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Inferno: dalla mitologia greca ai gironi danteschi

inferno

Nelle credenze popolari l’Inferno è un luogo di punizione, in cui le anime dei defunti sono rinchiuse per aver accettato di compiere gesti malefici verso il prossimo o verso se stessi, quindi si commettono offese nei confronti delle divinità. L’Inferno interpretato come luogo di sofferenza eterna dopo la morte è un concetto presente in diverse religioni nel mondo, a per esempio, quelle politeiste e quelle monoteiste (ebraismo, cristianesimo e islam).

Viene identificato come un immenso luogo oscuro e sotterraneo, da cui il nome inferno, dal latino “infernus”, quindi lontano dalla luce della divinità creatrice e adombrato dalla volontà del “maligno”, ovvero di una divinità antitetica alla benevolenza e alla misericordia di Dio o degli dei.

Inferno nei miti politeisti

adeTroviamo già la distinzione tra bene e male, e quindi – Paradiso e Inferno – nel culto dello Zoroastrismo del profeta Zarathustra nell’antica Persia, dove l’anima del defunto attraversa un ponte chiamato “Chinvato Peretu”, luogo in cui le sue azioni sono pesate con quelle cattive: il ponte tanto diverrà largo per i meritevoli e tanto diverrà stretto come la lama di un coltello per i dannati, condannandoli quindi nell’abisso.

Seppur in modo diverso, troviamo la stessa accezione anche nei miti Egizi dove il dio Anubi estrae il cuore del defunto, il cui organo vitale è fatto pesare su una bilancia a due braccia (la cerimonia è un rito sacro chiamato “psicostasia”).

Il muscolo viene quindi pesato con una piuma (detta “Piuma di Maat” dal nome divino) e se questa è più pesante rispetto al cuore allora l’anima del defunto viene ammesso nel regno di Osiride, in “Paradiso”, altrimenti viene divorato dal dio-coccodrillo Ammit, colui che non dona la vita eterna.

Anche nell’Antica Grecia si tramanda la definizione di Oltretomba: il dio Ade più volte viene assimilato, e quindi confuso, con “Dio” e “Lucifero” in quanto governatore assoluto sia degli Inferi che dei Campi Elisi; solo nell’età di Roma Antica si rivaluta la figura di Ade, come “demoniaca”, distinguendolo così da Saturno, dio protettore dei raccolti e del benessere.

L’Inferno nei miti classici

Non esiste una descrizione precisa dell’Inferno nei miti classici, solo un accenno rapido grazie agli scritti di Omero nell’Odissea (X e XI libro) e di Virgilio nell’Eneide (VI libro) come un luogo oscuro e impervio, in cui tutte le anime dei defunti (senza distinzione quindi tra “buoni” e “cattivi”) rappresentano le ombre che vagano senza alcuna meta.

Tenendo presente anche i vari racconti sui miti che narrano il viaggio di altri eroi nel luogo infernale (primo fu Orfeo, poi Teseo e Piritoo ed infine Eracle), è possibile capire sommariamente come potrebbe essere costruito e strutturato l’Inferno.

Come prima tappa del viaggio, ci si imbatte nel giudizio dei tre giudici: Minosse (i casi più difficili), Radamanto (persone asiatiche) e Eaco (persone europee) i quali emettono sentenza di condanna o di assoluzione per l’anima: se questi risulta dannata, arriva nei pressi dell’Acheronte dove ad attenderlo c’è il psicopompo Caronte, colui che trasporta, sotto pagamento, le anime dei defunti nella parte opposta del fiume verso la vasta landa desolata chiamata “Palude degli Asfodeli” dove dimorano le anime degli ignavi e di coloro che in vita non si sono macchiati di colpe gravi, ma nemmeno furono buoni e virtuosi, sotto la vigile sorveglianza di Melinoe, la ninfa-fantasma, guardiana di quel passo.

Dopo vi sono dei fiumi al cui interno sono puniti i peccati più gravi quali i violenti e gli omicidi; abbiamo così il (piri)flegetonte ed il Cocito. Il primo circonda il Tartaro, la zona più buia e remota dell’Ade dove sono tenuti prigionieri gli antichi dominatori del mondo, ovvero i titani, ed il secondo è il fiume dei lamenti e del pianto che unito con il (piri)flegetonte dà origine all’Acheronte. Alla fine del tratto infernale c’è un condotto che porta ai “Campi Elisi” o anche “Isola dei beati” dove risiedono le anime benedette dagli dei, una sorta di “Paradiso” per le anime meritevoli.

