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La basilica di San Pietro. La costruzione di un simbolo


Alla fine del XV secolo i papi decisero di ricostruire l’antica basilica di Roma in stile rinascimentale. I lavori si protrassero per secoli e coinvolsero i principali architetti dell’epoca. Vi lasciarono la loro impronta Bramante, Michelangelo, Raffaello e Bernini. 

La nuova basilica

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La nuova basilica

Il processo di costruzione della nuova basilica di San Pietro si protrasse per così tanti decenni che divennero secoli. Le discussioni attorno alla nuova opera iniziarono già in fase di progettazione. Durante il papato di Paolo II (1464-1471) l’architetto pontificio Giuliano da Sangallo presentò una proposta in stile rinascimentale, che non lasciava dubbi sull’impossibilità di tornare al modello della basilica medievale. Nel 1506 papa Giulio II decise di avviare i lavori seguendo l’innovativo disegno di Donato Bramante. Negli anni successivi, fino all’ultimo intervento di Carlo Maderno nel 1607, ci fu un susseguirsi di nuovi progetti. Nel frattempo i lavori andavano avanti: nel 1615 fu costruita la facciata, mentre la piazza fu conclusa solo nel 1667. Per l’apertura di via della Conciliazione, che permetteva di raggiungere la basilica dal Tevere, si sarebbe dovuto aspettare invece il XX secolo.

Foto: Josse / Scala, Firenze



Il processo di costruzione della basilica di San Pietro

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Il processo di costruzione della basilica di San Pietro

Contemplando l'attuale basilica è facile cadere nell’errore di pensare che la precedente chiesa di San Pietro fosse stata demolita tutta in una volta per fare spazio a un nuovo edificio rinascimentale, unico e coerente. In realtà la fabbrica di San Pietro rimase in funzione per tutto il XVI secolo e fino al XVII secolo inoltrato. La prima cosa che fece Donato Bramante quando assunse la direzione dei lavori fu demolire la crociera della chiesa costantiniana, che aveva quasi 12 secoli. Questa e altre operazioni gli valsero il soprannome di “maestro ruinante”. Bramante ebbe unicamente il tempo di erigere i quattro pilastri centrali della nuova basilica.

Raffaello Sanzio, che prese il suo posto alla direzione dei lavori, si concentrò sul proseguimento della volta. Alla sua morte – nel 1520, ad appena 37 anni – i lavori presentavano ancora vari problemi costruttivi e di fondazione. Si riteneva inoltre che ci fosse una grande disomogeneità tra le parti costruite fino a quel momento, che Baldassarre Peruzzi fu incaricato di unificare in un nuovo progetto. Nel 1527 ci fu il sacco di Roma: le truppe dell’imperatore Carlo V d’Asburgo distrussero centinaia di chiese, palazzi e case nella capitale cattolica, provocando l’abbandono dei lavori per quasi dieci anni. Nel 1537 Antonio da Sangallo il Giovane subentrò alla direzione, al finanziamento e al coordinamento della fabbrica di San Pietro – il gruppo di operai e artigiani incaricati dei lavori. Nel corso dei successivi vent’anni, seguirono i progressi della cupola della basilica, disegnata da Michelangelo e realizzata, dopo la morte di questi, da Giacomo dalla Porta, fino alla sua conclusione nel 1590. Pochi anni prima, nel 1586, Domenico Fontana aveva diretto il trasferimento di un obelisco egizio dalla sua precedente collocazione, nel circo di Caligola e Nerone, alla spianata di fronte alla basilica. Per ultimo, nel 1606 fu demolita l’ultima struttura della chiesa medievale, l’atrio, tra grandi cerimonie dedicate alla “fine” dei resti della prima grande chiesa cristiana.

Foto: Scala, Firenze



La cupola di Michelangelo

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La cupola di Michelangelo

Quando fu nominato architetto pontificio nel 1546, Michelangelo riprese il modello di pianta centrale proposto da Bramante, ma ne aumentò la luminosità per mezzo di una cupola maggiore che doveva poggiare su un tamburo ancora più elevato. Nel disegno di questa nuova cupola è evidente l’influenza di Brunelleschi. Buonarroti scrisse a Firenze nel 1547 richiedendo dettagli tecnici sulla cupola di Santa Maria del Fiore, il cui disegno a doppia calotta era a sua volta ispirato al Pantheon di Roma. Puntava in questo modo ad aumentare la luce naturale, dando al visitatore l’idea di una superficie interna di grande leggerezza, sostenuta dalla più pesante struttura esterna. La parte interna, costruita lavorando da dentro, è perfettamente emisferica, mentre quella esterna ha una più robusta forma ovoidale. Michelangelo non arrivò a vedere terminata la cupola. Il progetto fu ereditato da Giacomo della Porta, il quale si incaricò di adattare il progetto e di dirigere i lavori, che si conclusero nel 1590.

Foto: Akg / Album



La struttura della basilica

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La struttura della basilica

La forma definitiva della basilica fu stabilita dall’architetto Carlo Maderno nel 1607. Il suo obiettivo era dare coerenza a una chiesa che, dopo oltre un secolo di lavori, non era ancora stata completata e in cui nuove sezioni erano andate sovrapponendosi ad altre più vecchie di un migliaio di anni. Maderno, nipote di Domenico Fontana, ampliò le tre navate di accesso alla basilica per conferirle una struttura definitiva a croce latina. Questo prolungamento crea un interessante effetto spaziale, perché entrando nel tempio il visitatore non può evitare di rivolgere lo sguardo verso la cupola mentre avanza in linea retta. Heinrich Wölfflin, storico dell’arte a cavallo tra il XIX e il XX secolo, definiva questo effetto «spazio diretto all’infinito». D’altro canto va tenuto conto che San Pietro è una chiesa monumentale unica nel suo genere, concepita per il pellegrinaggio e gli eventi di massa e non per le cerimonie di culto convenzionali. Il progetto di Maderno comprendeva l’attuale facciata della basilica, terminata nel 1615. La sua proposta era nettamente diversa dalle precedenti e fu subito criticata per lo stile sovraccarico e per il fatto che l’attico impediva la vista di una parte della cupola maggiore. Secondo lo specialista James Lees-Milne, «anche il critico più imparziale è concorde sul fatto che [la facciata] è stata un errore e alcuni arrivano a ritenerla un disastro». Maderno progettò anche i due bracci laterali che dovevano concludersi con i campanili, ma questi non furono mai costruiti. 

