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Jacques Louis David e Nicolas Poussin: il Ratto delle Sabine e le sue rappresentazioni


Jacques Louis David, Le Sabine, 1794-99, olio su tela, 385 x 522 cm, Parigi, Louvre
Jacques Louis David, Le Sabine, 1794-99, olio su tela, 385 x 522 cm, Parigi, Louvre

Romolo dette il segno sospirato alla sua gente di buttarsi a preda, tutti in piedi balzarono in un grido rivelatore, e con bramose mani furono sulle donne. Come un volo di timide colombe fugge l’aquila, od una fresca agnella fugge il lupo, tremarono così quelle alla furia di tanti maschi.

– Ovidio, Ars Amatoria, I, 164 – 172

Ade e Persefone, Zeus ed Europa, Paride ed Elena… tutti miti accomunati dal rapimento del personaggio femminile da parte di quello maschile, il cui fine è sposarle o possederle. Il più celebre appartiene alla tradizione romana ed è noto come il Ratto delle Sabine.

Tempo dopo la sua fondazione sul Colle Palatino, la città di Roma e i suoi abitanti, prettamente uomini, non godevano di buona fama: ciò a causa dell’asylum istituito da Romolo, un luogo inviolabile che garantiva protezione a tutti coloro che vi si stabilivano, di ogni provenienza e reputazione. Per questo era povera di donne, necessarie sia per stringere alleanze coi popoli vicini sia per garantire un futuro alla città. Così, dopo aver subito l’affronto del vedersi rifiutare diverse richieste matrimoniali, Romolo decise di prendere con la forza quanto gli era stato negato. Allestì dei giochi solenni invitando allo spettacolo le genti dei territori limitrofi, tra questi i Sabini. In molti accorsero, spinti anche dal desiderio di vedere la città.

Al momento previsto, quando gli spettatori furono completamente assorbiti dalla manifestazione, i Romani rapirono le donne presenti. Romolo motiverà il gesto affermando che sarebbero diventate spose dei Romani, con cui avrebbero condiviso beni, patria e figli. Naturalmente i Sabini non subirono passivamente l’oltraggio, reagirono scatenando una guerra.

Due momenti distinti della medesima leggenda vengono ripresi dai pittori francesi Nicolas Poussin, Il ratto delle Sabine, e Jacques Louis David, Le Sabine. Si tratta di dipinti realizzati in periodi storici lontani tra loro: il primo datato 1634 – 1635 viene eseguito sotto il re di Francia Luigi XIII; il secondo durante il periodo del Direttorio, governo che contraddistinse l’ultima fase della Rivoluzione francese dal 1795 al 1799.

Nicolas Poussin, Il ratto delle Sabine, 1634-35, olio su tela, 154,6x209,9 cm, New York, Metropolitan Museum of Art
Nicolas Poussin, Il ratto delle Sabine, 1634-35, olio su tela, 154,6×209,9 cm, New York, Metropolitan Museum of Art

Entrambe le opere sono dinamiche e caotiche, Poussin dipinge la confusione creatasi col rapimento delle donne da parte dei soldati romani, dove Romolo si trova in posizione sopraelevata, a destra, a impartire ordini. David invece riprende l’episodio reinterpretandolo in chiave contemporanea. Il dipinto può essere suddiviso in due parti, una superiore e una inferiore: nella prima si trova un castello simile alla Bastiglia, mentre nella seconda si attua lo scontro tra i Sabini, guidati dal loro re Tito Tazio, e i Romani al seguito di Romolo, riconoscibile dallo scudo. Il fine del pittore è quello di mostrare attraverso l’episodio antico le rivalità presenti tra le diverse fazioni rivoluzionarie, nonché la volontà, rappresentata dalle donne sabine, di fermare le lotte per riconciliarsi e riportare la pace. Collega così due momenti della storia lontani, sia geograficamente sia culturalmente. Attualizzare la storia antica per meglio comprendere il presente.

Le donne, il cui rapimento aveva scatenato la guerra in corso, con le chiome al vento e i vestiti a brandelli, lasciarono che le disgrazie presenti avessero la meglio sulla loro timidezza di donne e non esitarono a buttarsi sotto una pioggia di proiettili e a irrompere dai lati tra le opposte fazioni per dividere i contendenti e placarne la collera. Da una parte supplicavano i mariti e dall’altra i padri.

Tito Livio, Ad Urbe Condita, I, 13

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