L’Inferno nel credo monoteista

Hortus DeliciarumCon l’avvento dell’Ebraismo, l’Inferno comincia ad avere una sua fisionomia e connotazione dove il “doloroso regno” è governato da una figura posta a capo del male assoluto, non come un dio, ma come una creatura proveniente da Dio stesso. Si narra così la sua ribellione contro il Creatore e con una fitta schiera di angeli si preparò a scagliarsi contro il Cielo prontamente respinto dall’arcangelo Michele e rilegato così nel basso profondo della Terra insieme ai suoi fedeli che mutarono in demoni.

In questo “triste loco”, Satana così chiamato riceve le persone che in vita hanno compiuto azioni malvagie con una pena da scontare per l’eternità a seconda della gravità del peccato commesso in vita, quale legge del “contrappasso” e così anche descritto nel Cristianesimo e nell’Islamdove le punizioni sono molto più marcate e spietate (si crede che il 99% degli esseri viventi andrà nello Jahannam, ovvero l’inferno per i musulmani).

L’Inferno secondo Dante Alighieri

inferno di DanteUna descrizione accuratissima e minuziosa dell’Inferno ce la dà Dante Alighieri nella sua opera più famosa: “La Divina Commedia” edita nel 1321 dove tramanda ai lettori la suddivisione del mondo dei dannati secondo una precisa logica morale derivante dall’Etica Nicomachea di Aristotele.

Dante riprese innanzitutto la caduta di Lucifero dal Cielo dopo che questi fu cacciato, la terra si spaccò in due per evitare di toccarlo, Lucifero così andò a conficcarsi al centro della Terra mentre le estremità del terreno si scontrarono dall’altra parte del globo sino a formare una “montagna bruna” che unì Terra ed l’Etere chiamata “Purgatorio”. Lì “Dite” con l’aiuto delle sue ali di “vispistrello” inficia il peccato nella razza umana con la speranza di vedere arrivato un nuovo suddito nel suo regno, lontano quindi dalla luce di Signore.

Dante insieme a Virgilio percorre così l’Inferno e, nel XI canto della cantica, ci spiega la topografia dell’Inferno:

“Alla base del peccato c’è la violazione del diritto del prossimo che avviene o con la violenza o con la frode, quest’ultima essendo più malvagia offende maggiormente Dio e quindi viene punita nei cerchi più bassi (quindi più vicini a Satana)”.

Dante e Virgilio si trovano dentro le mura della città di Dite dove sono puniti gli eretici, ovvero i liberi pensatori, o anche coloro che andarono col loro pensiero oltre a Dio, accontentandosi solo degli aspetti materiali, quindi si trovano nel “mezzo” dell’Inferno, né troppo vicini a Dio, né troppo vicini a Satana per non aver avuto modo di confrontarsi con la loro natura spirituale: l’esistenza del bene e/o del male.

Quivi i due non riescono ad andare avanti per via dell’orrendo fetore prodotto dall’esalazione del Flegetonte, così il poeta latino gli spiega cosa incontreranno successivamente: il cerchio dei violenti suddiviso in tre gironi: violenti contro gli altri (omicidi), violenti contro se stessi (suicidi) e violenti contro Dio, natura ed arte (bestemmiatori, sodomiti ed usurai), poi il cerchio dei fraudolenti diviso in dieci bolge ed ultimo il cerchio dei traditori divisi in quattro zone.

I peccatori invece che si trovano prima della cita di mura di Dite sono definiti “peccatori d’incontinenza”, ovvero quelli che hanno semplicemente sottomesso il “ben dell’intelletto” ai vizi carnali: lussuria, gola, avarizia, prodigalità, ira, accidia, quindi una disposizione meno grave rispetto alla malizia e matta bestialità.

Come si può notare, quindi, la struttura ed il credo sull’ aldilà cambia a seconda delle religioni ed a seconda degli autori.

Marco Parisi

Foni:

  • Inferno, Divina Commedia, Dante Alighieri
  • Video dell’XI Canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri, de agostini edizioni:

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Creat de altmariusclassic Dec 23, 2020 at 11:45am. Actualizat ultima dată de altmariusclassic Ian 24, 2021.

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