Kierkegaard: Don Giovanni

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Kierkegaard: Don Giovanni 

dicembre 2011

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Il Don Giovanni di W.A. Mozart apre, mercoledì 7 dicembre, la stagione 2011-2012 del Teatro alla Scala di Milano (info).
Nell’occasione, LeggereLeggerepropone un estratto di alcune riflessioni che il filosofo daneseSøren Kierkegaard (1813-1855) dedicò alla figura-tipo cui s’ispirarono Mozart e Da Ponte, e molti altri prima e dopo di loro.

Con Don Giovanni bisogna usare l’espressione “seduttore” con grande prudenza, qualora si sia più preoccupati di dire qualcosa di corretto che di dire una cosa qualunque. Non perché Don Giovanni sia troppo buono, ma perché egli non cade affatto entro definizioni etiche. Vorrei perciò chiamarlo piuttosto un ingannatore, dacché si trova pur sempre qualcosa di più ambiguo in ciò. Per essere seduttore occorre sempre una certa riflessione e una certa coscienza, e appena queste sono presenti, allora può essere pertinente il parlare di astuzia e raggiro e scaltri assalti. Questa coscienza manca a Don Giovanni. Egli perciò non seduce. Egli desidera, questo desiderio agisce seducentemente in tal senso egli seduce. E gode della soddisfazione del desiderio; appena ne ha goduto, allora ricerca un nuovo oggetto, e così all’infinito. Egli inganna perciò, tuttavia non al punto di allestire preventivamente il suo inganno; è la potenza della propria sensualità che inganna le sedotte, ed è piuttosto una specie di nemesi. Egli desidera e continua a desiderare e gode continuamente della soddisfazione del desiderio. Per essere un seduttore gli manca il tempo prima, in cui estendere il suo piano, e il tempo dopo, in cui diventare cosciente della sua azione. Un seduttore deve perciò essere in possesso di una potenza che Don Giovanni non ha – pur essendo ben dotato per il resto -: la potenza della parola. Appena gli diamo la potenza della parola, egli cessa di essere musicale, e l’interesse estetico diviene completamente un altro.
[...] Ora Don Giovanni non fa semplicemente fortuna tra le ragazze, egli fa le ragazze fortunate e sfortunate, ma, abbastanza strano, questo è cò che vogliono, e sarebbe una misera ragazza quella che non desiderasse diventare sfortunata per essere stata una volta fortunata con Don Giovanni. Anche se continuo perciò a definire Don Giovanni un seduttore, non penso affatto che furbescamente progetti i suoi piani, scaltramente calcoli l’effetto dei suoi intrighi; ciò con cui egli inganna è la genialità della sensualità di cui egli è come l’incarnazione. Manca di cauta sagacia; la sua vita è spumeggiante come il vino, col quale si rinvigorisce, la sua vita è mossa come suoni che accompagnano i suoi felici pasti, egli è sempre trionfante. Non ha bisogno di nessuna preparazione, nessun impianto, nessun tempo, dato che è sempre pronto. La forza, cioè, è sempre in lui e il desiderio anche, e solo quando desidera è autenticamente nel suo elemento. [...] Ma questa forza, questa potenza non la può esprimere la parola, solo la musica può darcene una rappresentazione…

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