di Claudia Viggiani
http://www.claudiaviggiani.it/capolavori-a-roma-il-pugile-a-riposo-...
Vorrei prendere una sedia e rimanere ore a parlare con te, caro pugilatore ma non mi è consentito farlo.
Allora prendo i miei taccuini e cerco di ritrovare nelle pagine tutto ciò che ho scritto su di te. Sono tanti appunti, pagine intere. Ma anche pensieri brevi, modificati negli anni.
Ti parlo, con il cuore. Ti racconto qualcosa di te per non dimenticare.
Sei stato realizzato tra il IV secolo e il II secolo a.C. da uno scultore che amava Lisippo, strepitoso scultore greco vissuto nel IV secolo a. C.
Ti hanno ritrovato casualmente tanto tempo fa, nel 1885, nelle fondazioni della chiesa di San Silvestro al Quirinale, forse perché eri una delle sculture che ornavano le Terme di Costantino, costruite nel IV secolo.
Qualcuno ti ha intenzionalmente nascosto, alla fine dell’impero romano, per proteggerti dalle invasioni barbariche e dalla possibile distruzione.
Che gesto eroico e nobile quello di sottrarti ai nemici per lasciarti sopravvivere all’odio.
Sono grata a tutti coloro che si sono operati per portarti in salvo, lasciandoti a noi. Senza di loro non saresti qui. Dovevano amarti molto, venerarti forse, viste le carezze che ti davano e che hanno logorato alcune parti del tuo corpo metallico.
Sei una scultura in bronzo anche se le ferite, i capezzoli, le labbra, le cinghie e le cuciture dei guantoni sono in rame così come è di una lega più scura il livido che hai sopra lo zigomo sinistro.
Non hai più la parte interna degli occhi che dovevano essere di pietra colorata, pasta vitrea o avorio.
Sei stato lontano per un periodo, ti hanno portato a New York in mostra e ti hanno anche restaurato. In questa circostanza hanno scoperto che otto segmenti compongono la tua figura e che i tuoi piedi sono stati lavorati a parte.
Hai tante ferite sul tuo corpo, provocate dai guanti rinforzati con borchie di piombo e di chiodi, per assicurare al duello un finale rapido. Siamo nella fase terminale del combattimento; la parte più dura, il momento estremo, devastante e sanguinoso.
I Romani volevano una battaglia veloce, che finisse in breve tempo, per questo i pugili colpivano la parte alta del corpo e infierivano sul viso, con cruenta ferocia.
Sei seduto a riposarti, quando ti giri per guardare qualcuno o qualcosa. Forse stai per dire qualcosa.
Prima eri assorto nei tuoi pensieri e non ti sei neanche asciugato le gocce di sangue che escono dalle ferite provocate dal tuo avversario. Ma ora ti volti di scatto: è un istante, un attimo. È la tua occasione, da cogliere al volo.
Probabilmente senti le vibrazioni dell’applauso del pubblico che hai conquistato dopo aver abbattuto il nemico.
Per me sei tu il vincitore.
Forse ti sei girato per guardare la tua donna, oppure il tuo impresario, dal quale cerchi il consenso e la meritata gratificazione.
I tuoi orecchi sono malconci; ancora si dibatte sulla facoltà di udire, nonostante i colpi ricevuti. Molti specialisti affermano che non hai perduto del tutto la capacità di sentire alcuni suoni o delle voci.
Invece, chissà cosa esprimevano i tuoi occhi ora assenti.
Indossi solo il sospensorio del tuo membro, segno di decoro, utile per il combattimento, e i guantoni che non togli. Sono il simbolo più eloquente di quello che fai per vivere.
Non sei più giovane ma devi essere abile, forte nella mente e competitivo, se ancora combatti. Sei sicuramente molto famoso. Sei un semidio.
Vincevi e per questo ti adoravano. E per questo ti hanno salvato.
Ti giro intorno e smetto di parlarti.
Mi siedo e scrivo questo testo per te. Per dirti che, per me, tu sei la dimostrazione che il coraggio, l’intuito e la determinazione contano tanto quanto la forza fisica e che, nonostante le cadute e le ferite, ti fanno sollevare e rialzare, di nuovo, per affrontare una sfida, forse la solita, quella perpetua, di tutti noi con la vita.
Sei un difensore valoroso di te stesso.
Sei il simbolo di come si deve comportare un uomo ancora prima di diventare un pugile e, nel tuo caso, ancora prima di diventare un eroe.
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