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Elisabetta Farnese, madre di re e di regine consorti

Cresciuta nel ducato di Parma, sottovalutata per cultura e carattere e per questo scelta come seconda consorte "inoffensiva" del re di Spagna Filippo V, si dimostrò invece un’abile manovratrice politica, riuscendo a imporre i suoi figli in posizione di potere in Europa


Elisabetta Farnese, duchessa di Parma. Olio su tela, reggia di Caserta

Elisabetta Farnese, duchessa di Parma. Olio su tela, reggia di Caserta

Foto: Dea / Scala, Firenze

Elisabetta Tudor in Inghilterra; Maria Teresa in Austria; Caterina II in Russia; i 63 anni di regno di Vittoria di Hannover sull’Inghilterra e sulle colonie – un vero record, superato solo da Elisabetta II Windsor – confermano la capacità delle donne di tenere nelle loro mani il governo di un grande stato e d'imprimere il segno della loro personalità su lunghi e significativi periodi di tempo. Queste sovrane lasciano però in ombra altre figure di donne che esercitarono la regalità femminile non di diritto ma di fatto, apparentemente nel ruolo subalterno di consorti. Le vicende che portarono Elisabetta Farnese dal ducato di Parma e Piacenza al regno di Spagna e, una volta incoronata, la sua capacità di farsi valere per ottenere dai grandi d’Europa spazi sempre più ampi a beneficio dei propri figli, dimostrano come una donna potesse attribuirsi un ruolo soverchiante nei giochi di potere.

Il suo successo inizialmente fu dovuto a una sottovalutazione della sua spregiudicata determinazione. La duchessa, figlia di Odoardo II Farnese e di Sofia di Neuburg, era nata nel 1692 e aveva nove anni quando il re di Spagna Carlo II d’Asburgo morì senza successori, dando inizio a una guerra nella quale si contesero la sua eredità il figlio dell’imperatore Leopoldo I, Carlo, e un nipote di Luigi XIV, Filippo d’Angiò. Il conflitto, che finì per assegnare il trono di Spagna a Filippo, pose fine al dominio degli Asburgo nella penisola. Infatti, alla morte di Leopoldo I, Carlo si era ritirato dalla contesa poiché aveva ottenuto il titolo imperiale del padre assumendo il nome di Carlo VI; il francese Filippo, come Filippo V, dette origine al ramo spagnolo dei Borbone, tuttora regnante. Il conflitto dunque cambiò radicalmente i rapporti fra gli stati europei e anche il ducato di Parma e Piacenza, dove nel 1713 il trattato di Utrecht pose fine all’influenza francese, finì per essere attratto nell’orbita degli Asburgo.

Stemma della famiglia Borbone. Teatro San Carlo di Napol

Stemma della famiglia Borbone. Teatro San Carlo di Napol

Foto: DEA / L. Romano / Bridgeman / ACI

Nel frattempo Elisabetta Farnese era stata allevata secondo gli orientamenti di una corte che, malgrado la sua vivacità culturale, non aveva apparentemente la possibilità di competere con le grandi dinastie europee collocando l’erede di Odoardo II in una monarchia di primo rango.

Una nuova moglie per il re

Eppure la giovane duchessa, senza particolari attrattive che la rendessero un buon partito – a otto anni era stata imbruttita dalle cicatrici lasciatele dal vaiolo sul viso e sulle spalle e non era neppure particolarmente intelligente e brillante – sarebbe riuscita a contrastare la supremazia asburgica in Italia usando a vantaggio dei propri figli gli ampi spazi di manovra che, una volta sposata, ottenne dal marito, e soprattutto ad approfittare con prontezza delle occasioni che offriva l’instabilità politica della prima metà del settecento.

Certo, molto dipese dalla fortuna, in particolare dalla precoce vedovanza del nuovo re di Spagna, Filippo V di Borbone, la moglie del quale, Maria Luigia di Savoia, era morta all’inizio del 1714 lasciandogli due figli maschi e un gran dolore, che però non gli impedì di andare subito a caccia di una seconda chance: lo obbligavano a farlo la sua libido ingorda, la sua tendenza alla depressione, il suo fervore religioso che gli inibiva ogni sfogo sessuale che non fosse consacrato dal vincolo matrimoniale. La debolezza di Filippo V aveva lasciato un potere illimitato alla principessa Orsini, Maria Anna de la Trémouille, che era stata prima cameriera di Maria Luigia. Era stata designata dallo stesso Luigi XIV al momento delle nozze del nipote, e di fatto era diventata la longa manus del re di Francia in Spagna: qualsiasi decisione di Filippo veniva filtrata e manipolata dalla principessa e la scelta della nuova regina era cruciale per lei.

