La Basilica di San Vitale a Ravenna e i suoi mosaici. Capolavori dell’arte bizantina in Italia.

Autore: Giuseppe Nifosì  Pubblicato in L’età altomedievale – Data: Settembre 29, 2020 

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La Basilica di San Vitale a Ravenna fu iniziata nel 526, al tempo dell’arcivescovo Ecclesio, quando la città era ancora sotto il dominio dei Goti. Fu poi costruita nel corso dei successivi vent’anni, quindi durante il regno dell’imperatore Giustiniano e contemporaneamente alla Chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli (oggi Istanbul). Venne consacrata dal vescovo Massimiano nel 547 e dedicata a San Vitale, un martire dei primi secoli del Cristianesimo. Concepita per rendere testimonianza della grandezza imperiale bizantina, e del regno giustinianeo in particolare, presenta un impianto planimetrico centrale e soluzioni strutturali che la distinguono nettamente dalle tipiche basiliche longitudinali d’Italia.

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Basilica di San Vitale, 526-547. Ravenna. Veduta aerea.

San Vitale è infatti l’unico monumento italiano che può competere, nonostante le sue dimensioni contenute, con i grandi monumenti bizantini, sia per la raffinatezza e la preziosità delle decorazioni e dei materiali impiegati, sia per l’originalità delle soluzioni spaziali. È stato infatti ipotizzato che l’autore del progetto iniziale o quanto meno di un secondo intervento progettuale sia stato lo stesso della Chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Costantinopoli, edificata negli stessi anni.

L’edificio

La Chiesa di San Vitale presenta una pianta ottagonale, con il perimetro esterno ripetuto all’interno da un secondo ottagono i cui lati sono dilatati da esedre a due ordini sovrapposti di arcate.

Basilica di San Vitale, 526-547. Ravenna. Pianta.

L’edificio è in semplice laterizio e si presenta all’esterno volutamente disadorno e spoglio. La cupola, molto alta, è emisferica e impostata su pennacchi; all’esterno, essa risulta nascosta da un tiburio, una sorta di involucro architettonico a sua volta ottagonale. La forma geometrica della chiesa risulta quindi composta da vari nuclei, tutti rigorosamente definiti: il corpo principale, il tiburio, l’abside (poligonale all’esterno, semicircolare all’interno) e un nartece a forcipe, ossia un piccolo atrio di ingresso rettangolare concluso da due absidi laterali, qui curiosamente posto in obliquo e tangente a un angolo della facciata principale.

Basilica di San Vitale, 526-547. Ravenna. Esterno.

L’interno

Si accede all’interno attraverso due porte: una in asse con l’abside, l’altra invece in posizione decentrata. Questo edifico mostra una concezione dello spazio molto diversa da quella dei tradizionali modelli italici, poiché esprime un’estensione inafferrabile, un dispiegarsi e incurvarsi di superfici che si moltiplicano in profondità e in altezza.

Basilica di San Vitale, 526-547. Ravenna. Interno verso il presbiterio.
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Basilica di San Vitale, 526-547. Ravenna. Interno dal presbiterio.

Lo spazio di San Vitale non può essere abbracciato con lo sguardo, è tutto un rincorrersi di curve, un ruotare di superfici. Le molteplici visuali sono rese ancora più suggestive dagli effetti della luce che filtra dai diaframmi delle trifore, con diverse angolazioni, esaltando la preziosità dei materiali (marmi policromi, stucchi) e lo splendore dei suoi celeberrimi mosaici. San Vitale riflette modi e gusti bizantini anche nelle lastre di pietra traforate (intagliate e decorate con stilizzati motivi vegetali, pavoni e colombe) e soprattutto nei capitelli a cesto, forse scolpiti direttamente a Costantinopoli, riccamente traforati come tessuti ricamati e dotati di pulvini a intaglio, ornati da figure zoomorfe e dalla croce.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Capitelli.
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Basilica di San Vitale, Ravenna. Capitello.

I mosaici

I mosaici della chiesa sono una parte di quelli che un tempo decoravano lo spazio interno. Oggi, infatti, la decorazione musiva ricopre soltanto le pareti del profondo presbiterio, dell’abside e del relativo catino, mentre, per esempio, la cupola presenta incongrui affreschi del XVII secolo. Anche alcune parti del pavimento conservano le tarsie originarie. Comunque, tali mosaici costituiscono una delle testimonianze più felici, e certamente più importanti, dell’intera produzione artistica figurativa dell’età di Giustiniano.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Pavimento a tarsie del presbiterio. Basilica di San Vitale, Ravenna. Veduta del presbiterio. Basilica di San Vitale, Ravenna. Veduta del presbiterio verso la volta.

L’entrata del presbiterio

L’intradosso dell’arco trionfale all’entrata del presbiterio è decorato con i busti degli apostoli contenuti dentro clipei; al centro dell’arco campeggia l’immagine di Cristo.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Arco trionfale del presbiterio, veduta dell’intradosso.

