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cultură şi spiritualitate

   Le Sirene appaiono nell’immaginario mitico greco fin dall’età più remota. La prima testimonianza è offerta dal celebre passo dell’”Odissea” in cui le figure sembrano mostrare una duplice natura ad un tempo divina e demoniaca. Esse sono onniscienti e capaci con il canto non solo di ammagliare i mortali ma di piegare gli stessi fenomeni naturali ma al contempo sono apportatrici di morte come chiaramente attesta il macabro coacervo di ossa a cadaveri putrefatti che ricopre la loro isola. Omero non definisce con esattezza il numero – anche se dal racconto appare evidente che si tratti di due sirene cui la tradizione darà i nomi di Thelxiepeia (varianti Thelxinoe e Thelxiope) “l’incantatrice” e Aglaope (varianti Aglaophonos e Aglaopheme) “colei che ha la voce splendida” ma soprattutto non dice nulla sull’aspetto di queste figure che doveva quindi essere dato per conosciuto.

   Secondo la tradizione esse sarebbero figlie di Acheloo, divinità primigenia delle acque forse più antica dello stesso Oceano (Iliade, 21, 194) mentre come madre viene nominata Sterope (Apollodoro Mitografo, I, 7, 10) o una delle Muse (Licofrone, 713) che le ricollega alla dimensione del canto. Secondo un’altra tradizione esse sarebbero sorte dal sangue dello stesso Acheloo dopo la lotta con Eracle in cui avrebbe avuto un corno strappato (Libanio, Progymnasmata, 4) avvicinandosi all’origine di altre figure mostruose. Di norma anonime viene ricordato – oltre a quella omerica – un’altra coppia dotata di propria personalità quella formata da Partenope e Ligea oggetto di un culto non secondario nelle regioni tirreniche della Magna Grecia.

   Le Sirene sono probabilmente un portato degli scambi culturali fra il mondo greco e il levante mediterraneo. Lo stesso nome è probabilmente di matrice fenicia (Sir,incantamento, canto magico) e sicuramente di derivazione siro-fenicia è l’iconografia che fin dalle prime testimonianze appare ben definita: esseri ibridi con testa umana prevalentemente femminile – ma sono noti anche sireni maschi dal viso barbuto – e corpo di uccello precocemente dotato di arti umani per reggere gli strumenti musicali con cui esse accompagnano il canto.

   Se l’immagine si evolve lentamente mantenendo alcuni caratteri costanti la valenza simbolica tende ad evolversi in forme decisamente benigne, le Sirene che secondo Sichtermann erano in origine esseri spaventosi e terribili e che in Omero mostrano una duplice natura tendono già in età arcaica a divenire figure benevole. Resta immutato il loro legame con la morte ma sempre più spesso vengono viste come figure protettrici che accompagnano con il loro canto il momento del trapasso e accompagnano l’anima verso gli Elisi, in quest’ottica divengono elemento ricorrente dell’immaginario funerario come si dirà in seguito.

   Le prime immagini di Sirene risalgono al periodo geometrico, ancora alla prima metà dell’VIII a.C. risalgono le prime attestazioni in una brocca da Rodi, in un sigillo eburneo da Sparta e in un frammento di rilievo sempre in avorio da Efeso. Il tema si afferma a partire dalla metà del VII a.C. nella ceramica corinzia e alla fine del secolo in quella proto-attica. In queste immagini le Sirene appaiono all’interno di teorie di animali fantastici (Corinto) o come figure isolate non prive di una propria monumentalità (Atene, Melos). In genere sono raffigurate di profilo con le ali aperte e rivolte verso l’alto in modo analogo alle sfingi, più raramente ad ali chiuse (e sempre nel caso di figure isolate), il corpo è totalmente animale e solo la testa è umana, fa eccezione un’anfora melia in cui compaiono per la prima volta braccia umane forse per suggestione di modelli egiziani. In genere sono femminili ma seppur in modo saltuario compaiono esemplari maschili dal viso barbato ad esempio sui colli di due anfore dall’acropoli di Atene e su alcuni vasi corinzi.

  Le prime raffigurazioni plastiche compaiono nel VI a.C. si tratta principalmente di vasi figurati perlopiù di fabbricazione ionica e corinzia che riproducono l’immagine di un uccello accovacciato con le ali chiuse dotato di testa umana, più limitata ma non meno interessante la comparsa di Sirene nella piccola plastica in bronzo spesso in funzione decorativa – vasellame minuto, manici di specchi – soprattutto di produzione occidentale megaloellenica ma anche etrusca e forse connessa allo sviluppo del culto offerto alle stesse sulle coste della Campania luogo privilegiato di contatti greco-etruschi. Sempre dal contesto tirrenico etrusco – ma ora anche latino – provengono lucerne configurate o decorate con Sirene a rilievo (Cortona) e anche esempi di plastica monumentale come un acroterio fittile di verosimile destinazione templari da Gabii.

    A partire dal VI a.C. e ancor più nel secolo successivo le Sirene tendono ad essere inserite in contesti narrativi di tipo mitologico mentre già con l’inizio del secolo si assiste alla definitiva scomparsa della versione maschile. Continuano ad essere stranamente rare le immagini di derivazione omerica, l’esempio più antico è su un aryballos proto corinzio (oggi a Boston) nel quale la nave di Odisseo – legato all’albero – supera una roccia su cui sono poste due sirene che cantano senza accompagnarsi con strumenti musicali. Più ricca è dettagliata la raffigurazione su uno stamnos attico a Londra in cui la nave è resa con dettaglio e oltre all’eroe legato compaiono il timoniere e i rematori, qui le sirene sono tre e mentre due cantano senza accompagnarsi con strumenti la terza si getta da una rupe per suicidarsi secondo una variante del mito assente in Omero ma divenuta in seguito molto popolare.