Filippo V di Borbone, re di Spagna

Filippo V di Borbone, re di Spagna

Foto: Dea / Scala, Firenze

Artefice della risoluzione finale fu Giulio Alberoni, già umile prelato a Piacenza, il quale, dopo essere stato al servizio dello zio di Elisabetta, Francesco Farnese, e fra i più ascoltati consiglieri di Filippo V, riuscì a imporre la giovane duchessa di Parma alla potente e anziana favorita del re, millantando la sua docilità e ignoranza ed esagerando sia la sua mancanza di spirito sia la sua scarsa avvenenza.

Sicura di poterla facilmente manovrare, la principessa Orsini la preferì a varie altre candidate più titolate: a Maria Vittoria e a Isabella Luigia di Savoia, a una principessa del Portogallo e a una figlia del principe di Baviera. Alberoni riuscì a insinuare nella dama francese la convinzione che la Farnese, educata in una corte ormai ai margini della grande politica, fosse la candidata ideale per mantenere intatta la sua influenza sul re di Spagna.

Marie Anne de La Trémoille sostenne la candidatura di Elisabetta Farnese quale nuova moglie di Filippo V ritenendo, a torto, di poterla manovrare

Marie Anne de La Trémoille sostenne la candidatura di Elisabetta Farnese quale nuova moglie di Filippo V ritenendo, a torto, di poterla manovrare

Foto: Josse / Scala, Firenze

Sicura di poterla facilmente manovrare, la principessa Orsini preferì Elisabetta Farnese ad altre candidate più titolate

La candidata perfetta

Certo, Elisabetta sembrava incarnare le virtù e i difetti di una donna educata a non assumere iniziative e ad accontentarsi di un ruolo di secondo piano; le sue abilità si limitavano alla danza e al canto, mentre le sue letture erano quasi esclusivamente di carattere religioso, senza nessun apparente interesse per la storia e la politica contemporanea. Come ultima erede dei Farnese, peraltro, oltre ai diritti sul ducato di Parma, poteva competere per la successione al granduca di Toscana, Gian Gastone, che non aveva avuto figli, in quanto discendente di Margherita de’ Medici, moglie di Odoardo I Farnese.

Lo stemma dei Farnese. Affresco a Villa Farnese, Caprarola (VT)

Lo stemma dei Farnese. Affresco a Villa Farnese, Caprarola (VT)

Foto: Bridgeman / ACI

Ottenuto l’assenso del re di Francia, la principessa Orsini inviò a Parma il cardinale Acquaviva e il 25 agosto 1714, ad appena sette mesi dalla morte della prima moglie di Filippo V, si concluse l’accordo matrimoniale. A sua volta, Luigi XIV aveva mandato un suo fiduciario per sondare il carattere della sposa prescelta la quale, attenendosi ai suggerimenti di Alberoni, seppe recitare molto bene la parte di buona ragazzona padana, «impastata di butirro e di cacio», una sempliciotta di campagna che sarebbe stata prontissima a lasciarsi guidare in tutto e per tutto dall’anziana principessa. Secondo le direttive della dama francese, il trasferimento alla corte di Madrid di Elisabetta, sposata da Filippo V per procura, avrebbe dovuto svolgersi in forma quasi privata e per nave, con pochissimi dignitari italiani al seguito, rapidamente e senza soste, perché la giovane regina non avesse la possibilità di lasciarsi influenzare da nessuno, tranne che dalla stessa Orsini.

Tuttavia Elisabetta colse l’occasione di un’improvvisa tempesta per forzare i piani della francese e, sbarcata a Genova, pretese di viaggiare per terra. Questo le consentì di farsi omaggiare come regina di Spagna lungo il viaggio, che richiese tre mesi perché fu tortuoso abbastanza da permetterle di non tralasciare nessuna corte di qualche rilevanza. Arrivata finalmente in Spagna, Elisabetta fu raggiunta a Pamplona da Alberoni. Per tutto questo tempo, fra la regina e la favorita del re fu combattuto un duello a distanza, fatto di comandi imperiosi inviati dalla principessa e di plateali manifestazioni d'insofferenza da parte della Farnese la quale, al termine del viaggio, fece arrestare ed esiliare la rivale dalla Spagna. Dal 1716 il ruolo di Alberoni accanto alla regina fu ufficializzato con la nomina a primo ministro; l’anno successivo, al culmine della sua scalata, il pontefice gli conferì la dignità cardinalizia. Sotto la sua guida accorta Elisabetta rimase artefice della politica del regno, una situazione alla quale Filippo V si adeguò rapidamente.