Al centro della volta a crociera del presbitero, direttamente sopra l’altare, si può invece ammirare l’immagine dell’Agnus Dei, ossia dell’Agnello di Dio, stagliata contro un cielo stellato e circondata da un festone portato da quattro Angeli. Una fantasmagoria di uccelli, pesci e fiori richiama la bellezza del Paradiso.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Volta del presbiterio. Agnus Dei, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, volta del presbiterio.

Le sottostanti pareti presentano le immagini dei quattro evangelisti sovrastati dai lori simboli e, nelle sottostanti lunette, due scene tratte dal Vecchio Testamento: L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco e I Sacrifici di Abele e Melchisedec.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Veduta del presbiterio verso la volta con la parete sinistra. Basilica di San Vitale, Ravenna. Veduta del presbiterio verso la volta con la parete destra. I Sacrifici di Abele e Melchisedec, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete destra del presbiterio.

L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco

La lunetta con le storie di Abramo presenta due distinti episodi riguardanti il patriarca veterotestamentario.

L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra del presbiterio.

Nella scena di sinistra, Abramo accoglie tre misteriosi pellegrini, seduti alla mensa apparecchiata con tre pani, e serve loro un vitello, qui rappresentato con proporzioni ridotte. Alle spalle del vecchio, la moglie Sara ascolta, non vista, l’incredibile annuncio dei tre uomini: ella, nonostante l’età avanzata, sarebbe diventata madre. I pellegrini, vestiti con le medesime vesti bianche e uguali fra loro, sono una manifestazione divina trinitaria (in altri termini, sono diretta manifestazione di Dio), e la loro iconografia richiama quella delle icone bizantine della Trinità.

L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco, 532-547. Particolare con L’ospitalità di Abramo. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra del presbiterio. L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco, 532-547. Particolare con i pellegrini (Trinità). Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra del presbiterio.
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La scena a destra mostra invece il momento culminante del Sacrificio di Isacco, quando Abramo, ubbidendo all’ordine di Dio, è pronto a sacrificare il suo unico figlio. Con la mano destra alza la spada, mentre con la sinistra gli accarezza la testa, come a voler ribadire che il suo amore di padre non è venuto meno. Ma la mano di Dio già sbuca dalle nuvole per fermarlo. Presso l’altare, un montone è pronto a prendere il posto di Isacco per essere immolato.

L’ospitalità di Abramo e il sacrificio di Isacco, 532-547. Particolare con Il sacrificio di Isacco. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra del presbiterio.

Il Cristo Cosmocratore

L’intradosso dell’arco dell’abside presenta, al centro, due aquile imperiali che sorreggono il monogramma stilizzato di Cristo. La parete sovrastante (estradosso) mostra invece due angeli che tengono un simbolo cristologico solare e, ai lati, le città sacre di Betlemme e di Gerusalemme.

Basilica di San Vitale, Ravenna. Veduta dell’abside.

Il punto focale della decorazione musiva è situato nel catino absidale, dove si trova la rappresentazione del Cristo Cosmocratore, una particolare rappresentazione del Messia ispirata da un versetto dell’Antico Testamento che recita: «Il cielo è il mio trono, e la terra sgabello per i miei piedi».

Cristo Cosmocratore, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, catino absidale.

Cristo è infatti seduto proprio sopra un globo turchino, sospeso su un basamento di roccia dal quale scaturiscono i quattro fiumi del Paradiso, e campeggia, in posizione centrale, contro uno sfondo aureo, interrotto in alto da qualche nuvola rossa e azzurra. In basso si distende un prato verde con fiori e arbusti. Gesù è imberbe, secondo l’antica iconografia paleocristiana non ancora tramontata, ha l’aureola crociata, regge nella mano sinistra il rotolo della Legge divina e, con la destra, porge la corona del martirio a san Vitale, che la riceve con le mani velate. Dalla parte opposta, riconosciamo il vescovo Ecclesio, colui che dette inizio alla costruzione della Chiesa di San Vitale, nell’atto di offrire a Cristo il modello dell’edificio.

Giustiniano e Teodora

I mosaici più celebri, collocati nelle due pareti sottostanti e in posizione speculare, rappresentano il corteo dell’Imperatore Giustiniano e della moglie, l’imperatrice Teodora che recano in offerta la patena con le ostie e il calice con il vino dirigendosi verso il Cristo Cosmocratore del catino absidale. Si tratta quindi di un omaggio alla divinità da cui trae origine il loro potere sulla terra. Infatti, nonostante una certa verosimiglianza dei tratti somatici (si ritiene che i loro volti siano stati copiati da ritratti spediti da Costantinopoli), Giustiniano e Teodora sono raffigurati frontalmente e con il capo circondato dall’aureola e si presentano a loro volta come immagini simboliche e astratte.

Giustiniano e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra dell’abside.

