cultură şi spiritualitate
http://www.claudiaviggiani.it/mausoleo-di-costantina/
di Claudia Viggiani
Entrare in quello che un tempo fu il mausoleo di Costantina è una delle esperienze più sublimi che accompagna la mia esistenza a Roma. La mia vista viene ogni volta colpita e impressionata dalle ombre che invadono la luce; dai colori trasparenti e filtrati, e dallo spazio che mi imprigiona entro muri di mattoni.
C’è un senso di magico e di costrizione, di mistero e di chiarore, di ordine e di timore. Un senso strano della vita che ha portato qui, con sé, l’apparente eternità della morte.
Il piccolo mausoleo fu edificato per la figlia maggiore dell’imperatore Costantino, la principessa Costantina, o Costanza, morta nel 354 in Bitinia mentre cercava di raggiungere Roma da Antiochia, in Siria, dove si era traferita per seguire il secondo marito, Costanzo Cloro, Cesare d’Oriente.
La tomba faceva parte di un complesso basilicale molto ampio, del quale rimangono alcune tracce, visibili all’esterno, sulla destra dell’edificio, comprendenti le strutture dei muri perimetrali di una basilica, realizzata tra il 337 e il 351, negli anni in cui la ricca donna, rimasta vedova di Annibaliano – suo cugino, figlio di Dalmazio fratello di Costantino – si era trasferita a Roma. Per costruire la primitiva basilica, di tipo circiforme, o cimiteriale, destinata cioè ad accogliere numerose sepolture, la principessa utilizzò alcuni terreni di sua proprietà, collocati nei pressi della catacomba che ospitava le spoglie della martire Agnese alla quale era devota. Il mausoleo fu edificato solo in seguito alla morte di Costantina ed era addossato alla navata meridionale della basilica cimiteriale, successivamente andata in rovina. Oggi il mausoleo sembra isolato ma a guardarlo bene si comprende che fosse parte integrante del complesso basilicale costantiniano, dal quale aveva il suo accesso principale.
La principessa Costantina morì improvvisamente e quindi non poté vedere terminata la tomba dinastica, all’interno della quale la sua famiglia decise di tumulare non solo lei ma anche altri esponenti della famiglia, come la sorella Elena, moglie dell’imperatore Giuliano, morta nel 360 a Vienne, in Francia.
Entro nel mausoleo e vengo travolta da una sensazione di severità regale. Mi fermo. Alzo lo sguardo, come chiunque entri qui dentro. Cerco la luce ed avanzo girando sulla destra. Cammino nel deambulatorio alla scoperta, ennesima, dei meravigliosi mosaici che dal IV secolo decorano la volta. Sono bellissimi.
L’edificio è a pianta circolare e lo spazio centrale, sormontato dalla cupola emisferica, è circondato da colonne che girano tutto intorno ad un’area certamente sacra, isolata e spesso esaltata dal bagliore del sole che proviene dalle grandi finestre. Il deambulatorio mi permette di svoltare intorno, seguendo un andamento curvo. Vado al centro dello spazio architettonico, sui gradini dell’altare e mi sento al centro del mondo. Ruoto la testa finché posso, da un lato e dall’alto: il cerchio è un luogo geometrico, e mi sento avvolta.
Ora giro con lui, seguo la circonferenza, marcata dalle colonne. Tutto è incredibilmente armonico. Il cerchio era a quei tempi considerato il simbolo del sacro perché, come il cielo, comprendeva dentro di sé l’universo, con il suo ordine e la sua bellezza. La grande urna di Costanza, oggi ai Musei Vaticani, era un tempo sistemata nella nicchia a sezione quadrata, nella quale oggi è visibile una copia identica.
L’urna della sorella Elena era forse disposta tra le colonne di fronte a quella di Costantina, sopra una lastra marmorea pavimentale, ancora visibile. Torno nel deambulatorio e ammiro la precisione dell’architettura romana che qui si fonde con l’equilibrio compositivo della dimensione cristiana. La luce accresce la quiete e il misticismo del luogo.
