di Marco Ranaldi
Nella dimensione scenica ciò che conta è il racconto. Nella lirica succede la stessa cosa, rappresentare un dramma e raccontare quello che il compositore ha avuto in mente di narrare. Succede sempre, questo da quando il teatro esiste, è una forma di scena nella scena, di racconto nel racconto, grazie al lavoro registico che può essere la vera chiave di volta. È il caso della Madama Butterfly napoletana diretta registicamente da Pippo Delbono . Non è nuovo questo maestro a narrare con la propria virulenza creativa ciò che la sacralità lirica nel tempo ha voluto consegnare. È da questo punto di vista che parte il lavoro di manomissione avviato su Puccini da Delbono.
La sua Madama è un dramma infinito, specchio ritorto verso la propria immagine narrativa. È un io che ancora non è io. La genialità di Delbono sta quindi nello sradicare la scena e nel porre in essa nuove radici per poter continuare a narrare. Preziosissimo il cast di cui si avvale la sua regia, soprattutto grazie ad una intensissima Serena Farnocchia che incarna Ciò-Ciò-San in un sublime tentativo di sintesi psicologica. È bravissima, con una emissione vocale da favola, con una presenza scenica unica. È raro quindi seguire la narrazione con presenze come quella della Farnocchia, sostenuta da una sicura padronanza tecnica e interpretativa, è stata paziente esempio di vittima/vincitrice della regia di Delbono. È lei che sostiene l’azione, Delbono quasi come un corifeo, presenzia, sovverte, irrompe. Le scene di Nicola Rubertelli di un bianco di proiezione, rendono quindi ancora più narrante l’azione; non c’è tema di sbaglio, ma quello che Puccini ha voluto rappresentare è proprio la vita nella morte.
Katarina Giotas è il medium che si pone a veglia della sua Ciò-Ciò-San, Suzuki voluta come un daimon da Delbono svolge il suo ruolo nella perfetta sincronia della costruzione. È drammaticamente brava, sostegno e unione della ventura della sua padrona. Le figure maschili, come è risaputo, non hanno proprio quel senso di redenzione, ammesso che si salvi qualcuno. Pinkerton è interpretato da Aquiles Machado mentre Sharpless dal bravo Vincenzo Taormina. Il tutto diretto come si faceva ai tempi da maestri del calibro di Tullio Serafin o di Victor De Sabata, da Pinchas Steinberg, un maestro dal quale traspare la grandissima esperienza e incisiva musicalità. La sua Madama è forte, vigorosa, al tempo stesso fragile. Steinberg si muove con maestria, eleganza e il suo gesto è sempre chiarissimo.
A completare il cast Massimo Chiarolla e Nicolò Ceriani. I costumi di Giusi Giustino irrompono come la neve nella scena. È il vestire come rappresentare il suo lavoro, soprattutto quando nell’ultimo atto tinge di rosso e di blu i costumi dei protagonisti. Ed è quindi il petalo che cade sulla scena a racchiudere la forza di una regia così umanamente e teatralmente unica
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