Nel pannello con Giustiniano, vediamo una serie di figure maschili che poggiano i piedi su un prato o, più probabilmente, su un tappeto di colore verde. L’imperatore, al centro, indossa una tunica bianca con guarnizioni dorate e una clamide (il mantello imperiale) color porpora, chiusa sulla spalla destra da una fibula a disco in pietre preziose e perle, con tre pendenti. È coronato da un diadema in oro, perle e gemme, con due pendenti per parte.

Giustiniano e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra dell’abside. Particolare con Giustiniano.

Alla sua sinistra riconosciamo il vescovo Massimiano, grazie dall’epigrafe scritta sul suo capo. L’uomo con la barba, alla destra di Giustiniano, è probabilmente Belisario, che aveva conquistato l’Italia per conto del sovrano.

Teodora e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete destra dell’abside.

Teodora

A differenza che nel pannello di Giustiniano, in quello con Teodora si trovano alcuni elementi d’arredo che collocano la scena in un ambiente più definito: in alto a destra è infatti visibile un velo tricolore, a sinistra una porta parzialmente chiusa da una tenda, una fontanella con la colonnina scanalata e, sullo sfondo, al centro, una nicchia decorata “a conchiglia”. La sovrana indossa sulla tunica bianca una clamide color porpora decorata in basso con le immagini dei Re Magi. Porta sul capo un prezioso copricapo di perle, su cui poggia il diadema, anch’esso di perle, oro e pietre preziose. Le due dame alla sinistra di Teodora sono identificate come la moglie e la figlia di Belisario.

Teodora e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete destra dell’abside. Particolare con Teodora.

Lo stile bizantino

Nelle due scene con Giustiniano e Teodora, tutti i personaggi del seguito sono poco caratterizzati e simili fra loro. Sono anche presentati frontalmente e la loro disposizione, allineata in primo piano, non è realistica, dal momento che le scene vorrebbero illustrare un corteo e che il seguito dovrebbe scaglionarsi dietro l’imperatore e sua moglie. I corpi smaterializzati, privi di peso o massa corporea, sono appiattiti, sovrapposti a quelli vicini come un mazzo di carte aperto (si notino i piedi, che sembrano pestarsi l’un l’altro).

Giustiniano e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete sinistra dell’abside. Particolare.

I pochi elementi che tentano di contestualizzare la scena, come nel pannello di Teodora, sono del tutto convenzionali. È chiaro che l’artista non era affatto interessato alla riproduzione verosimile della realtà; Giustiniano e Teodora, infatti, non sono solo la semplice raffigurazione di un uomo e di una donna ma figure simboliche e senza tempo. Attraverso di essi, si vuole esprimere il concetto stesso del potere.

Teodora e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete destra dell’abside. Particolare.

La bellezza bizantina

In età giustinianea, la tecnica del mosaico raggiunse livelli di eccellenza e si configurò come uno strumento insostituibile per la decorazione dell’architettura e l’espressione dei nuovi programmi dottrinari. Per la cultura artistica bizantina, infatti, un ciclo figurativo a mosaico non era solo una preziosa decorazione per l’architettura ma si configurava come una vera e propria filosofia in forma d’arte.

I dettami iconografici

In tutti i mosaici bizantini, come d’altro canto nelle icone, le figure perdono ogni consistenza corporea e sono private di uno spazio in cui muoversi. Precisi dettami iconografici elevano ogni figura a simbolo. D’altro canto, nel mondo bizantino i canoni artistici furono rigidi non meno del severo cerimoniale di corte: pose, vesti, proporzioni, espressioni dei personaggi vennero rigorosamente stabiliti. All’artista bizantino, come a quello egizio, fu negata ogni possibilità d’invenzione.

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Teodora e il suo seguito, 532-547. Mosaico. Ravenna, Basilica di San Vitale, parete destra dell’abside. Particolare.

Ha scritto Giulio Carlo Argan, uno dei massimi storici dell’arte del Novecento, che sul piano ideologico «la tecnica del mosaico appare perfettamente coerente con il pensiero del tempo […]: la tecnica musiva è propriamente il processo del riscatto della materia dalla condizione di opacità a quella, spirituale, della trasparenza, della luce, dello spazio». Alla base di un impiego così massiccio del mosaico c’è infatti la concezione cristiana della bellezza. Profondamente diversa dall’ideale classico, la bellezza cristiana non deriva dall’esaltazione della natura ma dal superamento dei limiti fisici di una materia opaca e oscura, da ricondurre a una dimensione puramente spirituale fatta di luminosità intrinseca, di luminosità pura.

Lo spazio cristiano è fatto soprattutto di luce. Il baluginante fondo oro delle ampie superfici mosaicate, simbolica trasposizione della luce divina, stordisce e rapisce il fedele. Il mosaico rappresenta, di conseguenza, l’occasione più alta per sublimare la spenta e imperfetta materia. Per questo gli artisti bizantini sceglievano materiali già in partenza preziosi (come l’oro, appunto), perché alcune materie, più di altre, si prestano meglio al gioco della luce, “si trasfigurano” in luce.