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Il sovrano che rese la Sicilia la capitale morale del Mediterraneo ingaggiò con i pontefici una lotta lunga e aspra: in gioco c’erano il potere ierocratico del papato e il rischio di un’unione tra il Sud Italia e l’Impero a danno dei territori della Chiesa


Uno degli ultimi atti di Federico I Hohenstaufen, più conosciuto come Federico Barbarossa, fu organizzare il matrimonio tra suo figlio Enrico e colei che sarebbe divenuta l'erede del regno normanno di Sicilia, Costanza d’Altavilla. Enrico, già imperatore del Sacro Romano Impero, fu incoronato re di Sicilia nel 1194 a Palermo; il giorno seguente, a Iesi, Costanza partorì Federico Ruggero, passato alla storia come Federico II. Ma Enrico morì in circostanze misteriose nel 1197, lasciando un erede di soli tre anni.

Busto di Federico II. Museo Provinciale Campano, Capua

Busto di Federico II. Museo Provinciale Campano, Capua

Foto: Dea / Scala, Firenze

La lotta per la Germania

Nel 1198 salì sul soglio un pontefice giovane, appena trentasettenne: Lotario, della nobile famiglia laziale dei conti di Segni, esperto in diritto canonico ma anche di mistica. Prese il nome di Innocenzo III e da subito mise in chiaro che il suo ideale di fondo era stato la ierocrazia, la convinzione cioè che il papato rappresentasse sulla terra il potere che aveva il compito di controllare tutti gli altri. Molti erano i problemi politici che richiedevano soluzione: la riorganizzazione delle terre della Chiesa; un rinnovato rapporto con i Comuni dell’Italia settentrionale e centrale per metterli al sicuro dalle mire della Germania; la soluzione delle questioni aperte nella Germania stessa e nel Meridione d’Italia dalla morte di Enrico VI; l’organizzazione di una nuova crociata.

In poco tempo il papa riuscì a risolvere alcune delle questioni più urgenti: i territori della Chiesa furono presto ricondotti sotto l’autorità pontificia; per i Comuni del nord e del centro, Innocenzo incoraggiò la formazione di leghe per assicurare un’eventuale resistenza a nuovi progetti imperiali simili a quelli del Barbarossa. Ma la grossa questione politica del papato era che le sue terre – situate nel centro della penisola – non potevano venire schiacciate da un unico potere che si instaurasse a nord e a sud di esse: questo guidò la sua politica nei problemi di successione alla corona di Sicilia e a quella di Germania.

La battaglia di Bouvines. Il 27 luglio 1214 segnò la sconfitta di Ottone IV di Germania da parte dell’alleanza tra papato, Federico II e Filippo II Augusto di Francia. Grandes Chroniques de France, 1375-1379

La battaglia di Bouvines. Il 27 luglio 1214 segnò la sconfitta di Ottone IV di Germania da parte dell’alleanza tra papato, Federico II e Filippo II Augusto di Francia. Grandes Chroniques de France, 1375-1379

Foto: Bibliothèque Municipale, Castres, Francia / Bridgeman / Aci

     

Per la Sicilia, il papa appoggiò Costanza e l’erede Federico, minacciati dalle aristocrazie normanne. In Germania, invece, dove la corona era elettiva, Innocenzo pensò di puntare sul partito anti-svevo, rappresentato da Ottone di Braunschweig, figlio di quell’Enrico il Leone che era stato il principale avversario del Barbarossa. A lui si contrapponeva Filippo di Svevia, zio di Federico. I principi tedeschi scelsero Ottone, che divenne imperatore con il nome di Ottone IV; l’appoggio papale era stato lusingato con ampie assicurazioni circa la libertà della Chiesa nel territorio imperiale.

