il linguaggio.

The Rosetta Stone. Ptolemaic era. 196 BC. Detail. Hieroglyphical scripture.

Gli studiosi hanno identificato la stele di Rosetta come risalente al 196 a.C. ovvero all’era tolemaica dell’Egitto. Le sue incisioni rappresentano un decreto in onore del faraone del tempo, Tolomèo V Epifane.

FOTOGRAFIA DI PRISMA ARCHIVO/ALAMY

Una dichiarazione di fedeltà

Alta circa 1,2 metri e larga quasi 800 cm, questa lastra di pietra simile al granito è solo una piccola parte di una stele più grande, i cui altri resti sono andati perduti. Anche se incompleto, il testo che riporta è di inestimabile valore: consiste in un decreto che afferma il culto reale di Tolomèo V Epifane, un re egizio salito al trono nel 204 a.C.

Al tempo, il regno tolemaico era in guerra e in più alle prese con una rivolta interna. Il decreto fu approvato da un consiglio di sacerdoti che lo usarono per onorare il faraone e dichiarargli la loro fedeltà. La stessa iscrizione è riportata in geroglifici tolemaici, in demotico e in greco antico. Steli riportanti lo stesso contenuto furono apposte in tutti i templi egiziani.

Studiosi conquistatori

Facciamo un salto in avanti nel tempo fino al 1798 quando Napoleone guidava le forze francesi alla conquista dell’Egitto che allora faceva parte dell’impero ottomano. Le forze conquistatrici comprendevano scienziati e storici che avanzavano anch’essi nel Paese per documentare i ritrovamenti. Gli egittologi raccolsero un gran numero di manufatti antichi che volevano portare in patria, inclusa la stele di Rosetta.

Ma anche gli inglesi miravano all’Egitto e nel 1801 prevalsero sulle truppe francesi. Ai francesi fu consentito di ritirarsi consegnando però la collezione di oggetti antichi che avevano raccolto. Così nel 1802 la stele di Rosetta raggiunse Londra dove fu subito esposta al British Museum.

Portrait of Jean François (Jean-Francois) Champollion

Il linguista e archeologo francese Jean-François Champollion iniziò a studiare le lingue antiche da ragazzo all’inizio del XIX secolo. La sua passione per l’antico Egitto portò a molte scoperte: dalla decodifica della stele di Rosetta all’approfondimento delle conoscenze sulla mummificazione.

FOTOGRAFIA DI ARTISTA SCONOSCIUTO TRAMITE BRIDGEMAN IMAGES

Il codice della stele di Rosetta

Ma la stele non aveva solo un valore estetico. Da tempo gli studiosi si interrogavano sul significato dei segni figurativi – noti come geroglifici – ritrovati su antiche lastre egiziane. Siccome la stele di Rosetta riportava lo stesso contenuto in tre diversi linguaggi, gli studiosi pensarono che potesse aiutarli a decodificare quell’annoso mistero.

Partì una gara internazionale per tradurre la stele di Rosetta. Parteciparono studiosi di tutta Europa ma i contributi più importanti furono quelli di Francia e Inghilterra.

Thomas Young, erudito britannico noto principalmente per i suoi contributi scientifici, si approcciò alla questione trattandola come un problema matematico. Dopo aver tradotto il greco antico prese molti appunti sui geroglifici e tentò sistematicamente di associarli alla rispettiva traduzione. Confrontò inoltre i geroglifici con quelli presenti su altri oggetti e statue. Young riuscì a identificare i fonemi rappresentati da alcuni segni, a individuare alcuni caratteri e a ricostruire il modo in cui si formava il plurale delle parole.

The god Re

Dopo aver decodificato la stele di Rosetta, Jean-François Champollion pubblicò una raccolta delle figure mitologiche più usate nei geroglifici degli antichi egizi. Queste includevano Ra, il dio del sole.

FOTOGRAFIA DI JEAN-FRANCOIS CHAMPOLLION VIA BRIDGEMAN IMAGES
The goddess Isis

Dopo aver decodificato la stele di Rosetta, Jean-François Champollion pubblicò una raccolta delle figure mitologiche più usate nei geroglifici degli antichi egizi. Queste includevano anche sua figlia, la dea Saté.

FOTOGRAFIA DI JEAN-FRANCOIS CHAMPOLLION VIA BRIDGEMAN IMAGES

Ma fu Jean-François Champollion, un francese che è passato alla storia come il fondatore dell’egittologia, colui che finalmente svelò il codice nel 1822. Diversamente da Young, che non aveva esperienza nel campo del linguaggio egizio, Champollion parlava fluentemente il copto e conosceva approfonditamente l’Egitto. Egli scoprì che il demotico, il terzo sistema di scrittura presente sulla stele, era organizzato in sillabe e che i geroglifici rappresentavano suoni in copto.

Fu la svolta. È rimasta famosa la scena di Champollion che irruppe nell’ufficio del fratello gridando “Je tiens mon affair!” (“Ce l’ho fatta!”), per poi svenire e riprendersi solo cinque giorni dopo.

L’eredità della stele di Rosetta

Champollion usò la stele per creare un alfabeto di caratteri geroglifici fonetici poi altri studiosi si basarono sulla sua ricerca per la traduzione completa della stele. Il lavoro dell’egittologo francese fu poi convalidato dalla scoperta e dalla traduzione del Decreto di Canopo, un’altra stele scritta in geroglifici, scrittura demotica e greco antico.

La traduzione della stele di Rosetta divenne la spina dorsale dell’egittologia e questo antico ritrovamento fu riconosciuto come uno dei più importanti della storia. Ma la stele stessa rimane una questione controversa in quanto bottino di guerra e simbolo di espansione coloniale: la stele di Rosetta fu portata in Inghilterra o rubata dagli inglesi? Dipende dai punti di vista. Negli anni sono state presentate più richieste per riportare la stele in Egitto ma questa rimane a tutt’oggi nel British Museum dove attira oltre sei milioni di visitatori all’anno.

Perché questo oggetto apparentemente semplice mantiene ancora un tale prestigio due secoli dopo la sua decodifica? L’egittologo John Ray nel 2007 ha dichiarato a Beth Py-Lieberman della rivista Smithsonian che la stele “È davvero la chiave, non semplicemente dell’antico Egitto, ma della decifrazione stessa. Grandi civiltà, come quella egiziana, erano decadute nel silenzio. Con la decodifica della stele di Rosetta questa civiltà ha potuto far sentire la propria voce, rivelando intere aree della storia”.

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