Illustrazioni: Francesco Corni / Colore: Santi Pérez



Un prodigio del barocco

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Un prodigio del barocco

La decorazione interna di San Pietro fu iniziata nel XVII secolo inoltrato e riflette lo stile barocco del periodo. Il suo principale artefice fu lo scultore Gian Lorenzo Bernini, che poteva contare sul patrocinio di papa Urbano VIII. Il primo grande contributo di Bernini fu il baldacchino situato sopra l’altare maggiore, eretto tra il 1624 e il 1633. L’altezza di 28,5 metri, le quattro colonne tortili e le decorazioni generano un effetto di tensione che riempie di forza lo spazio centrale della basilica. La proposta del baldacchino ispirò la ristrutturazione e la decorazione dei pilastri centrali e delle colonne della navata centrale, marcando lo stile che finirà per estendersi a tutto l’edificio. Ogni angolo dello spazio interno è decorato con effigi di santi e pontefici, spesso incorniciate da motivi vegetali. Nei pilastri della navata centrale si trovano medaglioni con i ritratti dei primi papi sorretti da angeli. Bernini si incaricò personalmente di scolpire la statua di san Longino, posta nella crociera centrale e dedicata al legionario romano che trafisse con la propria lancia il costato di Gesù. 

 

Foto: ImageBROKER / Age Fotostock



Una piazza aperta al mondo

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Una piazza aperta al mondo

Nel 1655 papa Alessandro VII commissionò a Bernini il progetto dei due colonnati che racchiudono piazza San Pietro delimitando lo spazio antistante alla basilica. Bernini disegnò due grandi ordini di sobrie colonne doriche, che formano un’ellisse con l’obelisco al centro. Dalla fine di questi colonnati partono due bracci retti che formano un trapezio con la facciata della basilica, creando un secondo spazio di accoglienza. Questo disegno crea un effetto ottico che sembra avvicinare la facciata della basilica alla piazza, correggendo in parte l’orizzontalità del disegno di Maderno. Bernini propose un terzo colonnato che avrebbe incorniciato l’accesso alla basilica dal ponte di Sant’Angelo, ma avrebbe implicato la demolizione di parte delle case del quartiere di fronte al Vaticano, il Borgo. Né il suo progetto né altri proposti successivamente arrivarono a concretizzarsi. Alla fine fu il dittatore Mussolini che nel 1937 aprì via della Conciliazione, terminata nel 1950. San Pietro da allora ha continuato a evolversi, anche grazie al modo in cui è stata rappresentata dai grandi mezzi di comunicazione, dal cinema e dalla televisione. La basilica è ancora un simbolo vivente, capace di adeguarsi allo spirito dei tempi. 

Foto: Maurizio Rellini / Fototeca 9X12



Le origini di San Pietro vanno ricercate nel IV secolo, quando l’imperatore Costantino costruì una prima basilica nel luogo dove si trovava il sepolcro dell’apostolo Pietro. Questa chiesa rappresentava qualcosa di rivoluzionario, perché implicava l’adozione per i templi cristiani di una tipologia di edificio, la basilica, che nel mondo romano veniva usata per attività politiche e si trovava nel foro. San Pietro sorse dunque come uno spazio di grandi dimensioni, diviso in tre navate, a una delle cui estremità era posto un altare.

Rispetto agli spazi bassi e raccolti dell’architettura a volta dell’impero romano, la basilica costantiniana si distingueva per la sua altezza. Il tetto era di legno e le grandi colonne, prelevate da altri edifici romani e per questo di forme molto varie, raggiungevano i nove metri di altezza. Due di queste, in marmo nero africano, si conservano oggi su entrambi i lati della porta centrale della basilica rinascimentale. La sontuosa decorazione interna presentava policromie e mosaici tipici dell’architettura paleocristiana.

Con il passare del tempo la basilica romana subì un inevitabile processo di deterioramento, che si aggravò nel XIV secolo quando i papi trasferirono la loro sede nella città francese di Avignone. Fazio degli Uberti, poeta fiorentino dell’epoca, descrisse Roma come una donna «vecchia in vista e trista per costume […] la vesta sua rotta e disfatta». San Pietro simboleggiava come nessun altro edificio la decadenza della capitale della cristianità. Gli affreschi della chiesa erano ricoperti di polvere e alcune pareti sul punto di crollare.

Nel XV secolo vennero realizzati vari studi sullo stato in cui versava il principale tempio del cattolicesimo. L’architetto fiorentino e funzionario papale Leon Battista Alberti effettuò diverse analisi, che poi raccolse nel suo trattato De re aedificatoria (1450). Alberti riferiva della proliferazione di cappelle, delle modifiche realizzate alle decorazioni dei portali, delle riparazioni dei soffitti e dei difetti strutturali. Tutto ciò rendeva portò alla decisione di costruire una nuova basilica secondo le linee dell’arte rinascimentale.

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