Ma nel 1208 Filippo di Svevia fu assassinato: da allora, sentendosi libero da rivali e forte per la sua alleanza con il re d’Inghilterra, Ottone cominciò a venir meno ai suoi impegni con Innocenzo. A quel punto il papa mutò le alleanze, accostandosi al re di Francia Filippo II Augusto e soprattutto a Federico re di Sicilia, il quale nel 1212 fu incoronato re dei Romani, e nel 1213 garantì a sua volta al papa che mai si sarebbe immischiato nelle questioni ecclesiastiche tedesche, rinunciando anzi a controllare le elezioni episcopali in Germania: una querelle che risaliva al secolo XI. Gli promise inoltre che non avrebbe mai promosso l’unione tra il regno di Sicilia e l’impero. A Bouvines, nel 1214, l’alleanza tra Innocenzo III, Filippo Augusto e Federico sconfisse il fronte nemico. Tuttavia, con Innocenzo ancora saldamente al potere, Federico restò fedele a quanto promesso e neppure cinse la corona imperiale.

Papa Onorio III incorona Federico II imperatore a Roma il 22 novembre del 1220

Papa Onorio III incorona Federico II imperatore a Roma il 22 novembre del 1220

Foto: Musée Condé, Chantilly, Francia / Bridgeman / Aci

L’incoronazione imperiale

Morto Innocenzo nel 1216, con il successore le cose mutarono. Il nuovo pontefice, Onorio III, aveva un carattere certamente meno saldo del predecessore, e Federico II ne approfittò subito: il 22 novembre del 1220 si fece incoronare imperatore a San Pietro, a Roma, dopo aver indotto la nobiltà tedesca ad attribuire la corona di Germania al figlio Enrico, ma senza abdicare al regno di Sicilia. Era dunque la sola Germania che egli lasciava al figlio, pur mantenendo su di essa, in quanto imperatore, la suprema guida. Al contrario, non intendeva affatto abbandonare la Sicilia, anche perché vi era stato allevato e presumibilmente si sentiva per cultura più italo-normanno che tedesco; ma, soprattutto, conosceva bene le straordinarie possibilità economiche del regno e ne valutava appieno la non meno straordinaria posizione geografica.

Nel regno di Sicilia Federico II avviò subito un programma di rafforzamento delle istituzioni, indicendo due grandi assise a Capua e a Messina (1220-1221), durante le quali ordinò che tutti i diritti regi calpestati in passato dai feudatari fossero immediatamente reintegrati. Introdusse inoltre nel regno il diritto romano, proseguendo l’attività legislativa dei normanni e idealmente completando quella del Barbarossa. Conosciuto come stupor mundi (stupore del mondo) tra i suoi contemporanei, l'imperatore era dotato di un'inestinguibile curiosità intellettuale: esperto in filodogia, matematica, astrologia, algebra, medicina e scienze naturali, si dice che Federico conoscesse ben nove lingue. La sua eredità culturale è incarnata nell'Università di Napoli, fondata dall'imperatore nel 1224 per disporre di un ceto di funzionari fedeli istruiti all’interno dei confini. Federico favorì inoltre lo studium medico di Salerno, centro di cultura fondato sulle innovazioni nel campo portate dalla cultura araba.

Il 'Liber particularis astrologiae' opera di Michele Scoto, astrologo alla corte di Federico II

Il 'Liber particularis astrologiae' opera di Michele Scoto, astrologo alla corte di Federico II

Foto: A. Dagli Orti / Scala, Firenze

Ma la politica non gli lasciava tempo per dedicarsi alla cultura come avrebbe voluto. La situazione del regno d’Italia era tutt'altro che felice. I Comuni, di solito in lotta tra di loro, erano sempre pronti ad allearsi contro le pretese dell’impero: all’ingiunzione imperiale di riunirsi a Cremona nella Pasqua del 1226, risposero ricostituendo la Lega lombarda. Solo l’intervento di Onorio III impedì per il momento che si giungesse a un nuovo scontro. Il pontefice cercava il più possibile di mantenere la pace all’interno della Cristianità perché il suo scopo principale era l’organizzazione della crociata.

