L’Orchestra da Camera Italiana: una tradizione giovane

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L’Orchestra da Camera Italiana: una tradizione giovane

A colloquio con Laura Gorna, primo violino dell’OCI, una delle più belle realtà musicali italiane

Laura Gorna

di Ettore Napoli

Nata nel 1996 come filiazione diretta della prestigiosa Accademia "Walter Stauffer" di Cremona, l'Orchestra da Camera Italiana (OCI) è una delle più importanti realtà della cultura musicale del nostro paese, dove cultura va intesa nella sua più ampia accezione: dalla didattica alla valorizzazione al massimo livello delle risorse artistiche messe in moto, risorse che in Italia nella maggior parte dei casi una volta formatesi dopo anni di studio fanno una grande fatica a trovare uno sbocco professionale qualificato. Si deve a Salvatore Accardo l'idea di offrire ai migliori studenti della Stauffer la possibilità di mettere a frutto gli insegnamenti di Maestri come Bruno Giuranna, Rocco Filppini, Franco Petracchi e dello stesso Accardo dando vita a un'orchestra d'archi che fosse anche la testimonianza di una tradizione. Sotto la sua autorevole guida, l'OCI in questi quindici anni ha raggiunto un livello di eccellenza che gli stessi musicisti non danno mai per acquisito nella convinzione che tra esecuzione e interpretazione corra la stessa differenza che c'è tra routine e ricerca. E la prima, come ebbe a dire una volta Gustav Mahler, "conduce direttamente alla sciatteria". Di tutto questo e di altro abbiamo parlato con Laura Gorna, primo violino dell'OCI, che ha appena inaugurato un nuovo sito (www.orchestradacameraitaliana.it) sul quale si possono seguire tutte le sue attività, dai concerti -in Italia e all'estero- ai cd.
«Il nostro obiettivo primario è di continuare a dare lustro a una scuola, quella degli archi, forse senza eguali nel mondo e che la Stauffer rappresenta al meglio. é lì che si è formato lo zoccolo duro delle 'vecchie' leve dell'OCI come me, Francesco Fiore (prima viola), Cecilia Radic (primo violoncello), Ermanno Calzolari (primo contrabbasso) e così via; e non un caso che questi siano anche prime parti delle migliori orchestre italiane. é lì che si stanno formando i giovani strumentisti che hanno superato brillantemente le audizioni indette dall'Accademia, molti dei quali sono veri talenti: mi riferisco, tra i tanti, a Francesca Dego ed Edoardo Zosi. La cosa straordinaria è che questi pur non rinunciando al progetto di diventare solisti ad alto livello nello stesso tempo imparano a suonare insieme agli altri, perché, come credo insegni Salvatore Accardo, fare musica da camera è un valore aggiunto fondamentale per un solista che così si educa ad ascoltare e ad ascoltarsi. Del resto dall'OCI sono uscite formazioni cameristiche di assoluto valore: dal Quartetto di Cremona al Quartetto Prometeo, per non parlare del mio Trio».

Come funzionano le selezioni?
«Accardo attraverso le ammissioni annuali all'Accademia fa una selezione per individuare i giovani strumentisti in possesso di determinate caratteristiche artistiche, che vanno colte anche in prospettiva, tenendo presente che gli ultimi arrivati anche questi possono insegnare agli 'anziani' a rivedere certe letture che comunque non vanno mai date per definitive, immutabili».

Il vostro repertorio è quello tradizionale classico-barocco?
«Direi di no perché abbiamo affrontato anche Bernstein e Šostakovič e abbiamo collaborato con Sergio Rendine e Fabio Vacchi e nell'immediato futuro c'è Verklärte Nacht di Schönberg; ma c'è anche la versione per orchestra d'archi del Quartetto di Verdi. Va detto che la programmazione delle nostre attività, che comprende anche incisioni con etichette come Emi classics, Warner Fonit, Foné, è decisa da Accardo al quale noi comunque diciamo le nostre idee in merito, coerentemente con tutta la filosofia dell'OCI. Del resto in alcuni programmi i ragazzi dell'Orchestra suonano con lui concerti solistici, come è avvenuto ad esempio per i cd dedicati a Bach e Vivaldi. In alcuni casi suoniamo anche senza direttore, un'esperienza che responsabilizza moltissimo l'orchestra che non ha un punto di riferimento; è stato così, per esempio, con la Serenata di Bernstein, una pagina molto difficile».

E se l'OCI a bisogno di ampliare l'organico per esempio con i fiati, cosa accade?
«Ci rivolgiamo a musicisti che già conosciamo e che come sezione sono già coesi: è il caso dei fiati dell'Opera di Roma, della Scala e così via».

Progetti?
«Partendo dalla constatazione che negli ultimi anni l'età media degli apprendisti-musicisti si è abbassata moltissimo, il nostro sogno è di coinvolgere i giovani e giovanissimi allievi dei Conservatori, per condividere con noi quella che è la forza coagulante dell'OCI: la gioia di fare musica».