I mosaici originari del IV secolo decorano la volta del deambulatorio con motivi geometrici e naturalistici, ritratti e scene di vendemmia, e quelli delle due nicchie laterali, raffiguranti la Traditio Legis e la Traditio clavium.
Ritorno nel deambulatorio a camminare lentamente e conto ventiquattro colonne binate, coppie di dodici colonne, tante quante le ore del giorno e della notte. Anche le nicchie in totale erano dodici, sebbene in epoca più recente una di loro sia stata murata ed utilizzata per altre funzioni. Sono dodici le colonne di questo mausoleo, dodici i segni dello Zodiaco, dodici i mesi dell’anno, dodici le Fatiche di Ercole, dodici le tribù d’Israele, dodici i figli di Giacobbe, dodici i discepoli di Cristo. Alle ore dodici il sole si trova allo zenit, sulla verticale dell’osservatore.
Le società aramaiche dell’Asia anteriore, tra i quali i Caldei, vedevano, al di fuori del cerchio zodiacale, ventiquattro stelle di cui dodici australi e dodici boreali, chiamate i “Giudici dell’universo”.
E poi, il corpo umano ha ventiquattro costole e l’oro puro corrisponde a ventiquattro carati. Non mi viene in mente altro riferibile al dodici o al ventiquattro, il numero delle colonne. Così cerco di capire e mi muovo, camminando incessantemente intorno alle colonne.
Il mio andare è circolare, perfetto, non ha inizio né fine, né direzione. Mi giro all’improvviso, cammino in senso opposto; è impossibile perdere l’orientamento perché i quattro punti cardinali, nord, sud, est e ovest sono evidenziati dalla porta di ingresso e dalle tre nicchie più grandi.
Di nuovo un numero che ritorna frequentemente qui e altrove, nella storia che ci accomuna: il quattro. Sono quattro gli elementi che compongono il mondo: l’aria, il fuoco, la terra, l’acqua.
Il quattro è il numero delle virtù cardinali, la Prudenza, la Temperanza, la Giustizia e la Fortezza. Tutti i numeri presenti in questo mausoleo hanno una diversa possibilità di lettura metaforica, basata sulla mistica dei numeri, una delle più antiche forme di linguaggio codificate dalla Chiesa sin dalle origini, rielaborando la tradizione cabalistica ebraica e le antiche filosofie platonica e pitagorica.
Getto lo sguardo sulla volta e vedo i riquadri che alludono alle stagioni della vita e all’infinito compiersi del ciclo vitale, scandito dal tempo e dalle ore che segnano il cammino. Rifletto sui numeri che ricorrono nella struttura del mausoleo, sull’idea di un ordine matematico che governa l’universo e sul mistero che ruota intorno alle connessioni tra numero e forma.
Le proporzioni divine che hanno ispirato l’artefice di questo mausoleo e che accompagnano la storia dell’uomo fin dalle origini del pensiero filosofico.
In questo mausoleo l’andamento è circolare e ricorda la ciclicità naturale. Mi muovo in un eterno presente e ciò che prima era passato ritorna ad essere futuro e viceversa.
Mi fermo e penso che il tempo non è il mutamento delle cose, ma la misura del divenire, secondo un prima e un poi nello spazio della vita. L’universo è in continuo mutamento, in sequenza eterna ed infinita e tutto ciò che accade è destinato a ritornare, perennemente, seguendo un flusso ciclico, una misurata successione di momenti in cui si svolge il divenire della natura stessa, come in questo mausoleo la cui forma celeste tende a ricordare.
© 2017, Claudia Viggiani.
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Creat de altmariusclassic Dec 23, 2020 at 11:45am. Actualizat ultima dată de altmariusclassic Ian 24, 2021.
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