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Tra il VII e il IV secolo a.C. i greci si avventurarono ai confini del mondo: solcarono le acque burrascose dell’Atlantico e, guidati da Alessandro Magno, raggiunsero la lontana India


I greci concepivano il mondo come uno spazio delimitato in tutte le direzioni dalle acque dell’oceano. Questa era l’immagine trasmessa dalla poesia epica e quella che ebbe maggior diffusione grazie al ruolo svolto dall’Iliade e dall’Odissea nell’istruzione dell’antica Grecia. L’oceano, però, non era un semplice mare, bensì il fiume poderoso e primordiale, origine di tutti i fiumi e di carattere quasi divino. Le terre che vi si affacciavano acquisivano qualità eccezionali: fertilità, abbondanza e ricchezza di ogni tipo di bene. Erano luoghi straordinari, quasi del tutto inaccessibili per gli esseri umani, uno spazio riservato agli eroi, che potevano raggiungere quei lidi solo con l’aiuto degli dei. Fu così, infatti, che Eracle raggiunse l’isola di Erizia (resa rossa dalla luce del tramonto), ai confini occidentali dell’orbe. Qui dimorava il temibile Gerione.

Il tempio di Capo Sunio. Dedicato al dio del mare, Poseidone, annunciava ai marinai di ritorno ad Atene che la città era ormai vicina, a circa 70 km verso nord

Il tempio di Capo Sunio. Dedicato al dio del mare, Poseidone, annunciava ai marinai di ritorno ad Atene che la città era ormai vicina, a circa 70 km verso nord

Foto: Getty Images

   

Gerione era un gigante tricefalo che custodiva mandrie di splendidi buoi. E fu sempre così che Perseo giunse nella terra delle terribili Gorgoni, anch’essa situata nell’estremo Occidente, per uccidere la Medusa, l’unica mortale e la più potente di tutte.

La condizione privilegiata di questi territori affacciati sull’oceano era in qualche modo compensata dal carattere spaventoso di molti degli esseri che li popolavano. Gli dei dell’Olimpo, infatti, avevano relegato in quelle regioni remote gli esseri primordiali che avevano sconfitto nella lotta per il dominio dell’universo: titani, mostri e giganti.

Nuovi mondi

In epoca arcaica, tra l’VIII e il VI secolo a.C., il limitato orizzonte geografico dei greci si ampliò grazie alle colonizzazioni, che li condussero fino alle coste del Mar Nero a Oriente e fino alla Penisola Iberica a Occidente. Alcuni scenari mitici, come la destinazione degli Argonauti o la dimora di Gerione, prima situati genericamente ai confini del mondo, furono localizzati in territori specifici come la costa orientale del Mar Nero (l’attuale Georgia) o le isole vicine alla città fenicia di Gades (Cadice). Il viaggio verso questi territori, però, continuò a essere percepito come un evento di natura eroica o magica. È quello che testimoniano viaggi come quello di Coleo di Samo fino a Tartesso a metà del VII secolo a.C., luogo in cui il navigatore fu condotto con la complicità degli dei mediante i venti che lo fecero deviare più volte dalla sua rotta verso l’Egitto, o quello di Aristea di Proconneso verso le remote regioni a nord del Mar Nero, dove giunse “ispirato” da Apollo, che fece di lui una specie di sciamano capace di apparire morto in un luogo e ricomparire vivo a centinaia di chilometri di distanza.

Bestie dell’India. Nel mosaico della cattedrale di Otranto, del XII secolo, compaiono queste «bestie indiane» che ricordano le gesta di Alessandro Magno

Bestie dell’India. Nel mosaico della cattedrale di Otranto, del XII secolo, compaiono queste «bestie indiane» che ricordano le gesta di Alessandro Magno

Foto: Erich Lessing / Album

   

Situandoli sulle coste della remota Iberia o nelle sterminate steppe russe si dava ai confini dell’orbe una progressiva entità geografica. La comparsa sulla scena dell’Impero persiano segnò un importante passo avanti in merito. La spedizione di Cambise in Egitto, le conquiste che condussero Dario I fino in India e le sue campagne contro gli sciti delle steppe comportarono un enorme progresso nelle conoscenze geografiche dei greci, che identificarono come i confini del mondo territori che fino ad allora erano praticamente sconosciuti.

Tuttavia, l’alone mitico che avvolgeva tali luoghi fu a malapena intaccato. Nelle Storie di Erodoto, le ricchezze straordinarie di questi lidi condividono la scena con i gravi pericoli che minacciano i viaggiatori. Ecco dunque terribili formiche, «di dimensioni inferiori a quelle dei cani ma superiori a quelle delle volpi» a custodire l’oro dell’India. «Una volta giunti sul posto, gli indiani con la massima fretta riempiono di sabbia [d’oro] i sacchetti che hanno con sé e scappano via, perché le formiche, così raccontano i persiani, si accorgono all’olfatto della loro presenza e li inseguono. La velocità di questi animali è davvero senza pari, al punto che, se gli indiani non si avvantaggiassero di un buon tratto di strada mentre le formiche si radunano, nessuno di loro riuscirebbe a salvarsi» (Storie III, 105).