   Più frequentemente le sirene appaiono come figure di contorno a differenti storie mitiche, dove assumono valore di messaggere celesti, di musiciste, di entità benigne che accompagnano il destino degli eroi. Immagini di questo tipo si ritrovano su un’anfora di Exekias con partenza di guerriero; su un’esemplare a figure nere con la raffigurazione del toro di maratona domato da Teseo; spesso compaiono come accompagnatrici di divinità in genere con funzioni di musicanti. Questo schema compare già alla fine del VI a.C. su un pinax corinzio dove una sirena accompagna Poseidone e diverrà frequente nel secolo successivo come in un cratere attico da Spina dove la sirena reca un ventaglio ad Hera o su esemplare attico dove compare al seguito di Apollo. L’iconografia è frequentemente quella tradizionale anche se a partire dalla fine del V a.C. si assiste ad una significativa trasformazione precocemente attestata in occidente: di questo nuovo tipo di sirena è precoce testimonianza un cratere pestano (oggi a Berlino) con raffigurazioni del mito omerico, su di esso è rappresentata l’intera parte del corpo in forma umana mentre solo le gambe mantengono l’aspetto di uccello.

  Per tutto il corso del V e del IV a.C. le sirene sono fra i temi preferiti dalla plastica funeraria, specie in Attica e in Asia Minore. Vanno verosimilmente interpretate come sirene gli uccelli con testa umana del Monumento delle Arpie a Xanthos mentre dalla stessa città proviene il frontone di un tempietto funerario dove una sirena ad ali spiegate accompagna i defunti; immagini di sirene si ritrovano con frequenza nelle stele funerarie attiche e in numerosi sarcofagi di ambito greco-orientale come quello principesco di Belevi dove ne compaiono tre in funzione di musicanti. In occidente interessante un recipiente in bronzo (oggi al museo di Reggio Calabria) il cui manico è configurato con la forma di una sirena che serra fra gli artigli una figura umana, probabilmente da intendere nella funzione di portatrice di anime verso l’Elisio.

   Frequenti in età tardo-classica ed ellenistica figure a tutto tondo in cui sempre più si afferma un’immagine quasi totalmente umana, con i tratti ferini ridotti a pochi elementi (per lo più i piedi artigliati) da interpretare per lo più come pertinenti a monumenti funerari: è il caso di un torso marmoreo da Delo, di un’esemplare con lyra oggi a Copenaghen, di uno a Boston in atteggiamento di piangente o di quello dal bellissimo viso al Museo Nazionale di Atene. A partire dal IV secolo compaiono con sempre maggiore frequenza sirene vestite in cui si riconoscono appena gli artigli e la coda sporgenti dai panneggi. Questa tipologia già attestata a Belevi e frequente sulle urne funerarie volterrane con mito odisseico dove negli esemplari più tardi scompare qualunque traccia di ferinità e l’iconografia delle sirene giunge a confondersi con quelle delle Muse lasciando al contesto la differente lettura.

   In età romana questa tipologia etrusca totalmente umana viene abbandonata per il ritorno al tipo ellenistico della sirena con busto umano e gambe di uccello. Frequentemente diffuse in ambito funerario tendono ad essere presentate secondo uno schema fisso in cui compaiono tre esemplari, due intenti a suonare flauto e lyra e la terza senza strumenti e che si può immaginare dedita al canto (Ostia, Villa Albani, Museo delle Terme) mentre insolito è l’uso di Sirene come figure stanti all’interno di apparati decorativi (un unico esemplare in un mosaico di Sousse). 
   Una certa fortuna godono invece le rappresentazioni del mito omerico che già si erano diffuse come abbiamo visto nell’Etruria ellenistica. Il tema continua ad avere un ampio uso in contesto funerario di cui un bell’esempio è offerto da un sarcofago del Laterano dove il mito è rappresentato in dettaglio. In contesto privato l’esempio più significativo è sicuramente il celeberrimo mosaico di Dougga in cui compare la canonica serie di tre sirene dal busto umano e dalle gambe d’uccello parzialmente avvolte in panneggi colorati. Le pur saltuarie attestazioni nell’arte tardo-antica e bizantina non si allontanano da questi schemi così come le rappresentazioni medioevali nelle aree maggiormente influenzate dalla cultura bizantina fino all’uccello magico Sirin del folklore slavo.

   Qualcuno dei miei lettori a questo punto mi chiederà: ma le maliose fanciulle dalla coda di pesce dove sono? Ebbene con le Sirene queste han ben poco a che vedere; l’immaginario greco conosce figure parzialmente ittiomorfe (Proteo, i tritoni) ma sono semplici membri dei cortei di Poseidone e delle divinità marine e non hanno alcun legame con le Sirene. Donne con coda di pesce diventano comuni nell’immaginario fantastico del medioevo verosimilmente per riflesso di figure simili presenti nelle tradizioni mitiche del mondo germanico e più in generale nel folklore dell’Europa settentrionale (come le Mermaid della tradizione anglo-sassone) e saranno queste a venir poi confuse poi con le Sirene nella smania classificatoria degli autori dei bestiari tardo-medioevali ma quella è tutta un’altra storia che con le vere Sirene a poco cui spartire.

Stamnos Attico Odissea

Ulisse Dougga

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