Tra 1217 e 1221 infatti era stata effettuata una spedizione in Oriente: una parte delle truppe era giunta in Terrasanta, ma il grosso si era invece diretto al porto egiziano di Damietta, preso d’assedio nella convinzione di poter così nuocere al sultano al-Malik al-Kamil, della stessa famiglia del Saladino, costringendolo a trattare e a cedere Gerusalemme in cambio della pace e della sicurezza commerciale. Tuttavia il sultano non aveva ceduto e l’impresa era fallita. In quel frangente Federico, che come imperatore avrebbe dovuto prender parte alla spedizione, si era in realtà ben guardato dal venire in aiuto dei crociati, a parte qualche gesto formale; non aveva infatti alcun interesse a inimicarsi al-Malik al-Kamil, i cui territori erano così vicini alla Sicilia e con il quale era, per giunta, in ottimi rapporti diplomatici.

Federico II. Miniatura tratta dal manoscritto 'De arte venandi cum avibus', 1220-1250 circa

Federico II. Miniatura tratta dal manoscritto 'De arte venandi cum avibus', 1220-1250 circa

Foto: Bridgeman / Aci

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Gregorio IX e la crociata

Nel 1227, alla scomparsa di Onorio III, salì al soglio pontificio Ugolino dei conti di Segni con il nome di Gregorio IX. Il nuovo papa aveva fatto carriera legandosi a Innocenzo III e si era speso a lungo in favore della crociata. Dall’inizio del suo pontificato pretese dunque un impegno di Federico in tal senso. Ma non era l’unico motivo di dissidio fra papa e imperatore: lo Svevo non aveva mai adempiuto agli obblighi che si era assunto in merito alla separazione tra impero e regno di Sicilia; inoltre, si intrometteva nelle elezioni episcopali del regno con l’evidente scopo di favorire persone a lui fedeli. Federico aveva più volte promesso a Onorio III che avrebbe organizzato una spedizione e dovette rispettare il suo impegno per ordine di Gregorio. Nell'autunno del 1227 la spedizione tanto voluta dal papa era sul punto di partire, ma tra le truppe scoppiò un'epidemia. Il pontefice accusò allora l'imperatore di voler tergiversare e lo scomunicò. Fu allora che, per placare la furia di Gregorio IX, Federico si decise a partire. Era il 1228.

Nel frattempo, però, l’imperatore aveva saputo guadagnarsi in Terrasanta solidi diritti dinastici sposando l’ereditiera della corona di Gerusalemme, Isabella-Iolanda di Brienne: quindi si presentava in Palestina come legittimo pretendente al trono. Coglieva poi l’occasione per rinsaldare i suoi rapporti di amicizia con il sultano, che dal canto suo era favorevole a una trattativa. Si arrivò dunque a un compromesso: Gerusalemme veniva ceduta a Federico, ma priva di mura e con l’esclusione dell’area della Cupola della Roccia, la moschea di Umar, considerata dall’Islam il luogo più santo di Gerusalemme. Fu così che, nel 1229, Federico poté cingere a Gerusalemme la corona del regno.

Gregorio IX scomunica Federico II. Giorgio Vasari, Sala Regia, Città del Vaticano

Gregorio IX scomunica Federico II. Giorgio Vasari, Sala Regia, Città del Vaticano

Foto: Scala, Firenze

   

La propaganda che faceva capo alla curia pontificia e ai comuni prese a diffondere allora l’immagine di un Federico II “emiro”, “sultano battezzato”, in virtù della sua vicinanza rispetto alla cultura islamica. Gregorio IX, intimorito da un Federico che usciva rafforzato da quell'impresa, giunse quindi al paradosso di bandire una crociata contro lo stesso imperatore. Le truppe pontificie invasero il regno di Sicilia e Federico dovette rientrare in fretta per difendere i propri territori. Nel 1230 si arrivò a un trattato, siglato a San Germano-Ceprano, secondo il quale lo Svevo forniva ampie garanzie sulla libertà del clero nel regno e in cambio il papa lo liberava dalla scomunica.

