
Gustave Courbet, Baia e scogliere, 1869
e brucia il fiato di un bacio sulla soglia.
di solito.
Ulisse. Omero, la grande avventura del ritorno, dell’eroe dalle molte forme e dai molti colori. E invece, due sedie. Due sedie sulla scogliera, dondolando, parlandosi, lasciando parlare il vento, aspettano il ritorno di un qualche peschereccio, di un tempo lontano. Di solito ritornano, le navi dei pescatori; girano al largo, si imbattono in mille tempeste, ma salde ritornano. Il ritmo è ampio, disteso, il discorso è un’onda placida, intervallata dalle congiunzioni, all’inizio del verso, in anafora. Le parole si intrecciano come il vento che attraversa l’intrico di vimini delle due sedie, e le vele dei pescherecci hanno qualcosa di sommesso e di eroico insieme. C’era un poeta, fino a qualche tempo fa, che sapeva collegare allo stesso modo le storie di oggi e canti antichi. Si chiamava Derek Walcott, afroamericano caraibico e innamorato dei greci. Noé Albergati, che abbiamo già ospitato su questo blog, si mette sullo stesso cammino, capace di donare vita agli oggetti, farli parlare. Il poeta è un mago che rivivisce l’inanimato; ausculta l’anima delle cose, la sente, e trasforma quel sentire in parole.
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