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Un presunto mosaico rappresentante il mitico Re Artù.


Un presunto mosaico rappresentante il mitico Re Artù.


La storicità del leggendario Re britannico è ancora oggi oggetto di discussione, ma pare che nella realtà uno o più personaggi che abbiano ispirato la leggenda siano effettivamente vissuti, e in particolare negli ultimi decenni del declino dell’Impero Romano.
Molti sostengono che si trattasse di un capo romano-britannico chiamato Ambrosius oppure Aurelianus che combatté contro gli anglosassoni tra la fine del V e gli inizi del VI secolo, una tesi che verrebbe confermata anche dall’autore contemporaneo degli eventi, Gildas di Rhuyus, che in uno dei suoi racconti scrive del leader britannico vincitore degli invasori, identificandolo come Ambrosius Aurelianus.
Alcune prove archeologiche proverebbero un arresto dell’espansione anglosassone proprio in quel periodo, e se una figura così carismatica fosse realmente esistita il centro del suo potere potrebbe essere stato nelle aree celtiche del Galles e della Cornovaglia. Aurelianus, secondo le fonti, assunse nel 479 d.C. la leadership dei britanni rimasti, organizzandoli e guidandoli nella loro prima vittoria contro i sassoni, anche se le successive battaglie ebbero esiti alterni. Gildas scrive anche che i genitori di Aurelianus “portavano la porpora”, espressione che lascerebbe ipotizzare una discendenza imperiale.

Diversi anni fa alcuni studiosi ipotizzarono l’esistenza di una connessione tra la popolazione dei Sarmati proveniente dall’odierno Kazakhstan e la successiva leggenda di Artù, basandosi sul fatto che nel 175 d.C., l’Imperatore Marco Aurelio arruolò 8.000 Sarmati nell’esercito romano, 5.500 dei quali furono poi inviati lungo il confine settentrionale della Britannia romana. Là si unirono alla Legio VI Victrix, in cui prestava servizio un certo Lucio Artorio Casto, prefetto di quella legione. Invece di rimandare a casa questi guerrieri una volta terminati i loro 20 anni di servizio, le autorità romane li insediarono in una colonia militare nell’odierno Lancashire, dove fonti del 428 d.C., attesterebbero ancora la presenza di loro discendenti con la denominazione di “truppa dei veterani sarmati”.
La cultura delle popolazioni sarmatiche presenta varie connessioni con le tradizioni di Re Artù. Oltre alla loro abilità come cavalieri pesanti (e i guerrieri di Artù sono cavalieri), i sarmati avevano un’incredibile devozione, quasi religiosa, per le loro spade (il loro culto tribale era rivolto a una spada conficcata a terra, cosa che presenta suggestive analogie con la leggendaria Spada nella roccia). Portavano anche vessilli a forma di draghi, un simbolo che venne utilizzato anche da Artù e dal suo presunto padre, Uther Pendragon. Le loro cerimonie religiose erano celebrate da sciamani della loro terra natale, forse come Merlino, e comprendevano l’inalazione di vapori allucinogeni esalati da un calderone (cosa che richiamerebbe le leggende sulle visioni del Santo Graal).

La Britannia sul finire del V secolo
La Britannia sul finire del V secolo


Alcuni storici attribuiscono a Lucio Artorio Casto l’ispirazione della leggenda di Re Artù, un pò per l’assonanza nel nome un pò perchè era ufficiale della VI legione in Britannia e che con molta probabilità avrebbe guidato un’unità di cavalieri sarmati, che conducevano campagne militari a nord del vallo di Adriano. Le presunte imprese militari di Casto in Britannia potrebbero essere state ricordate per i secoli successivi e aver contribuito a formare il nucleo della tradizione arturiana, così come le tradizioni portate dai sarmati.
Collegamenti etimologici possono essere fatti tra i nomi di Artù e Artorio. È comunque vero che nessun’altra persona in Britannia, Irlanda o Scozia che recava un nome simile ad Artù è ricordata fino alla fine del suo periodo di servizio in quella regione. La prima citazione di un nome simile ad Artù è stato Arturius citato nella vita di san Columba e di sant’Adomnán di Iona, praticamente equivalente ad Artorius. Lo stendardo di Artù sarebbe stato il “Pendragone”, un drago rosso simile alla moderna bandiera del Galles. Le più antiche fonti su Artù non si riferiscono a lui col titolo di re, ma con quello di dux bellorum, cioè di comandante delle guerre. E Lucio Artorio Casto aveva proprio il titolo di dux.

I più critici, sostengono tuttavia che non ci sia alcuna base storica per la figura di Artù. Del resto, come sostiene questa corrente di pensiero, non esiste nessuna fonte a lui contemporanea che sia degna di essere creduta. Diversi studiosi sostengono inoltre che il personaggio originale, almeno nella forma e nei modi presenti in letteratura, sia assolutamente mitologico.
Questo malinteso sarebbe stato originato nella “Historia Brittonum” di Nennio (IX sec.), il quale introduce per la prima volta il personaggio di Artù, attribuendogli le dodici battaglie contro i Sassoni e la vittoria finale nella battaglia di Mons Badonicus, imprese che gli autori precedenti (il quasi contemporaneo San Gildas nel suo De excidio Britanniae e Beda il Venerabile nella Historia ecclesiastica gentis Anglorum) assegnavano invece al condottiero britanno-romano chiamato Aureliano Ambrosio.

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