Fu Giulio Alberoni a prospettare il nome di Elisabetta come seconda consorte di Filippo V. Egli la accompagnò in Spagna e la consigliò per anni

Fu Giulio Alberoni a prospettare il nome di Elisabetta come seconda consorte di Filippo V. Egli la accompagnò in Spagna e la consigliò per anni

Foto: Mary Evans / Scala, Firenze

L’ambizione della regina crebbe smisuratamente con l’esperienza della maternità: nel 1716 nacque Carlo; per lui e per Filippo, nato nel 1720, la volontà di compensare il loro status di figli di secondo letto, ai quali non sarebbe toccata l’eredità del regno, la indusse a tentare di sconvolgere di nuovo l’assetto politico italiano, a pochi anni dalla fine della guerra di successione spagnola, mirando a creare una collocazione adeguata per loro. Due successive spedizioni navali contro la Sardegna (1717) e contro la Sicilia (1718) presero di sorpresa le diplomazie europee, ma entrambi i tentativi fallirono di fronte alla reazione delle maggiori potenze, coalizzate contro Alberoni. Il prezzo della sconfitta fu pagato dal cardinale, che fu licenziato dal re e costretto ad andarsene dalla Spagna senza che la regina facesse nulla per difenderlo.

Elisabetta riuscì comunque a imporre le proprie aspirazioni di sistemare i figli come “problema europeo”, tanto che i diritti alla successione nel ducato di Parma e Piacenza e nel granducato di Toscana del suo primogenito furono riconosciuti dal trattato di Londra del 2 agosto 1718, con il quale si conclusero le incursioni navali in Italia. Sia il ducato sia il granducato, nell’imminenza dell’estinzione dei Medici (con Gian Gastone) e dei Farnese (con Antonio), entrambi senza eredi, vennero assegnati a Carlo, cedendo alle pretese di Elisabetta, per evitare lo scoppio di una nuova guerra in Italia.

Carlo III, figlio primogenito di Elisabetta Farnese

Carlo III, figlio primogenito di Elisabetta Farnese

Foto: Dea / Scala, Firenze

Dietro le quinte

I giochi sembravano fatti, ma nel corso di pochi anni la sorte ridistribuì le carte fra i figli del re di Spagna. Nel gennaio 1724, Filippo V abdicò a favore del suo primogenito Luigi, che però morì di vaiolo a sette mesi dall’incoronazione; il trono sarebbe toccato al secondogenito Ferdinando, che però era ancora troppo giovane e il padre, suo malgrado, dovette riassumere su di sé, almeno formalmente, le responsabilità del regno. Elisabetta, priva ormai della guida di Alberoni, non rinunciò a ordire progetti matrimoniali e a promuovere alleanze. Glielo consentiva la scarsa vocazione del re per il potere e la incalzavano la sua ansia per il futuro dei propri figli nonché la prospettiva di essere messa da parte: temeva infatti che i margini di manovra dei quali aveva goduto sarebbero venuti meno, una volta incoronato Ferdinando. Tra lei e i figliastri, infatti, non correva buon sangue e il suo allarme sembrava giustificato.

Incoronato Ferdinando, Elisabetta temeva che i margini di manovra di cui aveva goduto sarebbero venuti meno

Nel 1731 giunse il momento d'incassare una prima vittoria: a Parma era spirato il duca Antonio Farnese, costretto a sposarsi con Enrichetta d’Este per tentare di avere un erede nel 1728, a pochi mesi dalla morte di suo fratello Francesco, zio e fidato consigliere di Elisabetta. Un increscioso tentativo da parte della giovane vedova di simulare una gravidanza fornì l’occasione all’imperatore di occupare il ducato con una guarnigione, col pretesto di garantire i diritti del presunto nascituro. La regina di Spagna, da subito, non si fece né abbindolare dalla goffa recita di Enrichetta né intimidire dalle truppe austriache e riuscì a strappare la conferma del trattato di Londra, garantita dall’invio di un contingente spagnolo di seimila uomini a Parma e Piacenza e in Toscana. Il 24 giugno 1732, a Firenze, il giovanissimo Carlo ricevette l’omaggio del senato e nell’ottobre dello stesso anno prese possesso di Parma e Piacenza. Carlo non lasciò un buon ricordo nel ducato, dove non rimase nemmeno due anni, dal 9 ottobre 1732 al febbraio 1734, e da dove si allontanò per perseguire e portare a termine la conquista del regno di Napoli, che le forze spagnole stavano contendendo agli imperiali. Il regno gli fu assegnato definitivamente da una clausola del trattato di Vienna (18 novembre 1738) con il quale fu sancita la fine alla guerra, iniziata cinque anni prima per l’assegnazione del trono di Polonia.

