di Alessandro Tommasi
Sono stati i Tre Preludi di George Gershwin ad aprire gli Incontri Internazionali di Musica da Camera Città di Este, festival organizzato dal Quartetto Auryn e giunto alla decima edizione, martedì 24 maggio alle 21.00 presso la Chiesa di San Martino.
Un inizio spigliato, affidato alle salde mani del pianista Peter Orth, che dei Preludi ha offerto un’interpretazione molto classica, tecnicamente ineccepibile, anche se forse un po’ rigida. Proseguendo con la musica americana, il pianista ha suonato la rarissima ma splendida Sonata in mi bemolle minore op. 26 di Samuel Barber. La complessità del brano non ha intimorito Orth, che ha saputo sostenere la sua esecuzione con un suono sempre pieno e mai pestato anche nei passaggi più percussivi. Il secondo tempo della sonata, Allegro vivace e leggero, ha poi dimostrato la raffinatezza timbrica e dinamica del pianista, il quale, soprattutto nelle sfumature di piani e pianissimi, è stato capace di creare atmosfere mantenendo una sorprendente uguaglianza e una notevole naturalezza del discorso musicale. È stato tuttavia nella Fuga conclusiva che ha veramente entusiasmato, mostrando un totale dominio della tastiera, sia dal punto di vista tecnico che sonoro. L’acustica della chiesa non ha aiutato la polifonia della scrittura, ma ciononostante il pianista è riuscito a renderla chiara e comprensibile senza rinunciare all’impulso ritmico ed al carattere rapido ed aggressivo.
Dopo l’intervallo è invece entrato in scena il secondo protagonista della serata: il Quartetto Auryn. Presenza ormai stabile nella città di Este, il Quartetto si è unito al pianista nell’esecuzione del celebre Quintetto in la maggiore op. 81 di Antonín Dvořák, compositore cui è dedicato quest’edizione del festival. Fin dal primo movimento è emerso il carattere del Quintetto, affrontato dai musicisti con impeto romantico e cantabilità sfrenata, ma anche con grande introspezione e intimità. Peter Orth ha saputo fondersi meravigliosamente con il consolidato impasto sonoro del Quartetto Auryn, dimostrando una costante attenzione per l’insieme che non ha concesso attacchi sporchi o imprecisioni. Ogni membro del Quartetto ha dato ottima prova durante il concerto, alternandosi tra soli ed accompagnamenti con naturalezza. La particolarità sonora di ogni singolo musicista non ha mai interferito con il generale senso dell’insieme, rendendo così ilQuintetto di Antonín Dvořák un affascinante gioco di timbri che in molte occasioni ha saputo veramente emozionare.
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