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Ai confini del mondo

In Arabia, l’ultima delle terre popolate verso sud, abbondano aromi e spezie, ma gli arabi li raccolgono con difficoltà. «L’incenso lo raccolgono bruciando lo storace, una sostanza esportata in Grecia dai fenici: fanno così perché le piante che producono l’incenso sono sorvegliate da serpenti alati di piccole dimensioni e dai vivaci colori, che si radunano in gran numero intorno a ciascun albero; sono gli stessi serpenti alati che cercano di invadere l’Egitto. E non c’è nulla che li possa staccare dagli alberi, se non il fumo dello storace» (III, 107). Ai confini del mondo conosciuto vivevano anche popoli e genti straordinari per fisionomia e condizioni. Nel nord «si racconta che gli arimaspi, uomini provvisti di un solo occhio, strappino l’oro ai grifoni» (III, 116), e che «un’ampia regione ai piedi di alte montagne è abitata da uomini che, si dice, sono tutti calvi dalla nascita, uomini e donne indistintamente, hanno il naso schiacciato e il mento largo, parlano una lingua tutta propria […] Ognuno abita sotto una pianta […] gli uomini calvi raccontano, ma non mi pare credibile, che sulle montagne abitano uomini con zampe di capra, oltre i quali vivono altri uomini che dormono per sei mesi consecutivi» (IV, 23-25).

Ricostruzione di una nave mercantile dell’epoca di Alessandro Magno, basata sui resti del naufragio del IV secolo a.C. ritrovati negli scavi sulla costa di Kyrenia, a Cipro

Ricostruzione di una nave mercantile dell’epoca di Alessandro Magno, basata sui resti del naufragio del IV secolo a.C. ritrovati negli scavi sulla costa di Kyrenia, a Cipro

Foto: LLoyd K. Townsend Jr / Ngs

Verso l’estremo Sud abitano gli etiopi, popoli longevi e fortunati, che dispongono di alimenti in abbondanza forniti spontaneamente da una prateria chiamata la Mensa del Sole e una fonte straordinaria, «una sorgente nella quale gli etiopi si lavavano, uscendone più lucenti, quasi fosse olio; e la sorgente emanava un profumo come di viole […] L’acqua era tanto leggera che nessuna sostanza riusciva a galleggiarvi» (III, 23).

Le conquiste di Alessandro Magno furono un altro momento decisivo nell’ampliamento degli orizzonti geografici. Inoltre, i greci che viaggiarono fino a quei lontani territori facendo parte della sua spedizione di conquista furono numerosi ed ebbero l’opportunità di constatare in prima persona la realtà di quelle terre, smentendo così le favole che erano circolate fino ad allora.



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La sopravvivenza del mito

Nonostante tutto, però, le storie favolose che si erano narrate su quelle terre sopravvissero. I racconti che delle conquiste di Alessandro Magno fecero coloro che vi avevano preso parte ripetevano praticamente gli stessi argomenti e fantasie di quelli dei predecessori che non avevano viaggiato fino a quei luoghi. Autori come Onesicrito e Nearco parlavano ancora delle formiche a guardia dell’oro, degli enormi serpenti dell’India, dei mostri che popolavano le acque dell’oceano, dei selvaggi che si cibavano solo di pesce e costruivano le loro case con le lische, o di individui dotati di grande saggezza: i gimnosofisti o sapienti nudi, che passavano le giornate seduti sotto il sole torrido senza che stanchezza e necessità materiali li affliggessero.

In ogni caso, introdussero delle precisazioni e delle sfumature in questo schema mitico per razionalizzarlo nei limiti del possibile. Per esempio, non videro direttamente le famose formiche giganti, ma solo i loro scheletri appesi in un accampamento indiano, o assegnarono misure concrete alla lunghezza di alcuni serpenti. Tuttavia, l’immagine di una terra straordinaria dotata di una flora e una fauna eccezionali e abitata da genti selvagge e sapienti con costumi esotici e variopinti perdurò nel corso di tutta l’antichità, avallata dalle testimonianze dei partecipanti alle spedizioni, che affermavano di aver visto con i loro occhi tali meraviglie.

Secondo il racconto di Curzio Rufo, serpenti volanti attaccarono gli uomini di Alessandro in India. Miniatura del XV secolo

Secondo il racconto di Curzio Rufo, serpenti volanti attaccarono gli uomini di Alessandro in India. Miniatura del XV secolo

Foto: Bridgeman / Aci

In definitiva, né il progresso nelle conoscenze geografiche né la natura razionalista e scettica di alcuni autori, che desideravano stabilire una linea di demarcazione chiara tra verità e finzione, poterono eliminare del tutto questa immagine mitica e favolosa dei limiti del mondo. Per tutta l’antichità e anche durante il Medioevo, essi conservarono il carattere straordinario che gli esploratori e i viaggiatori greci attribuirono nella propria epoca ai luoghi più remoti del mondo.

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