Filippo V re di Spagna ritratto con la seconda moglie, Elisabetta Farnese, e con il figlio nato dal primo matrimonio con Maria Luisa di Savoia, il futuro Ferdinando VI

Filippo V re di Spagna ritratto con la seconda moglie, Elisabetta Farnese, e con il figlio nato dal primo matrimonio con Maria Luisa di Savoia, il futuro Ferdinando VI

Foto: Bridgeman / ACI

Quanto all’effimera esperienza di governo a Parma di Carlo, poi re di Napoli e di Spagna come Carlo III, su di essa pesò l’impressione dei sudditi di essere stati soltanto lo strumento di un gioco che non li aveva coinvolti se non in negativo: non gli perdonarono infatti di aver spogliato il ducato della sua identità e della sua memoria poiché, al momento del commiato, Carlo portò con sé le opere d’arte che avevano abbellito i palazzi e le pinacoteche dei Farnese a Parma e a Piacenza, nonché il loro archivio.

Nel 1740, alla morte dell’imperatore Carlo VI, si aprì una nuova crisi politica internazionale e, per contrastare la successione della sua erede Maria Teresa, fu combattuto un lungo conflitto che coinvolse di nuovo le potenze europee e che ebbe ripercussioni anche sul ducato e sulla sorte dei figli di Elisabetta Farnese. Nel corso della guerra i legami tra Francia e Spagna si strinsero e nel 1743 Luigi XV s’impegnò ad aiutare Filippo, il secondo figlio della regina di Spagna, nella conquista della Lombardia e di Parma e Piacenza.

Filippo I di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, fu duca di Parma, Piacenza e Guastalla, primo del ramo Borbone-Parma

Filippo I di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, fu duca di Parma, Piacenza e Guastalla, primo del ramo Borbone-Parma

Foto: Scala, Firenze

La pace di Aquisgrana (18 ottobre 1748) pose fine alla guerra con il riconoscimento della successione di Maria Teresa come regina Asburgo, mentre il titolo imperiale venne attribuito al marito Francesco Stefano. Ne risultarono invece ridimensionate le pretese di Filippo, che ottenne solo il ducato di Parma e Piacenza, al quale fu incorporata anche Guastalla. Il granducato di Toscana era già stato assegnato nel 1737 a Francesco Stefano di Lorena, marito di Maria Teresa, dopo la morte di Gian Gastone, con il quale si estinse la dinastia Medici. Una perdita alla quale la regina di Spagna aveva dovuto adattarsi suo malgrado.

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Gli ultimi anni

Nel 1746, con la morte di Filippo V e l’ascesa al trono del figliastro Ferdinando VI, l’influenza della regina vedova sembrava del tutto svanita e anzi, come aveva temuto, Elisabetta fu costretta ad allontanarsi da Madrid dopo un anno di litigi e di umiliazioni. Nel castello di Sant’Ildefonso, che era stato la residenza prediletta del marito, Elisabetta visse in solitudine per otto anni, ma mantenne i contatti con il mondo attraverso fitti carteggi, oltre a ricevere le visite di numerosi uomini politici e viaggiatori.

Elisabetta mantenne i contatti con il mondo con fitti carteggi e ricevette le visite di numerosi politici e viaggiatori

Nel 1756 il re di Spagna, Ferdinando VI, rimasto vedovo da poco e senza alcuna discendenza, morì a sua volta, non senza lasciare esplicite disposizioni testamentarie a favore della matrigna, in attesa dell’arrivo di Carlo dal Regno di Napoli. Anche Filippo trasse beneficio della morte del fratellastro, lasciando Parma per il regno.

Sembrava che Elisabetta dovesse riprendere tutta la sua influenza a Madrid, ma Carlo era ben diverso dal padre e per nulla disposto a cedere il potere. La convivenza con lui e con la nuora Amalia di Sassonia si rivelò presto impossibile e alla fine Elisabetta dovette risolversi a ritornare, questa volta definitivamente, al suo isolamento a Sant’Ildefonso, dove rimase fino alla morte, il 20 luglio 1766.

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Per saperne di più

Elisabetta Farnese. Principessa di Parma e regina di Spagna. Gigliola Fragnito (a cura di). Viella, Roma, 2009.

Fascino e potere di una regina. Elisabetta Farnese sulla scena europea (1715-1759). Mirella Mafrici. Avagliano, Roma, 1999

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