Gli ultimi anni dell’imperatore

Alla pace con Gregorio IX seguirono alcuni anni di tranquillità, nei quali Federico poté impegnarsi per dare un codice legislativo al regno di Sicilia (il Liber Augustalis) e a quello di Germania. Ma presto il conflitto sempre latente con i Comuni si riaccese quando questi ricostituirono l'antica lega antimperiale. Federico rispose con le armi alleandosi con alcune Signorie in mano a feudatari ghibellini, dunque a lui favorevoli. Il 27 novembre del 1237 riportò una grande vittoria a Cortenuova, vicino a Brescia. In segno di vittoria, inviò a Roma il Carroccio – il grande carro con le insegne della città – che le sue truppe avevano conquistato. Il dono infiammò gli animi del popolo romano, che mal sopportava il governo pontificio, e provocò un moto di rivolta che costrinse Gregorio IX a rifugiarsi ad Anagni. Ormai si era di nuovo allo scontro aperto: Federico imprigionò alcuni legati pontifici, catturati dai suoi alleati pisani, e, attraverso un matrimonio, fece ottenere al figlio Enzo il dominio sulla Sardegna.

Nel 1228 Federico II partì per la Sesta Crociata. Gli accordi con il sultano gli permisero di ottenere la cessione di Gerusalemme senza combattere. L’anno seguente fu incoronato re di Gerusalemme

Nel 1228 Federico II partì per la Sesta Crociata. Gli accordi con il sultano gli permisero di ottenere la cessione di Gerusalemme senza combattere. L’anno seguente fu incoronato re di Gerusalemme

Foto: Dea / Scala, Firenze

In questo scenario apocalittico, nel 1241 Gregorio morì, lasciando aperta la difficile questione della sua successione. Il conclave, nel tentativo di calmare gli animi, elesse un papa di compromesso, l’anziano Celestino IV, che morì pochi giorni dopo la nomina. Finalmente, nel 1243, salì al soglio pontificio Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna, che assunse il nome indicativo di Innocenzo IV. Il nuovo pontificato cominciò subito all’insegna dello scontro con l’imperatore, che l’anno precedente aveva dovuto far fronte alla ribellione in Germania del figlio Enrico; la corona era poi passata all’altro figlio Corrado. Nel 1244 Innocenzo IV riuscì a organizzare il Concilio, temuto da Federico, a Lione, dal quale l'imperatore ne uscì non solo scomunicato, ma addirittura deposto. Poco tempo dopo, Federico subì due sconfitte a Vittoria e a Fossalta contro i Comuni, nel 1248-49, e vide molti dei suoi più fidati alleati tradirlo: incluso Pier della Vigna, il suo consigliere in Sicilia, sebbene sulla realtà del tradimento qualche dubbio sussista.

Poi improvvisamente, nel dicembre 1250, Federico II morì a Fiorentino di Puglia. La propaganda guelfa sparse la notizia, calunniosa, che fosse stato ucciso dal suo stesso figlio naturale, Manfredi. Le cause del decesso restano tuttavia incerte. Dopo di lui l’impero sembrò declinare e il potere teocratico dei pontefici trionfare. Ma si trattava di un trionfo di breve durata, come si sarebbe compreso mezzo secolo più tardi con il papato di Bonifacio VIII.

Castel del Monte. È uno dei monumenti più rappresentativi di Federico II, dei suoi tanti interessi culturali e della sua poliedrica figura intellettuale. Puglia, Italia

Castel del Monte. È uno dei monumenti più rappresentativi di Federico II, dei suoi tanti interessi culturali e della sua poliedrica figura intellettuale. Puglia, Italia

Foto: Massimo Ripani / Fototeca 9x12

   

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